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Carlo De Benedetti, chiesti sei anni e otto mesi al processo per l’amianto Olivetti

Pesante richiesta di pena per l'Ingegnere da parte dei pm di Ivrea, nel dibattimento su 14 decessi legati alla "fibra killer". Il legale: "Documenti confermano la sua totale estraneità". Chiesti tre anni e sei mesi per l'ex ministro Passera e l'assoluzione di Colaninno
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Carlo De Benedetti rischia una condanna a sei anni e otto mesi di reclusione per le morti per amianto alla Olivetti. A tanto ammonta la pena richiesta dai pm Laura Longo e Francesca Traverso al termine della requisitoria al processo in corso al tribunale di Ivrea, incentrato su 14 casi di decesso per malattie legate alla “fibra killer” utilizzata nei processi produttivi. L’accusa ha quantificato in sei anni e 4 mesi la pena per Franco Debenedetti, tre anni e sei mesi per l’ex ministro Corrado Passera, mentre ha chiesto l’assoluzione – perché il fatto non sussiste – per l’imprenditore Roberto Colaninno che era accusato di un solo caso di lesioni. Nel procedimento figurano complessivamente 17 imputati. Ora la parola passa alle difese e la sentenza è prevista per metà luglio.

“Siamo sorpresi per la richiesta avanzata dai pubblici ministeri di Ivrea”, afferma l’avvocato Tomaso Pisapia, legale di Carlo De Benedetti. “La loro posizione non tiene per nulla in considerazione quanto prodotto dalla difesa in sede di dibattimento a proposito dell’articolato sistema di deleghe vigente in Olivetti nel periodo considerato, né i documenti che dimostrano inequivocabilmente l’assenza dell’uso in azienda di talco contaminato da amianto almeno fin dalla metà degli anni ’70”. Una documentazione che, secondo il legale, “conferma la totale estraneità dell’Ingegner De Benedetti alle accuse che gli vengono rivolte. Continuiamo, pertanto – conclude – a essere fiduciosi sull’esito del processo”.

I pm hanno concentrato la requisitoria sul talco contaminato da tremolite d’amianto che – ha sottolineato il pm Longo – è stato “sostituito con grave ritardo, soltanto cinque anni dopo”. Traverso ha invece ripercorso le tappe relative alle strutture contaminate, dalle mense Ico, bonificate soltanto nel 2001 – ha sostenuto – e il capannone di San Bernardo, considerato uno dei siti più inquinati d’Italia. Per i due pm la responsabilità dei ritardi è della Olivetti e “i controlli e i monitoraggi arrivarono soltanto da input esterni e dai lavoratori”.

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