Uno dei paradossi di questi giorni scanditi dai sondaggi sulla Brexit è che a votare saranno i cittadini di Sua Maestà, ma a patirne le conseguenze sono già i Paesi dell’Europa del Sud, o periferica che dir si voglia. Cioè quei Paesi dell’Unione Europea il cui interscambio con la Gran Bretagna è poco rilevante e che, in teoria, dovrebbero essere i meno esposti alle ricadute economiche dirette di un’eventuale uscita di Londra dalla Ue.

Fino a prova contraria, infatti, a subire le conseguenze più negative dovrebbe essere la stessa Gran Bretagna, già ora sull’orlo di una recessione che la Brexit non potrebbe che aggravare, e i suoi partner continentali più diretti come Amsterdam, Dublino e Francoforte. Eppure, basta guardare l’andamento dei mercati per capire che il paradosso è solo apparente perché la posta in gioco con la Brexit non è una posta commerciale, bensì politica e finanziaria e su uno scacchiere di questo livello Paesi come i “Pigs” (Portogallo, Italia, Grecia e Spagna) sono tranquillamente sacrificabili perché contano poco o nulla.

E’ così che uno starnuto a Londra provoca un terremoto a Piazza Affari: anche martedì la Borsa milanese ha perso oltre il 2% e dall’inizio dell’anno è la peggiore d’Europa, con una flessione di circa il 24%. Le ragioni hanno a che fare con le nostre debolezze strutturali che uno shock di carattere economico-finanziario – benché “esterno” – non fa che mettere a nudo: abbiamo un debito pubblico che supera il 130% in rapporto al pil, cioè a quanto l’intero Paese produce nel corso di un anno, la nostra crescita economica (quando c’è) è da “zero virgola”, la popolazione residente per la prima volta da 90 anni è diminuita e invecchia a ritmi preoccupanti almeno quanto quelli del Giappone, mentre la crisi economica ha messo in ginocchio il nostro sistema produttivo, la cui ossatura è costituita soprattutto da medie e piccole imprese che in questi anni si sono viste chiudere i rubinetti del credito dalle banche. Banche che hanno prestato somme di denaro enormi agli amici degli amici, agli immobiliaristi, ai pochi eletti e che si ritrovano ora con una montagna di crediti in sofferenza.

Cosa c’entra questo con il referendum sulla Brexit? Poco e molto allo stesso tempo. In una fase in cui la Banca centrale europea ha deciso di usare il “bazooka” per combattere la deflazione fissando interessi negativi sui depositi e acquistando ogni mese titoli rappresentativi di debito pubblico per decine di miliardi di euro, lo spread tra bond più “solidi” (i Bund tedeschi) e meno “solidi” (quelli italiani e spagnoli) non può più rappresentare una misura efficace del premio per il rischio. E infatti anche giovedì lo spread tra Btp e Bund è salito, ma a un livello minimo – poco sopra 150 – che non mette in discussione la capacità dell’Italia di onorare il suo debito. Lo spread è falsato proprio dalla politica monetaria della Bce, politica che al momento i mercati non vogliono e non possono mettere in discussione.

Dove sfogare dunque le tensioni, che pure ci sono? La valvola sono le Borse e, in particolare, i titoli bancari. Questo perché le banche europee non godono più di protezione pubblica: la direttiva Brrd – quella che ha istituito il bail-in – esclude che vi possa essere un intervento pubblico di sostegno. Le banche, quindi, rappresentano il “nuovo spread”, almeno in Europa. E in Italia l’indice azionario del comparto ha lasciato sul terreno oltre il 49% dall’inizio dell’anno, contro la perdita di appena il 20% dell’indice bancario britannico e il 29% circa di quello tedesco. Dati che appunto rilevano la debolezza strutturale della nostra economia e che ci espongono a danni molto rilevanti in caso di Brexit perché, a prescindere dai rapporti commerciali, un voto britannico favorevole all’uscita dalla Ue ridarebbe forza alle scommesse speculative (e non) sulla tenuta dell’Unione e dell’euro. E a farne le spese – con buona pace dei messaggi tranquillizzanti inviati dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in questi giorni – saremo noi assieme agli altri Paesi dell’Europa “periferica”.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

MORTE DEI PASCHI

di Elio Lannutti e Franco Fracassi 12€ Acquista
Articolo Precedente

Petrolio, dall’Arabia Saudita sconti e offerte speciali ai Paesi europei per battere la concorrenza dell’Iran

next
Articolo Successivo

Bonus 80 euro, “ho rinunciato ad averlo per non restituire tutto. Ecco chi paga le leggi fatte con i piedi” – Le storie

next