Era stato condannato nel 2013 per appartenenza a una rete di reclutamento jihadista che inviava combattenti in Afghanistan e Pakistan ed era attualmente sotto inchiesta per collegamento con una filiera di jihadisti collegata alla Siria. In più, il suo telefono era stato recentemente intercettato, ma senza risultati. Larossi Abballa, 25enne francese di origini marocchine, nella notte di lunedì 13 giugno ha ucciso a Magnanville, nei pressi di Parigi, il vicecomandante della polizia giudiziaria di Les Mureaux, Jean-Baptiste Salvint, e sua moglie Jessica, una funzionaria della polizia locale. Ha accoltellato l’uomo al grido di Allah Akbar e successivamente ha sgozzato la compagna. Prima di essere abbattuto dalle forze speciali francesi, ha assicurato ai negoziatori di avere giurato fedeltà, tre settimane fa, al leader dello Stato islamico Abu Bakr al Bagdadi e ha detto loro che con il suo gesto rispondeva all’appello del califfo di “uccidere gli infedeli nelle loro case e con le loro famiglie”. Salvint aveva lavorato al commissariato di Mantes-la-Jolie, cittadina natale del suo assassino. E dato il passato di piccolo delinquente di quest’ultimo, non è escluso che si fossero incrociati in passato.
Il killer ha rivendicato il duplice omicidio in un video di 12 minuti pubblicato su Facebook, dove ha lanciato un nuovo appello ai connazionali musulmani a compiere altri attacchi in Francia. “Attaccateli, anche se morite. Così andrete in paradiso”, dice l’uomo secondo Rita Katz, la direttrice del Site, il sito di monitoraggio del jihadismo in rete. “Uccideteli – prosegue Abballa – anche se il loro nome è Mohammad o Aisha“.
Abballa era schedato “S”, che indica gli individui radicalizzati a rischio terrorismo. La sua fede allo Stato islamico l’aveva dichiarata anche durante un video di rivendicazione postato, durante l’eccidio, sull’applicazione Facebook Live: un lungo messaggio in cui invitava a uccidere poliziotti, secondini, giornalisti e rapper, in cui dichiarava che “l’Euro 2016 sarà un cimitero” e che aveva “risposto favorevolmente allo sceicco Adnani” (portavoce dell’Is). Per il duplice omicidio sono state fermate altre tre persone di 27, 29 e 44 anni, “vicine” al killer ma “non suoi famigliari“. Abballa era noto all’antiterrorismo francese. Già arrestato nel 2011, era stato condannato nel 2013 assieme ad altre sette persone a tre anni e sei mesi con la condizionale per “associazione per delinquere mirata alla preparazione di atti terroristici”.
Il presidente francese François Hollande, a margine di una riunione dell’Ocse a Parigi, ha parlato di “incontestabile atto terroristico”, mentre il premier Manuel Valls ha annunciato che “ci saranno espulsioni. “Certi individui – ha detto – non possono più restare sul territorio nazionale. La Francia viene attaccata per i suoi valori e la sua democrazia”. Il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, ha promesso che lo Stato farà in modo che eventuali “complici” di Larossi Aballa “non siano nelle condizioni di nuocere” e ha fatto presente che “siamo di fronte a una minaccia che durerà per tanto tempo”. E il procuratore antiterrorismo di Parigi, François Molins ha affermato che l’attacco mostra “la complessità della minaccia terrorista, che si può tradurre in omicidi di massa” o azioni individuali, proprio come questa.
#Magnanville Larossi Abballa 25 ans condamné à 3 ans de prison pour terrorisme en 2013 était dehors @ChTaubira pic.twitter.com/2QyUT8cMxZ
— The Frab (@LeGwened9) June 14, 2016
Il duplice omicidio – Secondo le ricostruzioni, l’agente di polizia, 42 anni e in abiti civili, è stato aggredito dal killer per strada intorno alle 20.30. L’assalitore, armato di coltello, ha urlato “Allah Akbar” (Dio è grande) proprio mentre uccideva il funzionario di polizia che, lasciato a terra morente, ha provato invano ad allertare i vicini, gridando loro di fuggire e di avvertire i suoi colleghi di quanto stesse succedendo.
Il portavoce del ministero dell’Interno Pierre-Henry Brandet ha riferito che Abballa, dopo avere assalito l’uomo, si è barricato in casa sua per nascondersi: qui ha preso in ostaggio il figlio e la moglie della vittima, 36 anni, che ha sgozzato. Su Facebook il 25enne, che ha dichiarato di appartenere all’Isis anche nel corso delle trattative con la polizia, ha pubblicato foto del cadavere e del bambino, accompagnate dalla scritta: “Non so ancora cosa farò di lui”. Gli uomini dell’unità speciale Raid hanno così deciso di lanciare l’assalto intorno alla mezzanotte, uccidendo l’uomo. All’interno dell’abitazione, gli agenti hanno trovato Mathieu, il bambino di tre anni, vivo ma sotto shock, e il corpo senza vita della madre. Descritto dai colleghi come un uomo “generoso, rigoroso e gioviale”, il poliziotto aveva fatto tutta la sua carriera nel dipartimento degli Yvelines, nella banlieue nord occidentale di Parigi, dove si trova anche Magnanville, la cittadina dove abitava con la compagna e il figlioletto.
Il procuratore antiterrorismo di Parigi, François Molins, ha riferito che nella casa dei due poliziotti la polizia ha trovato, oltre a una lista di possibili obiettivi terroristi, anche “un coltello insanguinato, un Corano, una djellaba bianca”, insieme ad altri documenti. Ma nella perquisizione avvenuta nell’abitazione del killer nella vicina Mantes-la-Jolie, a soli 5 chilometri da Magnanville, non sono state trovate armi né esplosivi ma materiale informatico.
L’attacco è stato rivendicato dallo Stato islamico: “Dio ha permesso a un soldato del califfato nella città di Les Mureaux vicino Parigi di accoltellare a morte il vice capo della polizia e la moglie”, è stato detto in una trasmissione sulla radio Albayan. Se venisse confermato che dietro le uccisioni c’è il gruppo terroristico, si tratterebbe del primo attentato militante sul territorio francese da quelli del 13 novembre dell’anno scorso.
Chi era Abballa – Nato 25 anni fa a Mantes-la-Jolie, nella banlieue parigina, Larossi Abballa ha in comune con molti altri terroristi europei di origine araba un passato di piccolo delinquente fatto di furti, ricettazione e violenze. Il giovane si sarebbe radicalizzato su Internet.
Nel 2013 era stato condannato a tre anni di carcere dal tribunale correzionale di Parigi per partecipazione ad una filiera jihadista fra la Francia e il Pakistan. Il suo nome compare inoltre in una indagine in corso su un’altra filiera jihadista, diretta verso la Siria. Intervistato su Le Figaro, il giudice Marc Trevidic che lo interrogò nel 2013 si ricorda molto bene di lui. Il caso coinvolgeva sei uomini, due dei quali si erano recati a Lahore, in Pakistan, per incontrare un emissario di al Qaeda. Abballa era però rimasto in Francia ed era considerato una figura minore.
“Era un tizio come se ne vedono tanti nei dossier sugli islamisti, era imprevedibile, dissimulatore – ha raccontato il magistrato – voleva fare la jihad, questo è certo. Si era allenato in Francia, non militarmente, ma fisicamente. Tuttavia all’epoca, a parte le cattive frequentazioni e lo jogging per tenersi in forma, non vi era molto contro di lui sul piano penale”. All’epoca del processo, si era descritto come un ragazzo senz’arte nè parte, radicalizzato su Internet.
“Avevo bisogno di riconoscimento, non lavoravo e mi avevano appena bocciato al Cap (diploma professionale). Mi hanno cominciato a parlare di religione e mi ha confortato“, aveva dichiarato, citato su Le Monde. Il suo difensore Hervè Denis lo ha descritto oggi su Le Parisien, come un giovane di “scarsa levatura e intelligenza media”. Celibe, Abballa aveva apparentemente cercato di lanciarsi nel settore del fast food da consegnare a domicilio. Sulla sua pagina Facebook c’era la pubblicità della sua impresa “Dr. Food 78”, fondata nel gennaio 2015, con tanto di video anche su Snapchat. Ma il 20 aprile, la foto del suo profilo è stata sostituita da uno schermo nero. Ormai postava solo video complottisti e antisemiti.
Raggiunto da Le Figaro, l’avvocato Denis ha fatto un quadro desolante della personalità di Abballa. La filiera jihadista del caso del 2013, ha raccontato, “era poco strutturata, una cosa rimediata, non certo come le filiere belghe. Non c’erano né armi, né esplosivi. Mi ricordo di Larossi Abballa come di un individuo intellettualmente limitato, che era il tuttofare di un leader più o meno carismatico, Mohammed Niaz Abdul Raseed. Mi sembra che aveva reclutato il suo vicino di pianerottolo. Al processo sembrava passivo, non aggressivo o rivendicativo. Era un uomo psicologicamente perduto, che aveva avuto l’impressione di servire a qualcosa in quel gruppo”.