Dopo un’ora di Italia-Svezia, una popolazione intera di ct da bar e da divano avrebbe ben volentieri cacciato gli impresentabili Pellè e Eder per far giocare Zaza e Insigne. Antonio Conte ha ascoltato solo a metà, puntando sull’attaccante (di riserva) della Juventus e lasciando in panchina per tutti i 90 minuti il genietto del Napoli. Poi l’oriundo dell’Inter ha segnato e il ct ha avuto ragione. Ma non è detto che gli altri avessero torto. Il match contro Ibrahimovic ha regalato alla nazionale la seconda vittoria in due partite e la qualificazione agli ottavi di finale. Però ha anche mostrato quei limiti di cui si era discusso a lungo per tutta la vigilia di Euro 2016, e che l’esordio super contro il Belgio aveva un po’ fatto dimenticare. Adesso Conte deve compiere il salto di qualità definitivo per puntare davvero in alto, dopo aver raggiunto l’obiettivo minimo del passaggio del girone.
Centrocampo senza gioco – Un passo avanti in classifica e nel torneo, uno indietro sul piano del gioco. Il bilancio di Italia-Svezia è in chiaroscuro per la nazionale. Che la sfida contro gli scandinavi nascondesse più di un’insidia lo si era detto, lo aveva ricordato lo stesso Conte. Avversario modesto, in relativo rispetto al Belgio e in assoluto (visti gli zero tiri contro l’Irlanda). Ma diverso: aggressivo, fastidioso, arroccato. Più simile a noi, per certi versi. E infatti l’Italia ha avuto molte più difficoltà che all’esordio, quando aveva potuto difendere e ripartire in contropiede. Le due cose che la squadra progettata da Conte sa fare meglio. Contro gli svedesi, invece, dovendo fare la partita, gli azzurri sono andati in apnea. Specie in mezzo al campo, il reparto che continua a presentare più problemi. De Rossi anonimo, Parolo sottotono. Lo stesso Giaccherini, eroe per una notte a Lione, è apparso spaesato. Candreva ha sofferto nel primo tempo ed è migliorato nel secondo; Florenzi se l’è cavata bene a sinistra, sicuramente meglio del pessimo Darmian dell’esordio. Ma complessivamente la prestazione è stata insufficiente. Rari gli sprazzi di gioco, anche i continui ribaltamenti di fronte sono stati più macchinosi e prevedibili. D’altra parte, c’è anche da dire che a centrocampo Conte ha pochissimo margine di manovra: gli uomini a disposizione sono questi, in questo stato di forma. Thiago Motta non sembra troppo meglio di De Rossi, Sturaro è solo un cambio.
Fantasia in panchina – Per questo tutte le aspettative si concentrano sull’attacco, dove gli elementi di fantasia ci sarebbero pure. Qui Conte ha puntato tutto sulla lotta e i movimenti di Pellè e Eder. È stato ripagato, ma la seconda partita gli ha anche ricordato i limiti della sua scelta. Infatti le poche palle gol (due in 90 minuti) sono arrivate con l’ingresso di Zaza, già più estroso rispetto ai compagni. Finora è andata bene, benissimo. Per il futuro potrebbe non bastare. Quando con l’aumentare della posta in palio le partite saranno ancora più bloccate. O magari l’Italia andrà in svantaggio e dovrà rimontare. Con tutta la fiducia in Buffon, Bonucci e compagni potrebbe capitare, capiterà quasi sicuramente. Per questo serve un piano B, quello che la nazionale è sembrata non avere nella prima ora di gioco contro la Svezia.
Serve un piano B – Alla vigilia del torneo, Conte aveva detto che “nella sua Italia giocheranno tutti”. Ecco, è arrivato il momento di coinvolgere anche gli altri. Dopo Zaza e Immobile (già protagonisti in pochi minuti), anche Insigne (che fin qui non si è neppure scaldato), magari El Shaarawi, perché no Bernardeschi. Gente che ha i colpi e il talento per cambiare una partita in un secondo. E in questo senso il terzo match con l’Irlanda, ininfluente per la classifica (il primo posto è matematico) ma banco di prova importante, può essere l’occasione ideale per sperimentare e migliorarsi ancora. Completarsi, senza rischiare di snaturarsi. Perché l’Italia che ha voluto Conte funziona. Ma ne serve anche un’altra, per ogni evenienza. Allora sì che questa nazionale non avrà più limiti. E neppure i sogni azzurri ad Euro 2016.