Poco meno di un anno fa, la possibilità dell’uscita della Grecia dell’Eurozona mantenne l’opinione pubblica europea con il fiato sospeso fino a quando Alexis Tsipras non decise di sconfessare l’esito del referendum di luglio. Lo fece accettando il nuovo pacchetto di aiuti dei creditori a patto di approfondire le misure di austerità e scartando quindi la possibilità – da lui invero mai contemplata – di collocarsi al di fuori della moneta unica. Oggi tocca alla Gran Bretagna decidere in un referendum che, a dispetto di quello greco, non lascia scampo alle interpretazioni. Dentro o fuori.
Brexit riedizione della Grexit dunque? Niente affatto. Al di là del diverso tipo di ‘uscita’ (quello dall’Euro della Grecia, quello dall’Unione Europea nel caso della Gran Bretagna), esistono altre due differenze di fondo. La prima è che mentre per i greci l’idea di Europa non è mai stata messa in discussione (il che ha radici nell’esasperato bisogno di mantenere la cultura ellenica aggrappata a quella europea e di conservare un’alterità rispetto ai vicini balcanici), in Gran Bretagna la sensazione di non appartenere veramente al blocco europeo e di sentirsi in qualche modo ‘migliori’ è particolarmente diffusa.
La seconda differenza è che mentre la Grexit sarebbe stata una rottura effettuata da sinistra, sull’ondata di una contestazione radicale delle misure di austerità e dell’Europa delle banche, l’eventuale fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione sarebbe a tutti gli effetti da ascrivere a uno spostamento a destra del baricentro politico. L’opzione “Leave” infatti è largamente egemonizzata dal clima di xenofobia e da “padroni a casa nostra” che l’Ukip di Nigel Farage e ampi settori del Partito conservatore capitanati dall’ex sindaco di Londra Boris Johnson hanno fomentato nel Paese. Nonostante non manchino esponenti pro-Brexit sia nella sinistra Labour che in quella extra-parlamentare, queste posizioni sono minoritarie.
L’eventuale traghettamento della Gran Bretagna fuori dall’Europa non sarebbe poi gestito dal nuovo leader dei laboristi Jeremy Corbyn, ma da un governo conservatore incalzato dalle ali più estreme, galvanizzate dal successo elettorale. Per gli immigrati europei, accusati strumentalmente di abusare dei sussidi pubblici di Sua Maestà, il rischio è che si aprano tempi cupi, cominciando da chi proviene dai Paesi orientali. Gli italiani, considerati ancora come immigrati di lusso, non possono però distrarsi da un dibattito pubblico che potrebbe prendere pieghe preoccupanti. Non è esagerato pensare che i numeri ormai imponenti della nostra comunità inducano le ali più oltranziste a spostare il proprio bersaglio una volta “saldati i conti” con rumeni e polacchi.
Ma per i britannici cosa cambia? La campagna per rimanere all’interno dell’Unione Europea è stata caratterizzata da richiami allarmisti e catastrofisti sulla falsariga di ciò che successe in occasione del fallito referendum sull’indipendenza scozzese nel settembre 2014. Tuttavia, qualsiasi calcolo circa variazioni dei salari reali e tassi di crescita è privo di senso: le variabili sono troppe e troppo volatili per determinare con precisione alcun tipo ricaduta. Esiti negativi potrebbero derivare solamente se l’Unione Europea decidesse espressamente di complicare la vita alla Gran Bretagna, rendendo il proprio mercato ostile alle sue esportazioni. Dall’altra parte però, il tentativo di vendere la Brexit come la possibilità di riconquistare una sovranità popolare andata perduta è altrettanto fuorviante.
La verità è che entrambe le opzioni sono guidate da diversi pezzi di establishment, quello finanziario e della politica tradizionale nel caso del “Remain”, quello industriale nel caso del “Leave”. Come sottolineava recentemente Paul Mason, non sono mai le élite a guidare le rivolte genuine: quando queste hanno davvero luogo, le élite piuttosto si ritirano terrorizzate verso le colline a cercar rifugio. Nulla di tutto ciò sta accadendo. Per questo, la questione Brexit è uno specchietto per le allodole che mantiene i veri temi lontani dalla dibattito pubblico. Crescenti disuguaglianze, esclusione sociale, disagio socio-economico dei ceti medi e bassi, affitti da capogiro, ferrovie privatizzate carissime e inefficienti, smantellamento del sistema sanitario nazionale: a provocare tutto ciò non è stata Bruxelles; anzi, in quanto ad avanzamento del progetto neoliberista, la Gran Bretagna è stata per molti aspetti forza trainante. La scelta per gli elettori britannici è quella tra un neoliberalismo standard e uno xenofobo e un po’ più protezionista.
@mazzuele
Samuele Mazzolini
Analista politico
Zonaeuro - 23 Giugno 2016
Brexit, lo specchietto per le allodole dell’uscita dall’Unione Europea
Poco meno di un anno fa, la possibilità dell’uscita della Grecia dell’Eurozona mantenne l’opinione pubblica europea con il fiato sospeso fino a quando Alexis Tsipras non decise di sconfessare l’esito del referendum di luglio. Lo fece accettando il nuovo pacchetto di aiuti dei creditori a patto di approfondire le misure di austerità e scartando quindi la possibilità – da lui invero mai contemplata – di collocarsi al di fuori della moneta unica. Oggi tocca alla Gran Bretagna decidere in un referendum che, a dispetto di quello greco, non lascia scampo alle interpretazioni. Dentro o fuori.
Brexit riedizione della Grexit dunque? Niente affatto. Al di là del diverso tipo di ‘uscita’ (quello dall’Euro della Grecia, quello dall’Unione Europea nel caso della Gran Bretagna), esistono altre due differenze di fondo. La prima è che mentre per i greci l’idea di Europa non è mai stata messa in discussione (il che ha radici nell’esasperato bisogno di mantenere la cultura ellenica aggrappata a quella europea e di conservare un’alterità rispetto ai vicini balcanici), in Gran Bretagna la sensazione di non appartenere veramente al blocco europeo e di sentirsi in qualche modo ‘migliori’ è particolarmente diffusa.
La seconda differenza è che mentre la Grexit sarebbe stata una rottura effettuata da sinistra, sull’ondata di una contestazione radicale delle misure di austerità e dell’Europa delle banche, l’eventuale fuoriuscita della Gran Bretagna dall’Unione sarebbe a tutti gli effetti da ascrivere a uno spostamento a destra del baricentro politico. L’opzione “Leave” infatti è largamente egemonizzata dal clima di xenofobia e da “padroni a casa nostra” che l’Ukip di Nigel Farage e ampi settori del Partito conservatore capitanati dall’ex sindaco di Londra Boris Johnson hanno fomentato nel Paese. Nonostante non manchino esponenti pro-Brexit sia nella sinistra Labour che in quella extra-parlamentare, queste posizioni sono minoritarie.
L’eventuale traghettamento della Gran Bretagna fuori dall’Europa non sarebbe poi gestito dal nuovo leader dei laboristi Jeremy Corbyn, ma da un governo conservatore incalzato dalle ali più estreme, galvanizzate dal successo elettorale. Per gli immigrati europei, accusati strumentalmente di abusare dei sussidi pubblici di Sua Maestà, il rischio è che si aprano tempi cupi, cominciando da chi proviene dai Paesi orientali. Gli italiani, considerati ancora come immigrati di lusso, non possono però distrarsi da un dibattito pubblico che potrebbe prendere pieghe preoccupanti. Non è esagerato pensare che i numeri ormai imponenti della nostra comunità inducano le ali più oltranziste a spostare il proprio bersaglio una volta “saldati i conti” con rumeni e polacchi.
Ma per i britannici cosa cambia? La campagna per rimanere all’interno dell’Unione Europea è stata caratterizzata da richiami allarmisti e catastrofisti sulla falsariga di ciò che successe in occasione del fallito referendum sull’indipendenza scozzese nel settembre 2014. Tuttavia, qualsiasi calcolo circa variazioni dei salari reali e tassi di crescita è privo di senso: le variabili sono troppe e troppo volatili per determinare con precisione alcun tipo ricaduta. Esiti negativi potrebbero derivare solamente se l’Unione Europea decidesse espressamente di complicare la vita alla Gran Bretagna, rendendo il proprio mercato ostile alle sue esportazioni. Dall’altra parte però, il tentativo di vendere la Brexit come la possibilità di riconquistare una sovranità popolare andata perduta è altrettanto fuorviante.
La verità è che entrambe le opzioni sono guidate da diversi pezzi di establishment, quello finanziario e della politica tradizionale nel caso del “Remain”, quello industriale nel caso del “Leave”. Come sottolineava recentemente Paul Mason, non sono mai le élite a guidare le rivolte genuine: quando queste hanno davvero luogo, le élite piuttosto si ritirano terrorizzate verso le colline a cercar rifugio. Nulla di tutto ciò sta accadendo. Per questo, la questione Brexit è uno specchietto per le allodole che mantiene i veri temi lontani dalla dibattito pubblico. Crescenti disuguaglianze, esclusione sociale, disagio socio-economico dei ceti medi e bassi, affitti da capogiro, ferrovie privatizzate carissime e inefficienti, smantellamento del sistema sanitario nazionale: a provocare tutto ciò non è stata Bruxelles; anzi, in quanto ad avanzamento del progetto neoliberista, la Gran Bretagna è stata per molti aspetti forza trainante. La scelta per gli elettori britannici è quella tra un neoliberalismo standard e uno xenofobo e un po’ più protezionista.
@mazzuele
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L’appello ai lettori dei direttori Travaglio e Gomez: “Le battaglie del 2025: continuate a sostenerci”
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - "La Germania, unita all’Italia da indissolubili vincoli di amicizia e solidarietà, può contare sul nostro più convinto impegno tanto nel fermo e determinato contrasto al terrorismo quanto nel sostenere insieme le ragioni della libera e pacifica convivenza, elemento fondamentale e irrinunciabile della comune identità europea". Lo scrive il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio all'omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier.
"La notizia del proditorio attentato contro il mercato di Natale a Magdeburgo -sottolinea il Capo dello Stato- suscita negli italiani orrore e unanime condanna. Di questi sentimenti desidero farmi immediatamente interprete presso di Lei, signor Presidente e caro amico, e presso tutti i Suoi concittadini. In questa drammatica circostanza, la Repubblica italiana è vicina al popolo tedesco con convinta e sincera partecipazione. In questo spirito, desidero far giungere alle famiglie delle vittime le espressioni del nostro più sincero cordoglio. Ai numerosi feriti auguriamo un pronto e completo ristabilimento".
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - “Un 2024 con Forza Italia che taglia il traguardo vincente e un 2025 per crescere ancora nell’interesse del Paese e per Silvio Berlusconi, un fuoriclasse gia entrato nella storia d’Italia. Lo sentiamo come non mai la nostra guida che ispira la sua creatura, Forza Italia, verso traguardi che solo lui poteva immaginare. Antonio Tajani ha da sempre goduto della sua fiducia che trasmette vigorosa a noi dirigenti e militanti. Nel solco dell’impegno dimostrato, Forza Italia nel 2025 ha l’obiettivo di crescere ancora per rappresentare i cittadini e garantire che le sfide che abbiamo davanti siano garanzia di crescita, di sviluppo e di benessere". Lo afferma il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli.
"Provo malinconia -aggiunge- nell’ ascoltare oggi, da avversari ostici, che il presidente Berlusconi aveva ragione: ragione riguardo le ricette economiche da attuare per promuovere la crescita -per far sì che il nostro Governo sia leader internazionale in un mondo sempre più globale- e poi per lavorare con determinazione affinché la giustizia sia realmente giusta, valorizzando la stragrande maggioranza degli operatori dei questo settore, che devono operare nell’esclusivo interesse dei cittadini. Una cometa, le indicazioni del presidente Berlusconi, che noi di Forza Italia siamo onorati di interpretare fedelmente per contribuire, con i nostri partner di governo, a rendere l’Italia migliore”.
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - "Il problema dell'immigrazione non può essere ridotto a un problema di ordine pubblico ma deve essere affrontato e risolto con una strategia a medio, a breve e a lungo termine. Bisogna sradicare le cause dell'immigrazione: le malattie, la povertà, il cambiamento climatico, il terrorismo, le guerre". Risponde con queste parole il ministro degli Esteri Antonio Tajani all'Osservatore Romano, riguardo il modo del Governo di affrontare il fenomeno delle migrazioni, anche in vista dell'inizio del Giubileo e delle recenti parole del Papa sul fatto che il Mediterraneo si sia trasformato in un cimitero invece di essere un crocevia di incontri di dialogo.
"Gran parte dell’immigrazione parte dall’Africa o da lì passa - afferma il vice premier - Bisogna avere una strategia, il piano Mattei varato dal governo italiano va in questa direzione, quella favorire la crescita del continente africano che è un continente ricco, perché ricco di materie prime, dove però ci sono popoli poveri. C’è poi l’importante lotta al cambiamento climatico, ci sono le malattie, e stiamo lavorando molto a sostegno del progetto Gavi, che è guidato dall'ex presidente della Commissione europea Josè Barroso, che raccoglie finanziamenti per permettere anche la produzione in Africa di vaccini per garantire una vita più lunga ai bambini. Poi bisogna combattere i trafficanti di esseri umani, che sono gli stessi che trafficano in droga e in armi".
"D'altro canto bisogna favorire l'immigrazione regolare - aggiunge il ministro - In termini di porte aperte, e parlando non a nome del governo, ma da segretario di Forza Italia, io credo che l'integrazione debba concludersi con la concessione della cittadinanza italiana a chi è andato a scuola, ossia dieci anni di scuola devono essere un viatico per poi chiedere la cittadinanza italiana già a 16 anni, per poi ottenerla a 17 anni, 17 e mezzo. Un modo migliore anche della legge attuale che concede la cittadinanza a 18 anni e basta. Forse è meglio frequentare le scuole, è meglio dar vita a quello che io chiamo lo ius Italie, perché dopo dieci anni di scuola si conosce la storia, la geografia, l'italiano e quindi si ha tutto il diritto di diventare cittadino italiano, se si crede nell'Italia, nella sua storia, nei valori che rappresenta, anche se i propri genitori possono sono nati a Ucraina o in Costa d'Avorio".
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - "Mi preoccupa la situazione economica della Germania e della Francia. La situazione economica dell'Italia è migliore di quella di questi due Paesi, ma occorre evitare che la crisi dell'auto tedesca, quindi dell'industria tedesca, e la crisi di bilancio francese, contagino il mercato unico, l'Italia, altri Paesi, perché questo potrebbe essere pericoloso per l’economia". Lo ha detto all'Osservatore Romano il ministro degli Esteri Antonio Tajani, aggiungendo che "fortunatamente la Banca Centrale Europea ha deciso, anche un po’ in ritardo secondo me, di tagliare il costo del denaro e così aiutare le imprese ad investire, le famiglie ad avere dei prestiti, e quindi anche i piccoli imprenditori a fare delle scelte più coraggiose".
"Serve poi che l’Europa non perda la sua anima - ha auspicato il vice premier - la sua identità, i suoi valori. Ricordo la battaglia contro la pena di morte, fortunatamente qualche risultato si è raggiunto, cresce costantemente il numero di Paesi che ci seguono per la moratoria della pena capitale, quindi questa credo che sia una scelta molto importante, che fa ben sperare, nessuno può arrogarsi il diritto di togliere la vita a un'altra persona".
Roma, 21 dic (Adnkronos) - "Da relatore in Senato proponevo l'innocenza di Salvini, Pd e grilini votarono contro costringendo la magistratura a un processo inutile. Ora Pd e grillini devono chiedere scusa agli italiani e la Procura di Palermo, che aveva chiesto una condanna di 6 anni, farà auto critica per i propri errori?". Lo dice il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - "Il terrorismo fondamentalista si ripropone, bisogna tenere alta la guardia. L'Europa e anche l'Italia devono aumentare le spese per sicurezza e difesa. Non siamo fuori dall'emergenza e la situazione mediorientale può moltiplicare l'offensiva anche sui nostri territori". Lo dice il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri.
Caserta , 21 dic. - (Adnkronos) - Uccide il padre a coltellate in provincia di Caserta e fugge con 100mila euro: rintracciato e fermato. Questa mattina, i carabinieri della Compagnia di Maddaloni, a conclusione di una articolata indagine coordinata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere, hanno dato esecuzione al provvedimento di fermo nei confronti di un cittadino di nazionalità cinese, 27enne, ritenuto gravemente indiziato dell’omicidio del padre, 48enne.
L’indagato, nella tarda serata di ieri venerdì 20 dicembre, al culmine di un litigio familiare per futili motivi avvenuto all’interno dell’abitazione dove viveva con i genitori, ha accoltellato il padre con numerosi fendenti in diverse parti del corpo, fino ad ucciderlo per poi fuggire facendo perdere le tracce.
Le indagini e le immediate ricerche svolte dai carabinieri, costantemente diretti dalla Procura sammaritana, hanno consentito di rintracciarlo e bloccarlo dopo alcune ore, mentre tentava di allontanarsi alla guida dell’autovettura dei genitori. Una volta fermato, il giovane è stato trovato in possesso di oltre 100mila euro in contanti.