Un risveglio nel panico, una chiusura tra le peggiori della storia. La peggiore in assoluto, in particolare, per Piazza Affari: nel giorno della Brexit la borsa di Milano ha chiuso in caduta del 12,48%, il maggior calo mai registrato, superiore anche a quello del 7,57% dell’11 settembre 2001 dopo l’attacco alle Torri Gemelle. Le banche italiane, bersaglio facile vista la mole di crediti in sofferenza che le zavorra, hanno perso oltre il 20 per cento. Più giù di Milano solo Atene, a -15,7%. A picco anche le altre piazze europee: -12,35% per Madrid, -8 per Parigi, -6,8% per Francoforte. Londra, epicentro del terremoto, ha invece limitato i danni a -3,15%. L’indice paneuropeo Stoxx 600 ha registrato a sua volta il peggior crollo dall’attentato alle Twin Towers: -8,62 per cento. Non è andata meglio sui listini extra-europei: Tokyo ha registrato il tonfo peggiore dal 2000 e per la Borsa di New York è stata la peggior giornata dal 2011, con l’indice Dow Jones giù del 3,39%.
Male anche il Nasdaq che ha ceduto il 4,12% e l’indice S&P500 che ha perso il 3,60%.

In questo contesto, fin dalla mattinata è scattata ovviamente la corsa ai beni rifugio, in particolare oro e bund tedeschi, mentre la sterlina è affondata ai minimi da 30 anni perdendo l’8,38% rispetto al dollaro. La Banca d’Inghilterra si è detta pronta a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline. La Bce dal canto suo ha iniettato liquidità negli istituti di credito con una nuova operazione di rifinanziamento a tassi bassissimi.

Banche italiane a picco – A Milano l’indice principale ha subito il tracollo peggiore da quando è possibile ricostruirne l’andamento, dal 1994. Bper e Bpm hanno lasciato sul terreno più del 24%, in pratica un quarto della capitalizzazione. Crolli simili per Unicredit Banco Popolare, giù di oltre il 23%. Intesa Sanpaolo è arretrata del 22,9%. Questo nonostante i cinque maggiori istituti italiani abbiano ricevuto proprio venerdì oltre 86 miliardi di euro dalla Bce nell’ambito della nuova asta Tltro (di rifinanziamento a lungo termine, ndr), a fronte della restituzione degli importi ricevuti durante le precedenti aste. Unicredit ha chiesto 18,2 miliardi, Intesa Sanpaolo 36 miliardi, Banco Popolare 12 miliardi, Monte dei Paschi di Siena 10 miliardi, Ubi 10,1 miliardi. Bper ha ottenuto 4 miliardi, la Popolare di Milano 3 miliardi, la Popolare di Vicenza 4,7. Il nuovo meccanismo dei prestiti a quattro anni prevede che il tasso di interesse possa scendere fino a -0,40%, l’attuale livello del tasso sui depositi, come ‘premio’ per quegli istituti che offriranno prestiti superiori a una soglia fissata dall’Eurotower.

In Asia male Tokyo, Cina debole – Tokyo ha lasciato sul terreno il 7,92% crollando ai minimi degli ultimi 20 mesi. Le borse cinesi hanno invece chiuso la seduta con ribassi contenuti: Shanghai -1,30%, Shenzen -0,76%.

La sterlina crolla ai minimi da 31 anni – La sterlina ha toccato durante la giornata il minimo sul dollaro dal 1985, cadendo a fine seduta del 7,46 per cento, a 1,37 dollari. La valuta inglese ha ceduto oltre il 6% anche contro l’euro. In serata Royal Bank of Scotland e la sua controllata NatWest hanno sospeso i servizi di cambio per i clienti, dopo che la domanda per la moneta unica è schizzata sulla scia della Brexit. L’euro a sua volta ha chiuso in calo a 1,113 dollari.

Rendimenti dei Bund ai minimi storici– In questo quadro è scattata ovviamente la corsa ai beni rifugio, a partire dall’oro. Le quotazioni del metallo prezioso hanno superato i 1.350 dollari l’oncia, ai massimi dal 2014, per poi ritrattare intorno ai 1.313 dollari. Pioggia di acquisti anche sui titoli di Stato decennali tedeschi, i Bund, con il risultato che il tasso di interesse pagato è sceso fino al minimo storico di -0,17% per poi risalire a -0,047 per cento. Di conseguenza lo spread, cioè il differenziale di rendimento tra Bund e corrispettivi italiani, si è allargato a 161 punti dai 130 di giovedì. Il franco svizzero in mattinata si è rafforzato a tal punto nei confronti dell’euro che è stato necessario l’intervento della Banca nazionale svizzera per stabilizzarlo e contrastare le pressioni rialziste”. Affonda intanto il prezzo del petrolio a New York. Un barile viene scambiato a 47,54 dollari, -5,13% rispetto a giovedì.

Bank of England: “Pronti a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline” – Intanto i governatori delle banche centrali hanno annunciato provvedimenti per correre ai ripari. Il presidente della Bank of England Mark Carney ha affermato che l’istituto non esiterà a prendere misure addizionali ed è pronto a fornire extra fondi per 250 miliardi di sterline. E anche la Bce si dice “pronta a iniettare liquidità in euro e in altre valute” per far fronte i contraccolpi della Brexit. “Le banche dell’Eurozona sono resilienti in termini di capitale e liquidità” per far fronte alla Brexit, spiega Francoforte, aggiungendo che è “in stretto contatto con le banche e i rispettivi organi di controllo” e che sta “monitorando con molta attenzione” l’andamento dei mercati.

Le agenzie di rating preannunciano il downgrade – Dopo l’uscita dall’Europa, l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha ribadito che è probabile che la Gran Bretagna perda la tripla A. Moritz Kraemer, responsabile dei rating per S&P, ha spiegato al Financial Times: ”Riteniamo che il rating AAA sia insostenibile in queste circostanze”. Anche Fitch annuncia che sul credito sovrano del Paese la Brexit avrà un effetto “moderatamente” negativo e come previsto “rivedremo il rating sovrano a breve”. L’agenzia Moody’s commenta in uno studio il voto Uk: “Preannuncia un prolungato periodo di incertezza che peserà su risultati economici e finanziari Uk”. Avrà impatto su investimenti e fiducia nel Paese con effetti negativi sul credito sovrano Uk e degli altri emittenti del Paese, tra l’altro per i possibili cambiamenti nelle relazioni commerciali con la Ue o nei regimi regolatori. Secondo gli analisti di Morgan Stanley, invece, la Brexit è un “salto nel buio” che porterà “una prolungata incertezza politica ed economica”, con “una sterlina più debole”, una “spinta sull’inflazione” ed una “battuta d’arresto sulla crescita”: si prevedono “politiche di stimolo monetario e fiscale” per affrontare una “recessione da referendum”.

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