Una fotografia ingiallita vecchia di sei mesi. È questa la Spagna immortalata alle urne. Un Paese che come il 20 dicembre scorso si ritrova senza un partito che da solo ha i numeri per governare, e per questo ancora “condannato” a una paralisi politica provocata dalla “morte” del bipartitismo, a meno di un’improbabile alleanza tra popolari e socialisti (ipotesi già naufragata a dicembre). E a questo punto non è fantascientifico immaginare un terzo ritorno alle urne fra pochi mesi. Nemmeno lo spettro della Brexit è riuscito a dare un impulso significativo.
Crescono i popolari. Podemos arretra e fallisce il sorpasso sui socialisti
L’unico effetto tangibile da collegare al referendum inglese è il rafforzamento del Pp di Mariano Rajoy: una parte degli elettori si è convinta a votare la ‘sicurezza’ contro l’avventura di Podemos. E così i popolari si confermano primi con 137 seggi su 350 (13 seggi più che a dicembre) e con il 33% dei voti. Non abbastanza però per la spinta decisiva. Il Pp ha conquistato però la maggioranza assoluta nel Senato di Madrid con 130 seggi su 208, davanti a Psoe (43) e Podemos (16). I senatori in Spagna non votano la fiducia al governo ma sono decisivi nelle riforme costituzionali.
Per il resto lo scenario è immutato, o quasi. Soprattutto a sinistra. Il tanto sognato storico “sorpasso” di Podemos sui socialisti è rimasto una chimera da exit poll e da sondaggi della vigilia. La formazione di Pablo Iglesias (alleata con Izquierda Unida) ha ottenuto il 21,1% e 71 seggi, gli stessi di sei mesi fa quando però si presentò da solo. E a spoglio concluso il leader deve ammettere che la prestazione del suo partito “non è stata soddisfacente” e che la “perdita di consenso per il blocco progressista” lo preoccupa non poco. “Rivendichiamo il diritto di governare, perché abbiamo vinto – ha detto il premier spagnolo uscente – Da domani (oggi, per chi legge), ha aggiunto, inizieremo a parlare con tutti” in vista della formazione di un futuro governo.
Psoe cala. Crollo di Ciudadanos
Il Psoe di Pedro Sanchez si conferma la seconda forza ma deve fare i conti una leggera flessione: ottiene il 22,7% dei voti e 85 deputati contro i 90 del Congresso uscente. Si salva comunque dal disastro annunciato dai sondaggi. Quello descritto dai dati ufficiali è uno quadro dunque diverso da quello pronosticato dagli ancora una volta sconfessati exit poll, che davano Unidos Podemos secondo e i socialisti al terzo posto per la prima volta dopo il ritorno della democrazia nel 1977. Anche con queste proiezioni, però, veniva a delinearsi un Paese senza una maggioranza in grado di governare. C’è da registrare il tonfo della neo formazione di centrodestra anti-casta di Ciudadanos: racimola 32 seggi e il 13%, ma il botto è notevole se si pensa che alla prima prova nella sua storia ne aveva conquistati 40. Probabile che i suoi voti siano stati drenati dai popolari. Tra le possibili opzioni un governo di centrodestra grazie a un patto con i liberali di Ciudadanos, una grande coalizione in stile tedesco tra il Pp e i socialisti, oppure un governo di minoranza dei popolari. La prima opzione sembra, allo stato, la più probabile perché il partito liberale, per bocca del suo leader Albert Rivera, fa sapere di essere pronto ad aprire subito un dialogo con il Partito popolare.
Crollo dell’affluenza alle urne
Ma nel primo Stato europeo ad andare alle urne dopo la Brexit l’astensionismo non è stato da poco, tanto che si parla di una delle affluenze più basse nella storia della Spagna post franchista. Se alle 14 i dati forniti dal ministero dell’Interno indicavano una partecipazione praticamente pari a quella delle precedenti politiche del 20 dicembre, alle 18 i punti in meno rispetto all’ultima consultazione erano ben sette. A nove ore dall’apertura dei seggi – che hanno chiuso alle 20 – l’affluenza è stata del 51,2%, mentre a dicembre era stata del 58,2%. Alle politiche del 2011 era stato registrato alle 18 un tasso del 57,6%.
Il sogno infranto di Iglesias
Di sicuro queste elezioni politiche consegnano due risultati. Il primo riguarda Iglesias e il suo sogno infranto di terremotare il mondo politico spagnolo. Un obiettivo mancato per un soffio se si pensa che il professore con il codino in due anni ha portato Podemos, creato dal nulla nel 2014, alle porte del potere e ha persino “osato” fantasticare il balzo davanti ai socialisti. Non tutto è perso, però. L’abile stratega e comunicatore, rappresentante di una nuova generazione di giovani politici di sinistra, convinto che “il cielo non si prende per consenso, si conquista d’assalto“, dovrà aspettare ancora, è vero. Ma è comunque forte dei suoi 37 anni e dell’adorazione di migliaia di giovani che votano Podemos. Ora che non c’è stato il sorpasso, ed è sfumato il sogno di essere il premier di un esecutivo di sinistra con i socialisti, fa un passo indietro per riorganizzarsi. In attesa del balzo in avanti vero. Gli avversari lo accusano di essere populista, trasformista, un sostenitore del regime bolivariano venezuelano che si è riconvertito in “socialdemocratico” e “peronista”, difensore dei valori della “patria” per attirare il voto moderato. Un suo approdo alla Moncloa, diceva la stampa spagnola alla vigilia, spaventerebbe Ue e Nato. Che si erano spaventate anche con l’arrivo al potere a Atene di Syriza e del suo amico Alexis Tsipras, ora però bene integrato nella nomenclatura del potere europeo.
Raioy “l’inaffondabile” ora è più forte. Ma non abbastanza
L’altra “verità” che esce dalle urne riguarda la tenacia politica di Rajoy. Il galiziano “grigio” ma “inaffondabile” è sempre in pista: due anni fa nessuno, nel pieno della crisi e delle misure lacrime e sangue che il suo governo imponeva al Paese per uscire dal tunnel della gravissima crisi ereditata dal socialista José Luis Zapatero, avrebbe scommesso una vecchia peseta sul suo futuro politico. Ma il presidente del Pp è arrivato primo alle due ultime elezioni politiche. Però senza maggioranza, vittima della morte del bipartitismo spagnolo, trasformato in quadripartitismo dall’irruzione di Podemos e Ciudadanos. Per il politico spagnolo, 61 anni, erede di José Maria Aznar, con il quale ora i rapporti sono gelidi, presidente del Pp dal 2004, premier dal 2011 dopo essere stato sconfitto due volte da Zapatero, ora si apre la partita più complicata. Quella della Gran Coalicion, che deve negoziare con due partner, il Psoe e Ciudadanos, che vorrebbero mandarlo in pensione.
Le trattative impossibili e il possibile ritorno alle urne
Il premier uscente si presenta però ora alle trattative con gli altri partiti con una maggiore autorevolezza: quella del solo leader che ha vinto, e non poco, in queste politiche. Rajoy ha rivendicato che il partito più votato possa comunque governare, se non altro in minoranza. Il deludente risultato della sinistra rende più difficile il possibile tentativo di una maggioranza progressista Psoe-Podemos, che potrebbe però – secondo l’analisi dell’Ansa – cercare di allargarsi ai nazionalisti baschi del Pnv (5 seggi) o ricercare l’astensione degli indipendentisti catalani di Cdc e Erc (17 deputati). Il quadro rimane complesso e assai frastagliato. I quattro leader in campagna hanno detto di essere determinati ad evitare un nuovo ritorno alle urne. Le trattative però si annunciano difficili. E un terzo scrutinio, fra tre o quattro mesi, non appare impossibile.
Mondo
Elezioni Spagna, Pp primo partito con maggioranza assoluta solo al Senato. Delusione Podemos: non c’è il sorpasso sui socialisti
Dalle urne esce uno scenario politico identico a quello di dicembre: nessun partito ha i numeri per governare. Effetto Brexit minimo: crescono i popolari, sconfitta per Iglesias che insieme a Izquierda Unida non riesce a superare il Psoe che si conferma secondo: "Risultato non soddisfacente". Trattative difficili. Non è escluso il ritorno al voto
Una fotografia ingiallita vecchia di sei mesi. È questa la Spagna immortalata alle urne. Un Paese che come il 20 dicembre scorso si ritrova senza un partito che da solo ha i numeri per governare, e per questo ancora “condannato” a una paralisi politica provocata dalla “morte” del bipartitismo, a meno di un’improbabile alleanza tra popolari e socialisti (ipotesi già naufragata a dicembre). E a questo punto non è fantascientifico immaginare un terzo ritorno alle urne fra pochi mesi. Nemmeno lo spettro della Brexit è riuscito a dare un impulso significativo.
Crescono i popolari. Podemos arretra e fallisce il sorpasso sui socialisti
L’unico effetto tangibile da collegare al referendum inglese è il rafforzamento del Pp di Mariano Rajoy: una parte degli elettori si è convinta a votare la ‘sicurezza’ contro l’avventura di Podemos. E così i popolari si confermano primi con 137 seggi su 350 (13 seggi più che a dicembre) e con il 33% dei voti. Non abbastanza però per la spinta decisiva. Il Pp ha conquistato però la maggioranza assoluta nel Senato di Madrid con 130 seggi su 208, davanti a Psoe (43) e Podemos (16). I senatori in Spagna non votano la fiducia al governo ma sono decisivi nelle riforme costituzionali.
Per il resto lo scenario è immutato, o quasi. Soprattutto a sinistra. Il tanto sognato storico “sorpasso” di Podemos sui socialisti è rimasto una chimera da exit poll e da sondaggi della vigilia. La formazione di Pablo Iglesias (alleata con Izquierda Unida) ha ottenuto il 21,1% e 71 seggi, gli stessi di sei mesi fa quando però si presentò da solo. E a spoglio concluso il leader deve ammettere che la prestazione del suo partito “non è stata soddisfacente” e che la “perdita di consenso per il blocco progressista” lo preoccupa non poco. “Rivendichiamo il diritto di governare, perché abbiamo vinto – ha detto il premier spagnolo uscente – Da domani (oggi, per chi legge), ha aggiunto, inizieremo a parlare con tutti” in vista della formazione di un futuro governo.
Psoe cala. Crollo di Ciudadanos
Il Psoe di Pedro Sanchez si conferma la seconda forza ma deve fare i conti una leggera flessione: ottiene il 22,7% dei voti e 85 deputati contro i 90 del Congresso uscente. Si salva comunque dal disastro annunciato dai sondaggi. Quello descritto dai dati ufficiali è uno quadro dunque diverso da quello pronosticato dagli ancora una volta sconfessati exit poll, che davano Unidos Podemos secondo e i socialisti al terzo posto per la prima volta dopo il ritorno della democrazia nel 1977. Anche con queste proiezioni, però, veniva a delinearsi un Paese senza una maggioranza in grado di governare. C’è da registrare il tonfo della neo formazione di centrodestra anti-casta di Ciudadanos: racimola 32 seggi e il 13%, ma il botto è notevole se si pensa che alla prima prova nella sua storia ne aveva conquistati 40. Probabile che i suoi voti siano stati drenati dai popolari. Tra le possibili opzioni un governo di centrodestra grazie a un patto con i liberali di Ciudadanos, una grande coalizione in stile tedesco tra il Pp e i socialisti, oppure un governo di minoranza dei popolari. La prima opzione sembra, allo stato, la più probabile perché il partito liberale, per bocca del suo leader Albert Rivera, fa sapere di essere pronto ad aprire subito un dialogo con il Partito popolare.
Crollo dell’affluenza alle urne
Ma nel primo Stato europeo ad andare alle urne dopo la Brexit l’astensionismo non è stato da poco, tanto che si parla di una delle affluenze più basse nella storia della Spagna post franchista. Se alle 14 i dati forniti dal ministero dell’Interno indicavano una partecipazione praticamente pari a quella delle precedenti politiche del 20 dicembre, alle 18 i punti in meno rispetto all’ultima consultazione erano ben sette. A nove ore dall’apertura dei seggi – che hanno chiuso alle 20 – l’affluenza è stata del 51,2%, mentre a dicembre era stata del 58,2%. Alle politiche del 2011 era stato registrato alle 18 un tasso del 57,6%.
Il sogno infranto di Iglesias
Di sicuro queste elezioni politiche consegnano due risultati. Il primo riguarda Iglesias e il suo sogno infranto di terremotare il mondo politico spagnolo. Un obiettivo mancato per un soffio se si pensa che il professore con il codino in due anni ha portato Podemos, creato dal nulla nel 2014, alle porte del potere e ha persino “osato” fantasticare il balzo davanti ai socialisti. Non tutto è perso, però. L’abile stratega e comunicatore, rappresentante di una nuova generazione di giovani politici di sinistra, convinto che “il cielo non si prende per consenso, si conquista d’assalto“, dovrà aspettare ancora, è vero. Ma è comunque forte dei suoi 37 anni e dell’adorazione di migliaia di giovani che votano Podemos. Ora che non c’è stato il sorpasso, ed è sfumato il sogno di essere il premier di un esecutivo di sinistra con i socialisti, fa un passo indietro per riorganizzarsi. In attesa del balzo in avanti vero. Gli avversari lo accusano di essere populista, trasformista, un sostenitore del regime bolivariano venezuelano che si è riconvertito in “socialdemocratico” e “peronista”, difensore dei valori della “patria” per attirare il voto moderato. Un suo approdo alla Moncloa, diceva la stampa spagnola alla vigilia, spaventerebbe Ue e Nato. Che si erano spaventate anche con l’arrivo al potere a Atene di Syriza e del suo amico Alexis Tsipras, ora però bene integrato nella nomenclatura del potere europeo.
Raioy “l’inaffondabile” ora è più forte. Ma non abbastanza
L’altra “verità” che esce dalle urne riguarda la tenacia politica di Rajoy. Il galiziano “grigio” ma “inaffondabile” è sempre in pista: due anni fa nessuno, nel pieno della crisi e delle misure lacrime e sangue che il suo governo imponeva al Paese per uscire dal tunnel della gravissima crisi ereditata dal socialista José Luis Zapatero, avrebbe scommesso una vecchia peseta sul suo futuro politico. Ma il presidente del Pp è arrivato primo alle due ultime elezioni politiche. Però senza maggioranza, vittima della morte del bipartitismo spagnolo, trasformato in quadripartitismo dall’irruzione di Podemos e Ciudadanos. Per il politico spagnolo, 61 anni, erede di José Maria Aznar, con il quale ora i rapporti sono gelidi, presidente del Pp dal 2004, premier dal 2011 dopo essere stato sconfitto due volte da Zapatero, ora si apre la partita più complicata. Quella della Gran Coalicion, che deve negoziare con due partner, il Psoe e Ciudadanos, che vorrebbero mandarlo in pensione.
Le trattative impossibili e il possibile ritorno alle urne
Il premier uscente si presenta però ora alle trattative con gli altri partiti con una maggiore autorevolezza: quella del solo leader che ha vinto, e non poco, in queste politiche. Rajoy ha rivendicato che il partito più votato possa comunque governare, se non altro in minoranza. Il deludente risultato della sinistra rende più difficile il possibile tentativo di una maggioranza progressista Psoe-Podemos, che potrebbe però – secondo l’analisi dell’Ansa – cercare di allargarsi ai nazionalisti baschi del Pnv (5 seggi) o ricercare l’astensione degli indipendentisti catalani di Cdc e Erc (17 deputati). Il quadro rimane complesso e assai frastagliato. I quattro leader in campagna hanno detto di essere determinati ad evitare un nuovo ritorno alle urne. Le trattative però si annunciano difficili. E un terzo scrutinio, fra tre o quattro mesi, non appare impossibile.
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Roma, 14 mar. (Adnkronos) - In occasione della Giornata dell'Unità nazionale e del Tricolore, che ricorre lunedì prossimo, 17 marzo, sulla facciata di Montecitorio verrà proiettata la bandiera nazionale, dalla mezzanotte e nelle successive ore serali e notturne.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Ho apprezzato molto la posizione di Elly Schlein quando ha detto no al piano di riarmo. Una buona premessa per impostare un progetto di alternativa a questo governo". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Se ci dobbiamo ritrovare con una alternativa che segue la Meloni e sottoscrive la politica estera disastrosa della Meloni è un disastro, che alternativa puoi presentare agli italiani se ti trovi a votare con la Meloni per l'escalation militare? Per non parlare di Gaza", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Il problema è che il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale, lo dico con una battuta. Ci sono dei momenti di sintesi e quando il tuo leader prende una posizione così chiara, qualche chiarimento adesso andrebbe operato. Ma il problema non riguarda me ma un'altra forza politica". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
Roma, 14 mag (Adnkronos) - "Oggi scopriamo che ci sono i proprietari delle reti che vogliono dettare le condizioni, vogliono utilizzare gli algoritmi per condizionare il dibattito, usare gli algoritmi per condizionare le elezioni. Ci dobbiamo svegliare". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Il problema vero è che sono monopolisti, come Starlink per i satelliti a bassa quota. Che garanzia di sicurezza abbiamo che domani, come per l'Ucraina, Musk non si svegli e dica chiudo l'interruttore? L'Europa è l'unico contesto sovranazionale che cerca di dettare regole su questo fronte. E' un problema serio da affrontare", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".