L’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea? “Avrà un peso non indifferente sull’economia britannica“. L’attivazione dell’articolo 50? “Per il momento Londra non la chiederà”. I tempi di Brexit? “Per avviare i negoziati bisognerà attendere che il Regno Unito abbia un piano preciso e un nuovo premier”. Sono i messaggi in arrivo dal Regno Unito a quattro giorni dal referendum che ha visto la vittoria del “Leave”, sancendo quindi l’uscita dalla Gran Bretagna dall’Unione Europea. Diversi i fronti caldi a Londra in queste ore: dall’intervento di David Cameron alla camera dei Comuni, in cui il premier ha annunciato di non avere intenzione per il momento di chiedere l’articolo 50, alle dichiarazioni del Cancelliere dello Scacchiere Gerge Osborne sui tempi e le modalità di uscita della Gran Bretagna dall’Ue, fino alla guerra intestina che si è scatenata tra i Labour. Sullo sfondo, fino ad oggi, c’erano le possibili contromosse dei pro Remain.
Cameron: “Ho parlato con Merkel e Holland, per il momento non chiederemo articolo 50”
Già nelle ore immediatamente successive alla vittoria di “Leave, infatti, era diventata sempre più insistente l‘ipotesi di un nuovo referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Ue. Ed è per questo motivo che in mattinata il governo britannico ha fatto sapere di avere nettamente escluso la possibilità d’indire una seconda consultazione popolare. “Il risultato del referendum va accettato. Abbiamo la responsabilità di tenere il paese unito, ma non ci saranno cambiamenti immediati per i cittadini Ue residenti in Gran Bretagna”, ha quindi ribadito Cameron nel suo discorso alla Camera dei Comuni, dove ha ammesso che “l’uscita dall’Unione europea sarà tutto tranne che una passeggiata per l’economia britannica”. Il premier dimissionario – che ha spiegato di aver deciso di fare un passo indietro “nell’interesse del Paese” – ha poi annunciato di avere “parlato con la cancelliera tedesca Angela Merkel e con il presidente francese Francois Hollande“, e di aver detto loro “che per il momento non chiederemo l’articolo 50”. “Far rimanere la Gran Bretagna all’interno del mercato unico – ha poi spiegato – sarà una delle sfide più grandi nell’ambito dei negoziati con l’Unione europea”.
Osborne: “Uscita da Ue? Prima serve un piano e un nuovo premier”
Ed è proprio sulle modalità e sui tempi della Brexit, che si era espresso sempre in giornata il cancelliere dello Scacchiere George Osborne, “Dovremmo avviare il negoziato per l’uscita dall’Ue solo quando avremo un piano. Alcune aziende hanno interrotto le proprie decisioni su investimenti e assunzioni. Il ritardo nel ricorso all’articolo 50 aiuterà”, ha spiegato il ministro dell’Economia, che in pratica intende ritardare i colloqui per l’uscita fino a ottobre, cioè fino a quando il successore di David Cameron avrà definito “una visione chiara di quali nuovi accordi stringeremo con i nostri vicini europei”. Osborne, poi, ammette, che nonostante la Gran Bretagna abbia un “robusto quadro di misure contingenti” per fronteggiare l’esito della consultazione, nei prossimi giorni “non ci sarà una navigazione tranquilla”.
Commissione Ue: “Accelerare tempi Brexit”
Ma se il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker preme per un’uscita rapida di Londra, la cancelliera tedesca Angela Merkel, al contrario, frena sui tempi. O almeno questo è quanto è emerso nei giorni scorsi, anche se il ministro francese delle Finanze Michel Sapin, parlando a France 2, specifica che Parigi e Berlino sono entrambe d’accordo sul fatto che si debba “agire velocemente” e in maniera decisa sulla messa in atto dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue. “Abbiamo temperamenti differenti – ha detto -, tutti conosciamo bene il modo in cui i tedeschi cercano di ragionare seriamente, e hanno ragione”, ha aggiunto. Ma “non c’è alcuna differenza tra Francia e Germania sulla domanda d’attualità: la Gran Bretagna deve andare in fretta? Sì. Londra ha votato, ha votato per il Brexit, il Brexit si deve mettere in atto fin da adesso”.
E mentre a Berlino è previsto il vertice a tre tra Merkel, il presidente francese François Hollande e Matteo Renzi per stabilire una posizione comune su come affrontare la crisi causata dalla decisione del popolo britannico di uscire dall’Unione europea, a Bruxelles la Commissione Ue conferma la dichiarazione dei quattro presidenti letta dallo stesso Juncker venerdì scorso. “Ci aspettiamo che venga notificato l’articolo 50 al più presto”, ha detto il portavoce Margaritis Schinas, precisando che per la Commissione “non ci sarà alcun negoziato” con la Gran Bretagna “se non sarà stato prima notificato l’articolo 50”.
Conservatori: “Entro 2 settembre nuovo leader Tory”
Nel frattempo, a Londra, si è aperta la gara per l’eredità di Cameron. Dopo un primo momento in cui si era parlato di ottobre come data limite per la nomina del nuovo leader Tory, il comitato esecutivo del partito conservatore che ha stabilito che il sostituto di Cameron dovrà essere operativo entro il 2 settembre. Osborne non ha ancora sciolto la riserva su una sua possibile candidatura, ma le sue dichiarazioni odierne vengono lette da più parti come il primo discorso da aspirante premier. Sulla strada per la leadership troverà Boris Johnson, l’ex sindaco di Londra, praticamente il leader non ufficiale della campagna Leave, tra i primi a replicare alle dichiarazioni del ministro dell’Economia.
“Penso che sia una buona notizia che il cancelliere dello Scacchiere George Osborne abbia detto parole rassicuranti ai mercati ed è chiaro ormai che la paura è passata: non ci sarà un bilancio di emergenza, le pensioni delle persone sono sicure, la sterlina è stabile, i mercati sono solidi e penso che è tutto questo sia una buona notizia”, ha detto l’ex primo cittadino della Capitale, autore tra l’altro di un intervento sul Daily Telegraph in cui spiega che la Gran Bretagna “intensificherà” la collaborazione con Bruxelles in un certo numero di settori, come la scienza, la cultura e l’educazione, ma Londra allo stesso tempo si “svincolerà” dall’ottuso sistema di regole dell’Ue.
Labour spaccati, ministri ombra ritirano sostegno a Corbyn
Il terremoto della vittoria del Leave ha inoltre spaccato il Labour, dove 12 ministri del governo ombra hanno ritirato il proprio sostegno al leader Jeremy Corbyn. Che, però, non intende fare un passo indietro, nonostante sia stato criticato dai suoi per non aver sostenuto con scarso impegno e messaggi tardivi il voto per rimanere in Ue. E oggi dovrà affrontare oggi il dibattito sulla mozione di sfiducia presentata venerdì da due deputate, Margaret Hodge e Ann Coffey, mentre Tom Watson, il vice leader dei Labour, lo ha accusato di non aver “più autorità” tra i deputati dopo le dimissioni del governo ombra.
“Mi dispiace vi siano state dimissioni dal mio governo ombra – ha detto Corbyn -. Ma io non ho intenzione di tradire la fiducia di coloro che hanno votato per me, o dei milioni di sostenitori in tutto il Paese che hanno bisogno che i Labour li rappresentino”. “Coloro che vogliono cambiare la leadership del partito dovranno partecipare a un’elezione democratica, in cui io mi ricandiderò”, ha aggiunto Corbyn, spiegando che “nel corso delle prossime 24 ore rimodellerò il mio governo ombra e annuncerò un nuovo gruppo dirigente per portare avanti la campagna dei Labour per una Gran Bretagna più equa e per ottenere le migliori condizioni con l’Europa per il nostro popolo”.