Cominciano a sgretolarsi, una dopo l’altra. La trattativa tra Londra e Bruxelles non è neanche cominciata, e non avrà inizio fino a quando la prima non invocherà l’ormai celebre articolo 50 del Trattato di Lisbona, ma su alcune tra le più roboanti promesse su cui aveva fondato la campagna referendaria il fronte del Leave ha già fatto dietrofront.
“Con la Brexit 350 milioni a settimana al Nhs”. Non è vero – I primi a cadere sono stati i 350 milioni di sterline a settimana che, secondo la campagna del fronte euroscettico, in caso di Brexit non avrebbero mai più preso la via di Bruxelles e sarebbero finiti nelle casse del National Health Service, il servizio sanitario nazionale. Sarebbero stati sufficienti a “costruire un nuovo ospedale con relativo staff sanitario ogni settimana”. E’ toccato a Nigel Farage l’arduo compito del dietrofront. Intervistato durante il programma Good Morning Britain su Itv, il leader dell’Ukip (United Kingdom Independence Party) ha dovuto ammettere che non ci sarà alcun trasferimento: “È stato fatto un errore. Non posso garantire che tanto denaro andrà al servizio sanitario pubblico, è una cosa che mai sosterrei”, ha dichiarato con virgineo candore. “Era solo propaganda?“, ha chiesto la conduttrice. “Non era un mio slogan“, ha ribattuto imperturbabile il leader. Dimenticando che sui bus della campagna la promessa ha campeggiato per settimane. Persino la cifra era errata: secondo l’Institute for Fiscal Studies, il contributo settimanale del Regno Unito al budget comunitario sarebbe di 150 milioni di pound.
Gove: “Limiteremo numero degli immigrati”. Ora si moltiplicano i dubbi – Con 330mila ingressi nell’ultimo anno, è stata l’immigrazione la pietra angolare della campagna per il “sì” alla Brexit. “Punto di rottura“, era la scritta che ha campeggiato per mesi sui manifesti dell’Ukip che ritraevano una lunghissima fila di migranti: “Dobbiamo liberarci dall’Ue e riprendere il controllo dei nostri confini”. Tutto il fronte euroscettico ha intonato per mesi il coro unanime secondo cui sarebbe stato impossibile per il governo limitare gli ingressi se il Paese fosse rimasto nel novero del 28. Con l’addio a Bruxelles, sottolineava il segretario alla Giustizia Michael Gove, sarebbe stato possibile “abbassarne il numero” entro il 2020. Venerdì è stato Daniel Hannan, europarlamentare tra i più autorevoli esponenti del fronte del “sì”, a ridimensionare le prospettive: “Francamente – ha spiegato alle telecamere di Bbc News – se la gente che ci sta guardando pensa che ora l’immigrazione dai Paesi Ue sarà ridotta a zero, rimarrà delusa“.
Fronte Leave: “Stop ingressi dei cittadini Ue”. Poi Johnson: “Loro diritti saranno garantiti” – Un sistema a punti simile a quello utilizzato in Australia per consentire l’ingresso solo ai cosiddetti higly skilled migrants, gli immigrati qualificati. Era stato uno dei pilastri delineati per il Regno Unito una volta uscito dall’Ue. Pilastro ridimensionato da quel Boris Johnson che ha cavalcato da leader del fronte Leave l’ondata euroscettica per costruirsi un futuro da leader dei Tory: “I cittadini britannici potranno continuare a viaggiare, studiare, vivere, stabilirsi e lavorare nell’Ue”, scrive il 26 giugno (due giorni dopo il referendum) l’ex sindaco di Londra nella rubrica che tiene sul quotidiano The Telegraph. Dimenticandosi di sottolineare che si tratta di un diritto che difficilmente Bruxelles continuerà a garantire senza qualche forma di reciprocità. “I cittadini dell’Unione Europea che vivono in questo Paese vedranno i loro diritti garantiti appieno”, arriva ad assicurare l’ex sindaco di Londra dopo che la campagna degli euroscettici ha battuto per mesi sul tasto del taglio dell’assistenza sociale e sanitaria agli immigrati.
Johnson: “Resteremo nel mercato unico”. Merkel: “No, senza libera circolazione dei cittadini” – Le trattative non sono ancora iniziate, ma Angela Merkel mette i primi paletti a un’altra delle promesse chiave firmate dal fronte del Leave: quella secondo cui Londra manterrà con l’Unione europea i vincoli commerciali (tra le due sponde della Manica “il libero commercio continuerà ad esistere, così come l’accesso al mercato unico“, scrive Johnson nella sua rubrica), restringendo però l’accesso dei cittadini comunitari al territorio britannico. Parlando il 28 giugno al Bundestag, la cancelliera ha sottolineato che per mantenere il “privilegio“, Londra dovrà permettere la libera circolazione dei cittadini comunitari: “L’accesso libero al mercato comune lo ottiene chi accetta le quattro libertà fondamentali europee: quella delle persone, dei beni, dei servizi e del capitale”, ha sottolineato la cancelliera, spiegando che “deve esserci e ci sarà una differenza palpabile tra essere e non essere parte della famiglia europea. Chi se ne vuole andare da questa famiglia non può sperare che gli obblighi spariscano e che si mantengano i privilegi”. Un concetto ribadito al termine della riunione informale del Consiglio Ue di mercoledì dai presidenti della Commissione e del Consiglio Ue, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk.
“Nessun cambiamento improvviso sconvolgerà l’economia”. Poi il crollo di sterlina e titoli bancari – “Quando parlate con le persone – scrivono in un messaggio ai sostenitori della campagna per il Leave Boris Johnson e Michael Gove il 22 giugno, giorno prima del voto – assicurate loro che dopo aver votato ‘sì’ nessun cambiamento improvviso sconvolgerà l’economia”. Invece il 24 giugno, a risultato ormai consolidato, la sterlina crolla: la moneta inglese arriva a perdere oltre il 10% sul dollaro, raggiungendo quota 1,33 dollari, il livello più basso dal 1985, e perdendo il 6% nei confronti dell’euro. Conseguenze ipotizzabili sul breve periodo, ma gli effetti nefasti del voto si sono fatti sentire alla Borsa di Londra anche su banche, compagnie aeree e titoli immobiliari. E le previsioni di crescita per l’economia britannica sono state riviste al ribasso.
Fox: “Sono state dette diverse cose che meriterebbero di essere ripensate” – La fotografia della situazione la scatta Liam Fox, ex ministro, notabile Tory tra i più autorevoli e attivi esponenti del fronte del Leave: “Prima di questo referendum sono state dette molte cose alle quali sarebbe meglio ripensare“, ha ammesso alla Bbc l’ex ministro conservatore.
Zonaeuro
Brexit. Sanità, immigrati, economia: già crollano le promesse del fronte “Leave”
I "350 milioni di sterline a settimana al Servizio sanitario nazionale"? Non ci saranno. I limiti al numero di ingressi dai Paesi dell'Ue? "Mai detto". Non solo: da "nessuna conseguenza per l'economia" a "resteremo nel mercato unico": la trattativa tra Londra e Bruxelles non è neanche cominciata, ma il fronte del "sì" ha già fatto dietrofront su alcuni dei principali annunci su cui aveva fondato la campagna referendaria
Cominciano a sgretolarsi, una dopo l’altra. La trattativa tra Londra e Bruxelles non è neanche cominciata, e non avrà inizio fino a quando la prima non invocherà l’ormai celebre articolo 50 del Trattato di Lisbona, ma su alcune tra le più roboanti promesse su cui aveva fondato la campagna referendaria il fronte del Leave ha già fatto dietrofront.
“Con la Brexit 350 milioni a settimana al Nhs”. Non è vero – I primi a cadere sono stati i 350 milioni di sterline a settimana che, secondo la campagna del fronte euroscettico, in caso di Brexit non avrebbero mai più preso la via di Bruxelles e sarebbero finiti nelle casse del National Health Service, il servizio sanitario nazionale. Sarebbero stati sufficienti a “costruire un nuovo ospedale con relativo staff sanitario ogni settimana”. E’ toccato a Nigel Farage l’arduo compito del dietrofront. Intervistato durante il programma Good Morning Britain su Itv, il leader dell’Ukip (United Kingdom Independence Party) ha dovuto ammettere che non ci sarà alcun trasferimento: “È stato fatto un errore. Non posso garantire che tanto denaro andrà al servizio sanitario pubblico, è una cosa che mai sosterrei”, ha dichiarato con virgineo candore. “Era solo propaganda?“, ha chiesto la conduttrice. “Non era un mio slogan“, ha ribattuto imperturbabile il leader. Dimenticando che sui bus della campagna la promessa ha campeggiato per settimane. Persino la cifra era errata: secondo l’Institute for Fiscal Studies, il contributo settimanale del Regno Unito al budget comunitario sarebbe di 150 milioni di pound.
Gove: “Limiteremo numero degli immigrati”. Ora si moltiplicano i dubbi – Con 330mila ingressi nell’ultimo anno, è stata l’immigrazione la pietra angolare della campagna per il “sì” alla Brexit. “Punto di rottura“, era la scritta che ha campeggiato per mesi sui manifesti dell’Ukip che ritraevano una lunghissima fila di migranti: “Dobbiamo liberarci dall’Ue e riprendere il controllo dei nostri confini”. Tutto il fronte euroscettico ha intonato per mesi il coro unanime secondo cui sarebbe stato impossibile per il governo limitare gli ingressi se il Paese fosse rimasto nel novero del 28. Con l’addio a Bruxelles, sottolineava il segretario alla Giustizia Michael Gove, sarebbe stato possibile “abbassarne il numero” entro il 2020. Venerdì è stato Daniel Hannan, europarlamentare tra i più autorevoli esponenti del fronte del “sì”, a ridimensionare le prospettive: “Francamente – ha spiegato alle telecamere di Bbc News – se la gente che ci sta guardando pensa che ora l’immigrazione dai Paesi Ue sarà ridotta a zero, rimarrà delusa“.
Fronte Leave: “Stop ingressi dei cittadini Ue”. Poi Johnson: “Loro diritti saranno garantiti” – Un sistema a punti simile a quello utilizzato in Australia per consentire l’ingresso solo ai cosiddetti higly skilled migrants, gli immigrati qualificati. Era stato uno dei pilastri delineati per il Regno Unito una volta uscito dall’Ue. Pilastro ridimensionato da quel Boris Johnson che ha cavalcato da leader del fronte Leave l’ondata euroscettica per costruirsi un futuro da leader dei Tory: “I cittadini britannici potranno continuare a viaggiare, studiare, vivere, stabilirsi e lavorare nell’Ue”, scrive il 26 giugno (due giorni dopo il referendum) l’ex sindaco di Londra nella rubrica che tiene sul quotidiano The Telegraph. Dimenticandosi di sottolineare che si tratta di un diritto che difficilmente Bruxelles continuerà a garantire senza qualche forma di reciprocità. “I cittadini dell’Unione Europea che vivono in questo Paese vedranno i loro diritti garantiti appieno”, arriva ad assicurare l’ex sindaco di Londra dopo che la campagna degli euroscettici ha battuto per mesi sul tasto del taglio dell’assistenza sociale e sanitaria agli immigrati.
Johnson: “Resteremo nel mercato unico”. Merkel: “No, senza libera circolazione dei cittadini” – Le trattative non sono ancora iniziate, ma Angela Merkel mette i primi paletti a un’altra delle promesse chiave firmate dal fronte del Leave: quella secondo cui Londra manterrà con l’Unione europea i vincoli commerciali (tra le due sponde della Manica “il libero commercio continuerà ad esistere, così come l’accesso al mercato unico“, scrive Johnson nella sua rubrica), restringendo però l’accesso dei cittadini comunitari al territorio britannico. Parlando il 28 giugno al Bundestag, la cancelliera ha sottolineato che per mantenere il “privilegio“, Londra dovrà permettere la libera circolazione dei cittadini comunitari: “L’accesso libero al mercato comune lo ottiene chi accetta le quattro libertà fondamentali europee: quella delle persone, dei beni, dei servizi e del capitale”, ha sottolineato la cancelliera, spiegando che “deve esserci e ci sarà una differenza palpabile tra essere e non essere parte della famiglia europea. Chi se ne vuole andare da questa famiglia non può sperare che gli obblighi spariscano e che si mantengano i privilegi”. Un concetto ribadito al termine della riunione informale del Consiglio Ue di mercoledì dai presidenti della Commissione e del Consiglio Ue, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk.
“Nessun cambiamento improvviso sconvolgerà l’economia”. Poi il crollo di sterlina e titoli bancari – “Quando parlate con le persone – scrivono in un messaggio ai sostenitori della campagna per il Leave Boris Johnson e Michael Gove il 22 giugno, giorno prima del voto – assicurate loro che dopo aver votato ‘sì’ nessun cambiamento improvviso sconvolgerà l’economia”. Invece il 24 giugno, a risultato ormai consolidato, la sterlina crolla: la moneta inglese arriva a perdere oltre il 10% sul dollaro, raggiungendo quota 1,33 dollari, il livello più basso dal 1985, e perdendo il 6% nei confronti dell’euro. Conseguenze ipotizzabili sul breve periodo, ma gli effetti nefasti del voto si sono fatti sentire alla Borsa di Londra anche su banche, compagnie aeree e titoli immobiliari. E le previsioni di crescita per l’economia britannica sono state riviste al ribasso.
Fox: “Sono state dette diverse cose che meriterebbero di essere ripensate” – La fotografia della situazione la scatta Liam Fox, ex ministro, notabile Tory tra i più autorevoli e attivi esponenti del fronte del Leave: “Prima di questo referendum sono state dette molte cose alle quali sarebbe meglio ripensare“, ha ammesso alla Bbc l’ex ministro conservatore.
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Politica
La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
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A Milano indagine per evasione fiscale su Twitter-X. Mancati pagamenti Iva per 12,5 milioni
Cronaca
Francesco, condizioni critiche ma stazionarie: “Nuova tac di controllo”. Ha visto il cardinale Parolin. Buenos Aires in ansia per il ‘suo’ Papa
Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.