Tanto tuonò, che alla fine piovve. Il primo incidente mortale di un’auto a guida autonoma è ormai triste realtà. Anzi lo è dal 7 maggio scorso (anche se l’ente nazionale per il traffico americano NHTSA lo aveva tenuto nascosto per effettuare un’inchiesta), giorno in cui il 40enne Joshua D. Brown decise di lasciare il volante della sua Tesla S mentre viaggiava su un’autostrada in Florida inserendo l’autopilota: mentre lui, un ex marine, guardava un film di Harry Potter, la sua auto è andata a schiantarsi contro un tir che viaggiava sulla corsia opposta e stava svoltando a sinistra.
“Andava talmente veloce”, ha raccontato il 62enne conducente del tir Frank Baressi, “che si è infilato sotto il rimorchio senza che riuscissi neanche a vederlo”. Com’è stato possibile, visto che la stessa Tesla ha sottolineato che si tratta del primo incidente mortale in oltre 130 milioni di miglia percorse con l’autopilota?
L’azienda californiana ha spiegato sul suo sito web che ad ingannare il sistema è stato il colore del tir: il lato bianco, perpendicolare all’auto, non sarebbe stato distinto dal cielo che in quel momento era particolarmente luminoso. In pratica sensori e telecamere hanno confuso la fiancata chiara del mezzo con il cielo, non rilevando l’ostacolo.
“Circostanze rare”, le definiscono alla Tesla, che tuttavia hanno prodotto un mix fatale. E che fanno tornare alla mente quanto dichiarato non molto tempo fa da Peter Mertens, ingegnere responsabile della ricerca e sviluppo Volvo: “Ogni volta che guido una Tesla con l’Autopilot inserito, ho l’impressione che l’auto stia cercando di uccidermi”, tanto il sistema è poco affidabile.
In realtà, dalla Tesla fanno sapere che l’Autopilot è una funzione d’assistenza, che tuttavia non si sostituisce completamente al guidatore. Il quale, perciò, deve sempre tenere le mani sul volante ed essere pronto a intervenire in situazioni di emergenza che la vettura segnala con allarmi visivi e acustici. Si tratta, dunque, di una modalità di guida semi (e non completamente) automatica, per cui l’intervento umano risulta ancora determinante e non eludibile: “non è perfetta e quindi richiede sempre al conducente di rimanere all’erta. Tuttavia, sicuramente riduce il carico di lavoro del guidatore e migliora la sicurezza rispetto alla guida manuale”.
Restano, infine, le parole del patron Elon Musk per la morte di “un amico di Tesla, una persona che ha speso la sua vita per l’innovazione e la promessa della tecnologia, e che ha creduto fortemente nella nostra missione“. E che avrebbe meritato un’auto più sicura.