I nodi del Monte dei Paschi di Siena arrivano al pettine mentre il governo italiano cerca di ottenere dalla Ue una deroga alla direttiva sul bail in per poter entrare nel capitale degli istituti in crisi. O almeno salvaguardare gli obbligazionisti subordinati retail (cioè i piccoli risparmiatori), rimborsandoli per la perdita che subirebbero in base alla nuova normativa sul “salvataggio interno”. La Bce, in una missiva che secondo Repubblica è stata recapitata a Rocca Salimbeni il 22 giugno, alla vigilia del referendum sulla Brexit, ha chiesto all’istituto senese di portare entro il 2018 le sofferenze lorde (il totale dei crediti la cui riscossione è a rischio) a non più di 32,4 miliardi dai 46,9 del 2015, mentre quelle nette (depurate dalle svalutazioni) dovrebbero scendere di dieci miliardi, da 24,2 a 14,6 miliardi. Vendere sul mercato quei crediti ai prezzi attuali, però, potrebbe rendere necessario un nuovo aumento di capitale. Così la notizia dell’ultimatum, confermata in mattina dalla stessa Mps, ha fatto crollare di un altro 14% il valore del titolo, che in sei mesi ha perso quasi il 73%. Lunedì l’azione ha toccato un nuovo minimo storico: 0,32 euro.
Intanto il Financial Times riferisce in prima pagina che il premier Matteo Renzi per salvaguardare il sistema è pronto a “mosse unilaterali“, non concordate con Bruxelles. Leggi l’intervento dello Stato, con soldi pubblici, per far andare in porto le ricapitalizzazioni degli istituti più deboli. Non è un mistero che proprio il Monte è in cima alla lista di quelli che potrebbero non superare i nuovi stress test di cui l’Eurotower comunicherà l’esito a fine mese. Palazzo Chigi ha smentito, ribadendo – Renzi l’aveva detto domenica in un’intervista su SkyTg24 – che “predilige le soluzioni di mercato“. Secondo gli analisti di Fitch, le mosse del governo non fanno altro che evidenziare le già evidenti debolezze del settore in Italia.
Il Monte: “Richieste in linea con gli obiettivi”. Titoli ancora a picco in Borsa – Stando alla nota diffusa a metà mattinata, la banca guidata da Fabrizio Viola ha “avviato immediatamente le interlocuzioni con la Banca Centrale Europea al fine di comprendere l’esatta portata di tutte le indicazioni contenute nella bozza di decisione e di presentare le proprie deduzioni al riguardo in vista della decisione finale, la cui emissione è prevista entro la fine del mese di luglio 2016″. Tra il resto, l’istituzione guidata da Mario Draghi vuole che il Monte dei Paschi fornisca entro il prossimo 3 ottobre 2016 un piano che definisca quali misure possano essere adottate per ridurre al 20% il rapporto tra i crediti deteriorati e il totale dei crediti, la cosiddetta Npl ratio.
Le richieste della Bce, secondo Mps, “sono in linea con gli obiettivi di un programma di specifiche azioni recentemente approvato dai competenti organi della Banca e contestualmente sottoposto alle valutazioni della Bce, finalizzato all’incremento dell’importo delle dismissioni di non performing loans (crediti deteriorati, ndr) già previsto nel piano industriale 2016/2018″. Quel piano, tuttavia, prevedeva la cessione di solo 5,5 miliardi di crediti in sofferenza. Il problema di fondo è il prezzo a cui verranno venduti: Mps nel proprio bilancio li ha indicati, in media, a un valore pari al 39% di quello nominale. Vale a dire che su 100 euro di sofferenza conta di recuperarne 39. Ma sul mercato ne valgono intorno a 20. Cederli a quella cifra significa creare un “buco” di oltre 2 miliardi nel capitale, che andrebbe coperto con un nuovo aumento. Missione assai difficile in questa fase di turbolenze e per una banca che in Borsa, dopo i tonfi degli ultimi mesi e la seduta di lunedì chiusa con un ulteriore -14%, è arrivata a valere meno di 1 miliardo. La scorsa settimana la banca ha ufficializzato che pagherà in contanti, e non in titoli, gli ultimi interessi sui Monti bond dovuti al Tesoro. Che la scorsa estate per effetto del pagamento in azioni di 240 milioni di interessi è diventato azionista con il 4 per cento del capitale.
Ft: “Italia pronta a mossa unilaterale che ammaccherà credibilità Ue” – Del caso Mps si parlerà lunedì pomeriggio nel corso di una riunione tra Tesoro, Cassa depositi e prestiti e rappresentanti del fondo Atlante, creato in aprile con la regia di via XX Settembre e risorse del sistema bancario (ma anche di Cdp) per sostenere gli istituti più deboli. Fonti di Palazzo Chigi hanno smentito la volontà di “sfidare” Bruxelles di cui ha dato conto il Financial Times, sostenendo che il premier “predilige le soluzioni di mercato, nel rispetto delle regole vigenti in Europa”. Il quotidiano britannico ha scritto che “l’Italia è pronta a sfidare la Ue e a pompare unilateralmente miliardi di euro nel suo sistema bancario in difficoltà se arrivasse un grave pericolo sistemico”: “Una mossa da ultima ratio che darebbe uno schiaffo alla nuova normativa del blocco europeo per gestire le banche in difficoltà” e “ammaccherebbe la credibilità della Ue”. Più avanti nel servizio, l’Ft osserva che “le quattro maggiori banche italiane hanno da sole 85 miliardi di non performing loans” ed aggiunge che “crescono le preoccupazioni sui risultati dello stress test di questo mese e sul referendum costituzionale in Italia a ottobre, sul quale Renzi ha messo in gioco il suo posto”. “Citigroup ha descritto il voto come ‘probabilmente il più alto rischio singolo nel panorama politico europeo di quest’anno al di là del Regno Unito'”, nota il giornale.
Bruxelles: “Diverse soluzioni per affrontare carenze di capitale senza effetti negativi sul retail” – Il portavoce della Commissione europea per la concorrenza Ricardo Cardoso ha ulteriormente confermato che “siamo in contatto con le autorità italiane. Sulla base di diversi precedenti, ci sono un certo numero di soluzioni che possono essere messe in campo che sarebbero pienamente in linea con le regole dell’Ue per affrontare carenze di liquidità o di capitale nelle banche, senza effetti negativi per gli investitori retail”. Quanto alle notizie sui contrasti tra il governo italiano e la Commissione, “abbiamo visto l’articolo e abbiamo visto anche la smentita”, conclude Cardoso.
Le garanzie per la liquidità e la trattativa sulle ricapitalizzazioni – La scorsa settimana Palazzo Chigi ha ottenuto il via libera a concedere garanzie pubbliche fino a 150 miliardi per supportare la liquidità degli istituti, ma Bruxelles continua a fare resistenza di fronte alla richiesta di deroghe anche sul fronte delle ricapitalizzazioni. Nel fine settimana diversi quotidiani hanno riferito che la Commissione è disposta a permettere all’Italia, nel caso si renda necessario il bail in di una banca, di salvaguardare gli obbligazionisti retail. Chiusura totale, però, per quanto riguarda gli istituzionali, che dovrebbero dunque rassegnarsi a vedere azzerati i soldi investiti. Secondo l’agenzia Fitch, “non sarà facile per l’Italia strappare un sì all’Unione europea”, in quanto un intervento dello Stato nel capitale delle banche è esplicitamente vietato dall’articolo 108 del Trattato di funzionamento dell’Unione europea.