Una “barbarie illegale” contro “un uomo di ottant’anni da tempo fiaccato da una malattia neurodegenerativa”. Angelino Alfano torna a scagliarsi contro le intercettazioni che coinvolgono nell’inchiesta “Labirinto” condotta dalla Procura di Roma, dopo il fratello Alessandro, un altro membro della sua famiglia: suo padre. Diversi esponenti delle opposizioni chiedono le dimissioni del ministro dell’Interno, che rimanda al mittente: “Non ci sarà nessun ‘caso Lupi 2‘”.
Qual è l’intercettazione che ha scatenato la nuova reazione del capo del Viminale? E’ un virgolettato contenuto nella richiesta di arresto dei pm, in cui Marzia Capaccio, segretaria indagata di Raffaele Pizza, arrestato dalla Guardia di Finanza, spiega a tale Elisabetta C. che Alfano senior avrebbe mandato ben 80 curriculum per assunzioni alle Poste. “Noi gli abbiamo sistemato la famiglia – scandisce la Capaccio – la sera prima mi ha chiamato suo padre… Mi ha mandato 80 curriculum… 80… dicendomi… non ti preoccupare… tu buttali dentro… la situazione la gestiamo noi… e il fratello comunque è un funzionario di Poste…. anzi è un amministratore delegato di Poste…”.
“Oggi la barbarie illegale arriva a farmi scoprire, dalle intercettazioni tra due segretarie – ha detto Alfano – che un uomo di ottant’anni, il cui fisico è da tempo fiaccato da una malattia neurodegenerativa che non lo rende pienamente autosufficiente, avrebbe fatto pressioni presso le Poste per non so quale fantastiliardo di segnalazioni”. “Le due signore che parlano, anche insultandomi – rileva ancora – non so chi siano, ma quell’uomo lo conosco bene perché è mio padre ed è indegno dare credito e conto a ciò che i magistrati avevano scartato dopo avere studiato”. “Nel frattempo – aggiunge – il contenuto reale dell’inchiesta giudiziaria passa in secondo ordine in spregio ai tanti uomini dello Stato che a quella inchiesta si sono applicati”.
Critiche simili nel tono a quelle mosse già martedì da Alfano, quando nell’inchiesta era comparso il nome di suo fratello Alessandro, tirato in ballo da Pizza che, intercettato dai finanzieri il 9 gennaio 2015, vantava di averlo fatto assumere in una società delle Poste: “Gli ho fatto avere 160 mila” euro. “Siamo di fronte al ri-uso politico degli scarti di un’inchiesta giudiziaria – sibilava Alfano – ciò che i magistrati hanno studiato, ritenendolo non idoneo a coinvolgermi in alcun modo, viene usato per fini esclusivamente politici. Le intercettazioni non riguardano me, bensì terze e quarte persone che parlano di me. Persone, peraltro, che non vedo e non sento da anni”. “Io – aggiungeva il ministro – rimango fermo a quanto valutato da chi l’inchiesta l’ha studiata e portata avanti e ha ritenuto di non coinvolgermi. Il resto appartiene al lungo capitolo dell’uso mediatico delle intercettazioni. Ma questo è un discorso ben noto a tutti, che si trascina da anni, diventando ormai una vera e propria telenovela legislativa”.
Le opposizioni chiedono le dimissioni di Alfano. “Le vicende familiari, sulle quali avevamo presentato una interrogazione già nel 2013 senza ottenere nessuna risposta – afferma il capogruppo dei deputati di Sinistra Italiana, Arturo Scotto – e quelle di alcuni esponenti del partito del Ministro dell’Interno sono gravi e destano parecchie preoccupazioni. L’Italia, in un momento così particolare, non può avere a capo del Viminale un ministro dimezzato e distratto da altro. Alfano faccia un gesto di responsabilità e si dimetta“.
A sinistra Italiana si accoda immediatamente il Movimento 5 Stelle. “Poste Italiane SpA, sta per “Poste Italiane Società per Alfano”? – domandano ironicamente i capigruppo M5S di Camera e Senato Laura Castelli e Stefano Lucidi – le intercettazioni telefoniche inchiodano letteralmente il ministro degli Interni del governo Renzi. Tra il padre che invia 80 curriculum alle Poste e l’assunzione del fratello del ministro nella stessa società, dovrebbe rassegnare oggi stesso le dimissioni”. “Tra l’altro il caso dell’assunzione del fratello di Alfano fu denunciato nel 2013 dal Movimento 5 Stelle il 18 settembre 2013 in una interrogazione a prima firma Andrea Coletti che non ha mai avuto risposta” continuano Castelli e Lucidi.
Nutrita anche la schiera dei difensori del ministro dell’Interno. “Trovo indecente lo sciacallaggio mediatico che si nutre di bocconi di intercettazioni ritenute irrilevanti dai magistrati che le hanno visionate ma date in pasto illecitamente da qualche manina alle redazioni dei giornali – attacca Maurizio Lupi, presidente dei deputati di Area popolare – Angelino Alfano e le persone a lui care si ritrovano così sbattute in prima pagina per il contenuto di telefonate in cui persone terze parlando fra loro citano presunti fatti di favoritismi tutt’altro che dimostrati e che sia nel tono che nel contenuto sanno di millanterie”.
Le dimissioni sono una eventualità non considerata dal ministro, che dopo il question time alla Camera ha incontrato per diversi minuti i suoi deputati parlando, tra gli altri, con Antonio Bosco, Dore Misuraca, Paolo Alli, Sergio Pizzolante. “Non ci sarà un ‘caso Lupi 2′” le dimissioni sono escluse , avrebbe detto Alfano, secondo cui l’inchiesta”è un attacco al governo e a questa classe dirigente dopo una operazione di accreditamento del Movimento 5 stelle”. Per quanto riguarda invece la spaccatura all’interno del partito con le ipotetiche fuoriuscite, Alfano assicura: “Saranno al massimo due o tre”.