Ancora positivo, stavolta senza più appello o beneficio del dubbio. Per la Iaaf (la Federazione internazionale di Atletica leggera) Alex Schwazer è dopato a tutti gli effetti. Di nuovo, per sempre: anche le controanalisi richieste dal marciatore altoatesino hanno confermato la presenza di testosterone nelle sue urine. Sospeso con effetto immediato, non potrà andare ai Giochi di Rio de Janeiro 2016. L’ultimo passo sarà la squalifica a vita, comunque dopo quelle Olimpiadi che avrebbero dovuto segnare la sua redenzione e di cui invece sarà solo grande assente.
La Iaaf (anche se manca ancora il comunicato ufficiale) ha reso noto l’esito delle controanalisi del famoso controllo a sorpresa del primo gennaio 2015, inizialmente negativo, poi diventato positivo a cinque mesi di distanza. Come spiegato dai tecnici della Federazione, i valori di quell’esame, inseriti all’interno del passaporto biologico dell’atleta, avrebbero presentato delle leggere anomalie, da cui l’esigenza di una seconda analisi. Per questo la provetta, spedita intanto da Colonia a Montreal, sarebbe stata riesaminata a maggio, evidenziando la presenza di tracce di testosterone. Impercettibili, trascurabili, ma spiegabili solo con l’assunzione di doping. Anche i test sul campione B di urine hanno dato lo stesso risultato, facendo scattare la sanzione cautelare. “Confermo che Schwazer è stato sospeso, per il resto stiamo valutando come procedere. Ci sono più possibilità, prenderemo una posizione entro il fine settimana”, ha detto Thomas Tiefenbrunne, uno degli avvocati del marciatore azzurro.
Con le controanalisi, la vicenda sulla carta è chiusa: dopo aver fermato l’atleta, la Iaaf farà partire il processo sportivo che porterà a rigor di logica alla radiazione (vista la recidività). In realtà, restano tanti dubbi sui tempi e suoi modi con cui il nome di Schwazer è stato di nuovo accostato al doping. Innanzitutto l’iter delle analisi: prima negative, poi positive, con la provetta sballottata dalla Germania al Canada, rianalizzata a distanza, e con l’esito comunicato con un mese di ritardo (solo a giugno: tempistica che ha accorciato al massimo le possibilità di difesa). Anche la sostanza è anomala: come spiegato dallo stesso Schwazer (che ha ammesso di averne fatto uso in passato), il testosterone aumenta la forza e la potenza, ed è inutile per una marciatore a cui serve soprattutto resistenza. Lui ha detto di avere la coscienza a posto e di non dover chiedere scusa a nessuno, questa volta. Il suo allenatore Sandro Donati, paladino dell’antidoping, ha sventolato e continua a sventolare lo spettro del complotto: “Non avevamo il minimo dubbio della conferma delle prime analisi: non conta nulla perché si tratta di una positività costruita a tavolino in maniera ributtante. Alex Schwazer è un atleta pulito, vittima di un vile agguato”. Di certo nessuno ha chiarito come sia stato possibile che sia prima che dopo quel 1° gennaio, nelle decine di controlli (programmati, volontari o a sorpresa) a cui è stato sottoposto l’atleta, tutto sia sempre risultato in perfetta regola.
Dopo aver scontato la squalifica per la positività prima delle Olimpiadi di Londra 2012, Alex Schwazer era tornato infatti alle gare lo scorso 8 maggio. E lo aveva fatto con una prestazione straordinaria ai Mondiali a squadre di Roma: primo posto, miglior tempo stagionale, molto vicino al suo record personale. Qualcuno aveva acclamato la rinascita di un grande campione, altri avevano fatto buon viso a cattiva sorte. Nessuno, però, si aspettava che il ritorno potesse essere inquinato da un nuovo scandalo doping. A questo punto la partecipazione alle Olimpiadi – guadagnata di diritto in strada, scontata fino a poche settimane fa – è praticamente impossibile. O quasi. La sospensione da parte della Iaaf di fatto estromette il marciatore dai Giochi. Resta una petizione lanciata da qualche tifoso su Change.org per permettere a Alex di andare in Brasile (che per il momento ha raccolto solo 3.800 firme, un po’ pochine in verità…). Soprattutto la carta della sospensiva, già ventilata dal suo legale Brandstatter, per cui però potrebbero non esserci i tempi tecnici. Salvo ulteriori, clamorosi colpi di scena, Schwazer a Rio non ci sarà. Perché recidivo al limite del diabolico, o vittima di un complotto orchestrato da chissà quale potere forte. La verità ancora non c’è (e chissà se mai ci sarà) in questo verdetto che è una pietra tombale per la sua carriera.