Sulla carta dovrebbe trattarsi di un decreto per ridurre iter e tempi burocratici sbloccando grandi opere e cantieri. Per l’opposizione nasconde la minaccia di una centralizzazione di decisioni strategiche per i territori bypassando l’autorità degli enti locali. È l’atto del governo numero 309, che sarà pubblicato nelle prossime settimane in Gazzetta ufficiale dopo avere ricevuto mercoledì il parere favorevole della commissione Affari costituzionali del Senato. Si tratta di uno dei provvedimenti attuativi della riforma della pubblica amministrazione e contiene norme per la semplificazione e l’accelerazione dei procedimenti amministrativi. Il documento mira a snellire le procedure che riguardano la realizzazione di “opere importanti per lo sviluppo economico e infrastrutturale del Paese” seguendo due strade: la riduzione fino al 50 per cento dei termini per la conclusione dei procedimenti e l’attribuzione al presidente del consiglio dei ministri, in caso di inerzia delle amministrazioni competenti, un apposito potere sostitutivo che gli permette di intervenire direttamente sui territori.
Per i senatori Cinque stelle Marco Scibona e Andrea Cioffi, della commissione Lavori pubblici e Trasporti di Palazzo Madama, il decreto però non è altro che una scorciatoia che permetterà al premier Matteo Renzi di “realizzare opere spesso inutili, anti-economiche e dannose per la collettività e l’ambiente aggirando la volontà democratica del territorio e degli enti locali”, attribuendo in pratica al governo poteri illimitati.
In effetti l’ambito di applicazione è molto ampio: si va dagli atti riguardanti insediamenti produttivi di preminente interesse nazionale alle infrastrutture strategiche, alle “opere di rilevante impatto sul territorio” fino all’“avvio di attività imprenditoriali che possono avere effetti sull’economia o sull’occupazione”. Per individuare i progetti da velocizzare e portare a compimento, il governo si avvarrà delle segnalazioni degli enti territoriali che arriveranno fino al 31 gennaio di ogni anno. Entro la fine di febbraio inoltre la presidenza del Consiglio potrà presentare ulteriori progetti, per poi procedere entro la fine di marzo all’individuazione di quelli a cui applicare concretamente le nuove disposizioni, che avranno effetto su autorizzazioni, licenze, concessioni, permessi o nulla osta.
“Dobbiamo prendere atto che questo Paese non aveva gli strumenti legislativi per intervenire sul fattore tempo, che penalizza molte grandi opere – spiega a ilfattoquotidiano.it il senatore Pd Francesco Russo, che ha illustrato il testo in commissione Affari costituzionali – Con questo atto cercheremo di intervenire per velocizzare le tempistiche rispettando sempre il principio della trasparenza”. Per il Movimento 5 stelle però il testo lascia troppa libertà di intervento al governo, soprattutto in ambiti delicati per i territori, come in tema rifiuti. “Nel recente codice appalti si parla di concertazione, che invece qui viene del tutto a mancare – attacca Scibona – Condanniamo questa procedura, è un’ulteriore dimostrazione del fatto che c’è un solo uomo al comando”.
E il potere del presidente del consiglio in questo riguarderà non solo opere e infrastrutture, ma anche gli atti delle amministrazioni per la tutela ambientale, paesaggistico-naturale o del patrimonio artistico-storico, per la tutela della salute e della pubblica incolumità. Quindi anche scarichi idrici, utilizzo delle terre e rocce da scavo, bonifiche ambientali e addirittura impianti di gestione rifiuti, di incenerimento e coincenerimento, che da sempre scatenano battaglie all’interno dei territori, con il rischio, secondo i Cinque stelle, di calare dall’alto strutture per lo smaltimento rifiuti anche contro il volere delle regioni e dei comuni. “La storia ci insegna che ci sono regioni inondate da spazzatura in cui nessuno si è fatto carico del problema rifiuti – continua il senatore Russo – ed è chiaro che se le amministrazioni non fanno quello che dovrebbero, il governo deve intervenire. Ma questa è l’extrema ratio a cui non si dovrebbe arrivare”.
Secondo il decreto infatti il coinvolgimento degli enti territoriali è escluso in caso di “preminente interesse nazionale alla realizzazione dell’opera”. Nel caso questo venga meno il presidente del consiglio può delegare il suo potere sostitutivo al presidente della Regione o al sindaco. Ma solo, appunto, dove non prevalga l’interesse nazionale del governo. “Se opere come le bonifiche di siti inquinati e la realizzazione di scarichi idrici e gli impianti di depurazione sono sicuramente una priorità per il Paese, di certo non lo sono impianti d’incenerimento o coincenerimento dei rifiuti oppure pericolose deroghe alle norme che aprono le porte all’indiscriminata cementificazione ed inquinamento del suolo e dell’aria – concludono i Cinque stelle – In ogni modo, ogni procedura dovrebbe rispettare le norme ordinarie ed anche europee di coinvolgimento dei cittadini e degli enti locali interessati”.