“E’ una cattiva notizia per gli investitori, comunque vada a finire”. Così Emad Mostaque, responsabile delle strategie della società di consulenza Ecstrat – specializzata nei mercati emergenti – ha commentato parlando con Blooomberg il tentato colpo di Stato in Turchia. Il fallimento del golpe, scenario che si è concretizzato nella notte, “vedrà spazzata via tutta la resistenza all’Akp“, il partito del presidente Erdogan, ha spiegato Mostaque, prefigurando “un aumento del premio al rischio per le azioni dei gruppi turchi in seguito all’aumento della tensione politica nel Paese. In effetti le ricadute economiche si sono fatte sentire subito, con il crollo della lira turca al valore più basso degli ultimi otto anni: la valuta ha perso il 4,78% passando a 3,0157 sul dollaro, nelle ore in cui la popolazione si accalcava ai bancomat per ritirare contanti.
Nel medio periodo, secondo gli analisti, ci saranno effetti interni sul fronte degli investimenti stranieri dai quali il Paese è fortemente dipendente per finanziare il proprio deficit. “La Turchia ha molto bisogno di prestiti esterni e sta uscendo da un periodo di boom del credito”, ha scritto in un report citato da Bloomberg Neil Shearing, capo economista di Capital Economics specializzato negli emergenti. “In questo scenario, un periodo prolungato di instabilità politica può innescare un serio declino dell’economia”.
In quel caso le conseguenze saranno pesanti anche per i partner commerciali di Ankara: dalla Russia e la Cina, che sono i principali, all’Italia, che secondo l’Ice è al quinto posto tra i fornitori di beni allo Stato turco. E il cui interscambio con il Paese si è andato sviluppando in parallelo con la crescita economica, che in Turchia viaggia ora intorno al 4% l’anno.
L’export di made in Italy nel Paese è ammontato lo scorso anno a oltre 10 miliardi di euro, contro 5,6 miliardi di import. La Turchia rappresenta il mercato di destinazione del 2,5% del totale delle esportazioni dell’Italia e la nostra quota di mercato nell’import complessivo del Paese è del 5%. I principali prodotti esportati sono macchinari e apparecchiature, con un peso del 22,8% sul totale export, seguiti dal coke e prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio e da autoveicoli, rimorchi e semirimorchi e prodotti chimici. Gli analisti ritengono che l’export potrebbe risentire delle tensioni politiche, che sono destinate a deprimere i consumi. Nell’immediato preoccupa sopratutto la reazione dei mercati lunedì mattina.