“Non riesco a immaginare un Paese che possa sostenere quest’uomo”. Parole pesanti, soprattutto se il riferimento è per gli Stati Uniti d’America, accusati di dare asilo al presunto ispiratore del fallito colpo di Stato turco. Nel day after del tentativo di golpe che nella notte ha provato- senza successo – a rovesciare il presidente Recep Tayyip Erdoğan si apre una delicata questione diplomatica tra la Turchia e gli Stati Uniti d’America. Un vero e proprio caso esploso con le parole del premier turco Binali Yildirim, che ha puntato il dito su Fethullah Gulen, magnate e religioso, ex amico e ora avversario numero uno del presidente Erdogan. E a poche ore dalla polemica a distanza tra Yildirim e il segretario di Stato americano, John Kerry, ecco che il consolato Usa lancia un messaggio sul web: le autorità turche avrebbero interrotto la fornitura di energia elettrica alla base di Incirlik, utilizzata dalla coalizione anti-Isis a guida Usa. A 24 ore del tentativo di colpo di Stato, insomma, l’emergenza in Turchia è tutt’altro che rientrata. Ma andiamo con ordine.
Già nella notte le massime autorità politiche della Turchia avevano indicato in Gulen l’ispiratore del fallito golpe messo in scena da una parte dell’esercito. Il diretto interessato, però, ha smentito ufficialmente qualsiasi coinvolgimento. “Condanno nei termini più forti il tentativo di colpo di stato militare in Turchia – ha detto dal suo esilio americano – come uno che ha sofferto sotto diversi colpi di stato militari nelle ultime cinque decadi, è particolarmente offensivo essere accusato di avere legami con un tentativo del genere. Respingo categoricamente queste accuse”. Parole che ovviamente non hanno modificato in alcun modo l’opinione dei leader turchi, dato che lo stesso imam ha puntato il dito contro il presidente turco: “C’è la possibilità che il golpe sia stata una messa in scena per continuare ad accusare i miei sostenitori”.
E adesso, mentre tra Istanbul e Ankara si procede all’arresto di massa dei congiurati e alla rimozione forzata di migliaia di giudici, il premier Yldirim è tornato alla carica: “Non riesco a immaginare – ha detto – un Paese che possa sostenere quest’uomo, questo leader di un’organizzazione terroristica, soprattutto dopo la scorsa notte. Un Paese che lo sostenga non è amico della Turchia. Sarebbe persino un atto ostile nei nostri confronti”. Un attacco diretto nei confronti degli Stati Uniti, visto che Gulen vive in in Pennsylvania , dove si è autoesiliato nel 1999. Yildirim, peraltro, ha ricordato che la Turchia ha già inviato una richiesta di estradizione per il nemico numero uno di Erdogan. Dichiarazione che però è stata subito smentita da John Kerry: il segretario di Stato americano, infatti, ha detto di non aver ricevuto alcuna istanza in tal senso. Poi ha invitato le autorità turche a consegnare le prove di un’eventuale coinvolgimento di Gulen nel tentativo di colpo di Stato: come dire che dopo il fallito golpe tra Washington e Ankara i rapporti si fanno sempre più tesi. E infatti per replicare a Kerry è arrivata in serata la richiesta ufficiale di Erdogan per ottenere l’estradizione dell’ex imam.
E dire che nella notte – quando a Istanbul e Ankara si vivevano ancora scene da guerra civile – il presidente statunitense Barack Obama aveva fatto sapere di sostenere il governo “democraticamente eletto” della Turchia, mentre lo stesso Kerry offriva l’aiuto degli Usa nelle indagini sul fallito golpe. Dichiarazioni che, però, nel giro di poche ore sembrano ormai valere carta straccia. Dopo le parole del premier Yildirim, infatti, sul web è arrivato un messaggio del consolato Usa nella città di Adana, a sud della Turchia: “Le autorità locali impediscono spostamenti da e per la base aerea di Incirlik. E’ stata interrotta la fornitura di corrente elettrica: per favore, evitare la base aerea fino a che non riprenderanno le normali operazioni”. La base di Incirlik, che si trova a 12 km a est di Adana, viene utilizzata dalla coalizione anti-Isis a guida Usa che interviene in Siria e Iraq. Ospita velivoli e militari di Usa, Germania, Gran Bretagna e Arabia Saudita. La situazione, insomma, è caotica e in continua evoluzione.
D’altra parte anche il New York Times rilancia una serie di preoccupazioni avanzate dall’amministrazione Obama dopo tentativo di golpe turco. “Nessuno si aspettava di vedere Erdogan su FaceTime per chiedere al popolo turco di scendere in piazza in sua difesa” afferma un diplomatico americano. Secondo funzionari Usa, le prossime 24 e 48 ore saranno cruciali per determinare se il tentato golpe avrà delle ripercussioni. “A differenza degli altri golpe in Turchia, questo non sembra avere l’implicito sostegno pubblico, che sembra diviso sull’ intervento militare”, sottolinea il giornale statunitense. Per Washington la domanda a questo punto è una sola: la Turchia sarà un partner affidabile nella battaglia all’Isis e nell’ospitare le forze americane?
E mentre la Federal Administration Aviation decide di cancellare tutti i voli americani da e per la Turchia, Peter Cook, portavoce del dipartimento della Difesa, fa sapere che l’attività alla base militare di Incirlik è stata al momento sospesa. Il governo turco ha chiuso lo spazio aereo ai velivoli militari: i funzionari americani sono al lavoro con quelli turchi per una ripresa delle attività. Le notizie che arrivano da Incirlik vengono valutate con attenzione dalla Casa bianca, dove il presidente Obama ha convocato la sua squadra per la sicurezza nazionale e per gli affari esteri. In serata, poi, ci pensato un portavoce di Kerry a provare e gettare acqua sul fuoco: “La Turchia è un partner impegnato nella Coalizione contro i militanti dello Stato Islamico e gli Stati Uniti si aspettano che la cooperazione continui, nonostante il tentato colpo di Stato”, ha detto, sottolineando che “gli Stati Uniti stanno lavorando con i funzionari turchi per cercare di riprendere le operazioni di volo presso la base aerea di Incirlik “il più presto possibile”. Il momento di tensione tra i due Paesi, in pratica, è ancora in continua evoluzione.