L’invito che suona come un monito: Ankara rispetti la democrazia. Ma anche la mano tesa: Washington è pronta a collaborare alle indagini sui responsabili del golpe. Il portavoce della Cara Bianca, Josh Earnest, ha reso noto che Barack Obama ha parlato con Recep Tayyip Erdogan, offrendogli appoggio nelle indagini sul tentato colpo di stato ma chiedendo che il governo mostri moderazione e rispetti lo stato di diritto: “Il principio della democrazia – ha detto – va rispettato anche mentre vengono condotte indagini”, come quelle in corso sui responsabili e partecipanti al fallito golpe.
La Casa Bianca ha fatto sapere, inoltre, che il governo turco ha depositato dei documenti sull’imam Fetullah Gulen, riferendo che nel colloquio tra Obama ed Erdogan è stato discusso lo status di Gulen, che vive da anni negli Usa e di cui Ankara vuole l’estradizione per il presunto coinvolgimento nel tentato golpe. “Se e quando gli Usa riceveranno una richiesta di estradizione dalla Turchia per l’imam Gulen essa sarà esaminata in base al trattato di estradizione”, ha spiegato Earnest. Ora il dipartimento di Stato e quello della Giustizia esamineranno questi documenti per vedere se essi costituiscono una richiesta formale di estradizione.
Turchia, continua il controgolpe: 80mila tra epurazioni e arresti – Le parole di Obama arrivano nel pieno del contro-golpe che Erdogan sta portando avanti in queste ore. Dopo aver neutralizzato nella notte tra venerdì e sabato il colpo di Stato organizzato da una parte dell’esercito, il presidente ha dato il via a una nuova ondata di arresti ed epurazioni in tutto il Paese. Dopo la riconsegna obbligatoria di armi e distintivi da parte di oltre 7mila agenti di polizia, il vicepremier e portavoce del governo di Ankara, Numan Kurtulmus, ha fatto sapere che il numero delle persone arrestate con l’accusa di complicità nel fallito golpe è salito a 9.322. E proseguono anche le “purghe”.
A causa di sospetti legami con la rete che fa capo a Gulen, il ministero dell’Educazione turco ha annunciato di aver sospeso 15.200 dipendenti e revocato la licenza d’insegnamento a 21 mila docenti che lavorano in scuole private. Il Consiglio per l’alta educazione (Yok), organo costituzionale responsabile della supervisione delle università turche, ha chiesto poi le dimissioni dei 1.577 rettori che guidano gli atenei nel Paese. Tra questi, 1.176 sono di università pubbliche e il resto di fondazioni universitarie. La Presidenza turca per gli Affari religiosi (Diyanet), massima autorità islamica che dipende dallo Stato, ha inoltre annunciato di aver allontanato 492 dipendenti – tra cui imam e docenti di religione. Divieto anche di funerale islamico per i golpisti uccisi.
Epurazioni in corso anche al Ministero della Famiglia e delle Politiche sociali, che – scrive l’agenzia di stampa Anadolu – ha sospeso 393 dipendenti. La scure del governo si abbatte anche sul sistema dell’informazione: il Consiglio supremo radiotelevisivo della Turchia (Rtuk) ha annullato oggi le licenze a “tutte le emittenti di radio e televisione che hanno dato sostegno ai cospiratori golpisti”, misura che colpisce circa 20 media legati a Gulen. Nella lista sono incluse Bugün TV e Samanyolu Haber, note per diffondere le idee del magnate. E mentre i servizi segreti, da parte loro, sospendono dal servizio circa 100 agenti, un tribunale di Istanbul ha rinviato a giudizio 278 persone con l’accusa di essere coinvolte nel tentativo di golpe. Nel complesso gli arresti e le epurazioni riguardano circa 80mila persone.
In mattinata Erdogan ha parlato a una folla di persone radunate davanti alla sua residenza a Istanbul nel quartiere di Kisikl, paragonando l’imam e magnate Fethullah Gulen, che ritiene essere il “mandante” del tentato golpe, a Bin Laden e anticipando che mercoledì 20 luglio, dopo la riunione del Consiglio di sicurezza di Ankara, sarà annunciata una importante decisione, che non ha voluto anticipare. Il capo dello Stato e torna anche sulla possibilità di introdurre la pena di morte di golpisti.
Un’ipotesi sulla quale si era scontrato a distanza con Angela Merkel, ma che assume contorni realistici sempre più realistici. Devlet Bahceli, leader del partito d’opposizione Mhp, ha infatti dichiarato che la proposta riceverebbe anche il sostegno dei suoi 40 deputati. “Se l’Akp (di Erdogan) è pronto – ha detto – anche noi lo siamo. Consideriamo la pena di morte e tutto ciò che è necessario”. E Erdogan ha ricordato che “la pena di morte c’è negli Stati Uniti, in Russia, in Cina e in diversi Paesi nel mondo. Solo in Europa non c’è”. In Turchia era stata eliminata, “ma non ci sono statuti irrevocabili”.
Interrogatori e rinvii a giudizio – Tra le persone rinviate a giudizio ci sono 13 ufficiali e soldati di alto rango, tutti accusati di “crimine contro il governo” e di “essere membri di un’organizzazione terroristica armata”. Tra loro ci sono anche 2 piloti, che a novembre parteciparono alle operazioni di abbattimento del jet russo al confine siriano. Un incidente dal quale è nata la crisi con Mosca, che è in via di risoluzione dopo che a fine giugno Erdogan ha inviato una lettera di scuse a Putin. Secondo l’Ufficio del procuratore capo di Istanbul, altri 900 sospetti sono ancora sotto interrogatorio. Secondo l’articolo 309 del Codice penale turco, chiunque venga riconosciuto colpevole di queste accuse “sarà punito con l’ergastolo”.
Erdogan in un’intervista tv ha ricordato anche la notte del tentato colpo di Stato in cui si trovava nel resort di Marmaris. “Se fossi rimasto” lì “10 o 15 minuti in più – ha detto – sarei stato ucciso o catturato”. Il presidente, poi, rilancia il progetto di modifica di piazza Taksim, che aveva scatenato nel 2013 la rivolta di Gezi Park. “Che lo vogliano o meno – ha detto – ricostruiremo la caserma ottomana, il primo teatro dell’opera al posto del Centro Culturale Ataturk e una moschea a piazza Taksim“.
“Gulen come Bin Laden” – Erdogan torna anche a parlare di Gulen, che vive in Pennsylvania. “Ora, io vorrei chiedere ai media internazionali: se avessero intervistato Bin Laden quando le torri gemelle sono state attaccate, cosa avreste pensato?”. Il premier turco Binali Yildirim conferma poi l’invio della richiesta ufficiale agli Stati Uniti per la sua estradizione, ai quali è stato chiesto di smetterla di “proteggerlo”. Una richiesta che finora Washington ha negato di avere ricevuto. E anche le Forze Armate di Ankara appoggiano la tesi del ruolo di Gulen. In un comunicato scrivono che i servizi segreti turchi informarono i vertici dell’esercito sulla preparazione di un tentativo di golpe alle 4 di venerdì pomeriggio, diverse ore prima del suo inizio. Lo stato maggiore dell’esercito, in una nota pubblicata sul suo sito, ribadisce che la maggior parte dei membri delle forze armate turche non aveva niente a che fare con il fallito tentativo di golpe.
Golpe, 264 vittime e 1.532 feriti – Secondo l’ultimo conteggio reso pubblico dall’agenzia stampa Anadolu, sono almeno 264 le persone morte nel fallito colpo di Stato. Tra quanti sono morti nel contrastare il tentato golpe ci sono 62 poliziotti, 5 soldati e 173 civili leali al governo, cui si aggiungono 1.532 feriti. Tra quanti invece vi hanno preso parte, 24 morti e 48 feriti. Tra i civili, 78 sono morti nella capitale, 94 a Istanbul. Sono 623 i civili feriti ancora in ospedale.