Un abbraccio tra una coppia gay con tanto di bimba/figlia tenuta per mano, le ultime battute e primi piani del compianto talento Anton Yelchin, e Sabotage dei Beastle Boys sparato a mille per sconfiggere i cattivi invasori forandogli i timpani. Queste le carte in tavola per il rilancio del franchise di Spock e compagnia Star Trek Beyond, diretto da Justin Lin, in sala addirittura prima in Italia (21 luglio) che negli Usa (22).
Tredicesima riproposizione cinematografica della saga infinita ideata per la tv da Gene Roddenberry nel 1966, questa volta il marchio rilanciato dal reboot di J.J.Abrams nel 2009 non sconta palesemente l’handicap degli auto-richiami della serialità. Perché Star Trek Beyond può tranquillamente rappresentare un qualunque punto autonomo e autoconclusivo dell’eterna lotta tra bene e male spaziale che vede di nuovo riapparire le orecchie a punta vulcaniane di Spock e la sagoma universale dell’Enterprise. Anzi, meglio dire subito che per la celebre astronave comandata dal capitano Kirk (Chris Pine) il destino si fa davvero infido. Il simbolo del viaggio, della scoperta di nuovi mondi e civiltà, viene questa volta messo a dura prova da navette puntute nemiche che la fanno andare fuori uso.
Guai seri per l’equipaggio appena tornato a casa per ricaricare le pile dopo l’ennesimo incontro con i piccoli alieni Teenaxi, che solo grazie ad un divertente gioco di prospettiva sembrano enormi ed ostili, ma poi risultano fastidiosi come i lillipuziani dei viaggi di Gulliver. Tono su tono, a livello di humor, per Star Trek Beyond. Si scherza poi si fa sul serio, si torna ad alleggerire e ancora un’accelerata verso il risvolto negativo. Già perché un’astronave con una fanciulla aliena, che usa una lingua sconosciuta, piomba nella tranquillità del popolo federato e la ragazza implora i santissimi omini con la giubba acrilica o gialla, o rossa, o azzurra, a esplorare la nebulosa lontana dove sarebbe sparito il suo equipaggio. Kirk non ci pensa due volte e l’Enteprise torna a volare, ma è una trappola ordita del mefitico Krall che vuole impossessarsi di una pietruzza depositata nel magazzino dell’astronave e per questo prova a distruggerla, facendo finire, in ordine sparso, tutti i protagonisti dell’Enterprise sul suolo montano lunare della nebulosa/pianeta ostile. Non andiamo oltre, ma ricordiamo che ogni classico stilema della serie, dal teletrasporto alla plancia/salotto dell’astronave, rimpinguano di senso un’avventura che corre a mille all’ora.
Complice una scelta dell’ultimo momento finché si vuole, perfino produttivamente arrabattata, ma l’alleggerimento di Simon Pegg (Montgomery Scott nel film) allo script fa letteralmente volare un copione che è stato limato geometricamente creando sequenze brevi da poche battute di scambio, sia che ci si trovi in un momento di stanca e rilancio, sia che si sia all’apice della tensione. L’idea di briosa sintesi è corroborata da una regia tecnicamente funambolica e da un montaggio iper rapido che ricorda realmente il recente passato di Lin capotreno degli ultimi episodi della saga di Fast and Furious. Si diceva poi di almeno un paio di particolari che fanno testo e paratesto. Intanto il povero Anton Yelchin nella sua ultima egregia interpretazione di Chekov, accento russo nell’originale inglese, tutto codici e soluzioni tecniche in plancia di comando. J.J. Abrams ha assicurato che non verrà sostituito. Poi c’è la sequenza in cui si evidenzia la normalità di una coppia gay, con una probabile figlia tenuta per mano. Parliamo dell’ufficiale in seconda Sulu (interpretato dal sudcoreano John Chu) che tornato a casa scende dall’Enteprise e abbraccia il (bel) compagno marcantonio che lo attende: insieme, poi, si allontanano dal gate degli arrivi, con la benedizione di un controcampo sorridente del capitano Kirk. Scelta politica piuttosto forte, che probabilmente anticipa la futura liason omosex nel seguito di Star Wars. Pare anche che George Takei, il Sulu della serie tv, dichiaratosi gay da tempo, avesse chiesto già a Roddenberry di inserire un bacio tra uomini 40 anni fa.
Il creatore di Star Trek rispose che non era il momento per la società americana e che sarebbe già stato difficile far digerire il bacio tra un terrestre e un’aliena. Nota ulteriormente positiva, infine, è il villain Krall, un Idris Elba sempre straordinariamente a suo agio con ogni tipologia di carattere da interpretare, autentica belva senza scrupoli che serve a far vacillare le eterne sicurezze di bontà universale delle forze della Federazione. Che forse, rimanga tra noi, nel loro monodimensionale desiderio di equilibrio pacifico ed eterno hanno un tantino stancato; tanto che Elba/Krall rifulge di una luce malvagia come solo i migliori cattivi delle saghe mature, che so, alla Batman, sanno donare. Produce Paramount Pictures. Prossimo film della serie nel 2019.