“Io sono il candidato della legge e dell’ordine”. Nel discorso conclusivo della Convention repubblicana di Cleveland, Donald Trump ha dipinto un’America percorsa da crimine, crisi sociale, insicurezza. Ha proclamato di essere l’uomo capace di far uscire il Paese dalla paura; di essere in grado di ridare il lavoro perduto, la prosperità dimenticata. Ha detto di voler combattere le strategie economiche dei democratici, la politica estera disastrosa di Hillary Clinton. Ha promesso la mano dura contro immigrazione e terrorismo; ha dipinto un futuro in cui l’America penserà, prima di tutto, “a se stessa e non al mondo”. In un appello interrazziale e interclassista, Trump si è rivolto ai gruppi sociali più deboli, agli afro-americani, agli ispanici, promettendo di risollevare le loro condizioni di vita e combattere il “sistema” che li ha oppressi. Soprattutto, nel discorso con cui ha accettato la nomination repubblicana alla Casa Bianca, Trump ha decretato la fine del vecchio partito repubblicano e la sua trasformazione in un movimento conservatore e populista. “Io sono la vostra voce”, ha urlato alla fine del suo intervento, poco prima di essere raggiunto dalla famiglia sul palco, mentre migliaia di palloncini rossi, bianchi e blu scendevano sulla folla dei delegati.
Il tema forse più forte di tutto il discorso è stato proprio quello del “law and order”. All’America, soprattutto bianca, spaventata dal riaprirsi della crisi razziale, Trump ha ricordato di essere la persona capace di ristabilire la sicurezza perduta. Quella frase, “legge e ordine”, è stata ripetuta da Trump per ben cinque volte. Il candidato repubblicano ha ricordato che “questa Convention cade in un momento di crisi del nostro Paese” e ha dato delle cifre (non sempre attendibili): il balzo del 17 per cento negli omicidi nelle maggiori 50 nazioni americane (con un aumento del 50 per cento a Washington e del 60 per cento a Baltimore). “Quasi 4000 persone – ha spiegato Trump – sono state uccise a Chicago da quando Barack Obama è salito alla Casa Bianca”. Inevitabile, in questa rappresentazione delle strade americane percorse da criminalità e violenza, il riferimento ai poliziotti morti: a Dallas, a Baton Rouge, a Kansas City, in altre città americane. “Il compito più basilare del governo è difendere le vite dei suoi cittadini – ha detto Trump -. Un governo che non lo fa non è degno di amministrare il Paese”.
Il capitolo dedicato all’ordine pubblico, con toni anche apertamente autoritari, è stato lunghissimo, reminiscente di quello che disse Richard Nixon alla Convention repubblicana del 1968. Allora, Nixon promise di “restaurare l’ordine e il rispetto per la legge in questo paese”. Più tardi, in uno spot televisivo durante la campagna elettorale, Nixon disse: “Lasciateci dire che il primo diritto civile di un americano è essere libero dalla violenza. Vi prometto che l’ordine tornerà negli Stati Uniti”. A differenza di Nixon, che auspicava l’unione di tutti gli americani nel ristabilire l’ordine, Trump ha però ancora una volta sottolineato il suo carattere di “uomo della Provvidenza”, capace di fare quello che gli altri non sono stati sinora capaci di fare: “Ho un messaggio per voi – ha detto -. Con il 20 gennaio 2017, quando sarò presidente degli Stati Uniti, il crimine e la violenza che affligge oggi la nostra nazione finirà. La sicurezza ritornerà”.
Lo stesso tono allarmista – e la stessa volontà di porsi come salvatore della “nazione afflitta” – Trump li ha messi quando ha affrontato il tema del terrorismo e dell’immigrazione illegale. Trump ha ricordato il massacro di Nizza, in Francia. Ha parlato di un’America travolta da una “massiccia ondata di rifugiati siriani” (con la Clinton che chiederebbe, sempre secondo Trump, un aumento del “550 per cento degli arrivi di siriani negli Stati Uniti”. Anche questo dato non lo si ritrova nel programma della candidata democratica). Di fronte ai rischi che il radicalismo islamista pone, agli Stati Uniti e al mondo, Trump ha detto: “Chiunque appoggi la violenza, l’odio e l’oppressione non è benvenuto nel nostro Paese e non lo sarà mai”. Trump non ha però ripetuto la proposta di impedire ai musulmani l’entrata negli Stati Uniti. Forse per il timore di essere ancora una volta bollato come razzista, in un momento delicato della campagna elettorale, ha ribadito la sua proposta senza però citare direttamente i musulmani: “Dobbiamo immediatamente sospendere l’immigrazione da qualsiasi nazione che è compromessa col terrorismo, fino al momento in cui un sistema di verifica non verrà posto in atto”.
E’ invece tornato – e non poteva non essere così, in un discorso tutto segnato dalla contemplazione del disastro e dell’insicurezza che travagliano l’America – il tema del muro con il Messico. “Costruiremo un grande muro al confine”, ha detto Trump. “Non ci saranno più città santuario, luoghi dove l’immigrazione illegale può tranquillamente prosperare”. Il tema della lotta all’immigrazione clandestina si è collegato, nel discorso di Trump, a quello del commercio, delle insicurezze economiche, dei milioni di posti di lavoro che si sono in questi anni trasferiti all’estero. Questo è stato l’altro capitolo in cui il magnate newyorkese si è allontanato dalla tradizione e dal pensiero più tradizionale del partito repubblicano. Qui Trump si è presentato come il leader che metterà fine a tutti quei trattati di commercio – anzitutto il Nafta – che hanno indebolito i lavoratori americani. “Ho visitato i lavoratori licenziati dalle loro industrie, e le comunità schiacciate dai nostri terribili e ingiusti trattati di commercio – ha spiegato Trump -. Questi sono gli uomini e le donne dimenticati del nostro Paese. Gente che lavora duro, che non ha voce”. La rivendicazione degli “esclusi” e dei “dimenticati” si è presto estesa anche alle minoranze: “Decenni di immigrazione record hanno prodotto salari sempre più bassi e tassi di disoccupazione sempre più alta per i nostri concittadini, soprattutto per gli afro-americani, per gli ispanici. Torneremo ad avere un sistema di immigrazione che funziona, ma che funziona soprattutto per gli americani”.
In questo porsi come rappresentante della nazione, al di là di differenze di classe, reddito, educazione, etnia, Trump ha espresso forse l’elemento centrale della sua proposta politica, diversissima da quella tradizionale, pro-business, liberista, globalizzata del vecchio partito repubblicano. La stessa forza populista, che è annullamento di storia, differenze, tradizioni, Trump l’ha mostrata in altri punti del discorso. Ha detto di essere il difensore dei diritti delle persone omosessuali (e i delegati hanno applaudito; è stato uno sdoganamento delle questioni LGBT che mostra che anche il popolo repubblicano è cambiato); ma ha anche detto di essere debitore agli evangelici, e ha omaggiato la National Rifle Association, la lobby delle armi. In questa capacità di trasmettere un messaggio che va oltre le ideologie, Trump ha in fondo liquidato gli ultimi decenni di politica e strategie del partito repubblicano (non a caso buona parte della classe dirigente del G,.O.P. ha preferito non farsi vedere a Cleveland).
Forte, ovviamente, in molti punti feroce, la critica cui Trump ha sottoposto Hillary Clinton. “E’ il candidato delle lobby, degli interessi particolari, che finanziano la sua campagna e la Clinton Foundation”, ha detto Trump, che ha anche ricordato quello che, a suo giudizio, è il disastro ottenuto da Clinton nel suo periodo da segretario di stato: “Prima che arrivasse, Egitto, Iraq, Siria, erano Paesi relativamente tranquilli. L’Isis non esisteva. Dopo il suo passaggio, il mondo è crollato. E’ una criminale”, ha scandito Trump.
La conclusione del discorso è stata appunto dedicata tutta al tema della presenza americana nel mondo. “L’America viene prima, viene prima di tutto” ha urlato per due volte Trump. “L’America viene prima della globalizzazione”. Pur promettendo di lavorare con gli alleati, anzitutto con Israele, Trump non ha nascosto che la sua America sarà prima di tutto impegnata a casa, a difendere i propri interessi, e non sarà più il “gendarme del mondo”. La conclusione, dopo la rappresentazione di un Paese devastato da paure e crisi, è stata invece di di speranza. “A tutti gli americani, stasera, in tutte le città e in tutti i villaggi, faccio questa promessa: restituiremo la grandezza all’America. Restituiremo l’orgoglio all’America. L’America tornerà sicura. L’America tornerà grande”.
Elezioni USA 2016
Elezioni Usa 2016, Trump: “Io sono il candidato della legge e dell’ordine. Io sono la vostra voce”
Nel discorso conclusivo della Convention repubblicana di Cleveland, il magnate ha accettato la candidatura e ha dipinto un’America percorsa da crimine, crisi sociale, insicurezza. Ha proclamato di essere l’uomo capace di far uscire il Paese dalla paura e di essere in grado di ridare il lavoro perduto. Ha poi decretato la fine del vecchio partito repubblicano e la sua trasformazione in un movimento conservatore e populista
“Io sono il candidato della legge e dell’ordine”. Nel discorso conclusivo della Convention repubblicana di Cleveland, Donald Trump ha dipinto un’America percorsa da crimine, crisi sociale, insicurezza. Ha proclamato di essere l’uomo capace di far uscire il Paese dalla paura; di essere in grado di ridare il lavoro perduto, la prosperità dimenticata. Ha detto di voler combattere le strategie economiche dei democratici, la politica estera disastrosa di Hillary Clinton. Ha promesso la mano dura contro immigrazione e terrorismo; ha dipinto un futuro in cui l’America penserà, prima di tutto, “a se stessa e non al mondo”. In un appello interrazziale e interclassista, Trump si è rivolto ai gruppi sociali più deboli, agli afro-americani, agli ispanici, promettendo di risollevare le loro condizioni di vita e combattere il “sistema” che li ha oppressi. Soprattutto, nel discorso con cui ha accettato la nomination repubblicana alla Casa Bianca, Trump ha decretato la fine del vecchio partito repubblicano e la sua trasformazione in un movimento conservatore e populista. “Io sono la vostra voce”, ha urlato alla fine del suo intervento, poco prima di essere raggiunto dalla famiglia sul palco, mentre migliaia di palloncini rossi, bianchi e blu scendevano sulla folla dei delegati.
Il tema forse più forte di tutto il discorso è stato proprio quello del “law and order”. All’America, soprattutto bianca, spaventata dal riaprirsi della crisi razziale, Trump ha ricordato di essere la persona capace di ristabilire la sicurezza perduta. Quella frase, “legge e ordine”, è stata ripetuta da Trump per ben cinque volte. Il candidato repubblicano ha ricordato che “questa Convention cade in un momento di crisi del nostro Paese” e ha dato delle cifre (non sempre attendibili): il balzo del 17 per cento negli omicidi nelle maggiori 50 nazioni americane (con un aumento del 50 per cento a Washington e del 60 per cento a Baltimore). “Quasi 4000 persone – ha spiegato Trump – sono state uccise a Chicago da quando Barack Obama è salito alla Casa Bianca”. Inevitabile, in questa rappresentazione delle strade americane percorse da criminalità e violenza, il riferimento ai poliziotti morti: a Dallas, a Baton Rouge, a Kansas City, in altre città americane. “Il compito più basilare del governo è difendere le vite dei suoi cittadini – ha detto Trump -. Un governo che non lo fa non è degno di amministrare il Paese”.
Il capitolo dedicato all’ordine pubblico, con toni anche apertamente autoritari, è stato lunghissimo, reminiscente di quello che disse Richard Nixon alla Convention repubblicana del 1968. Allora, Nixon promise di “restaurare l’ordine e il rispetto per la legge in questo paese”. Più tardi, in uno spot televisivo durante la campagna elettorale, Nixon disse: “Lasciateci dire che il primo diritto civile di un americano è essere libero dalla violenza. Vi prometto che l’ordine tornerà negli Stati Uniti”. A differenza di Nixon, che auspicava l’unione di tutti gli americani nel ristabilire l’ordine, Trump ha però ancora una volta sottolineato il suo carattere di “uomo della Provvidenza”, capace di fare quello che gli altri non sono stati sinora capaci di fare: “Ho un messaggio per voi – ha detto -. Con il 20 gennaio 2017, quando sarò presidente degli Stati Uniti, il crimine e la violenza che affligge oggi la nostra nazione finirà. La sicurezza ritornerà”.
Lo stesso tono allarmista – e la stessa volontà di porsi come salvatore della “nazione afflitta” – Trump li ha messi quando ha affrontato il tema del terrorismo e dell’immigrazione illegale. Trump ha ricordato il massacro di Nizza, in Francia. Ha parlato di un’America travolta da una “massiccia ondata di rifugiati siriani” (con la Clinton che chiederebbe, sempre secondo Trump, un aumento del “550 per cento degli arrivi di siriani negli Stati Uniti”. Anche questo dato non lo si ritrova nel programma della candidata democratica). Di fronte ai rischi che il radicalismo islamista pone, agli Stati Uniti e al mondo, Trump ha detto: “Chiunque appoggi la violenza, l’odio e l’oppressione non è benvenuto nel nostro Paese e non lo sarà mai”. Trump non ha però ripetuto la proposta di impedire ai musulmani l’entrata negli Stati Uniti. Forse per il timore di essere ancora una volta bollato come razzista, in un momento delicato della campagna elettorale, ha ribadito la sua proposta senza però citare direttamente i musulmani: “Dobbiamo immediatamente sospendere l’immigrazione da qualsiasi nazione che è compromessa col terrorismo, fino al momento in cui un sistema di verifica non verrà posto in atto”.
E’ invece tornato – e non poteva non essere così, in un discorso tutto segnato dalla contemplazione del disastro e dell’insicurezza che travagliano l’America – il tema del muro con il Messico. “Costruiremo un grande muro al confine”, ha detto Trump. “Non ci saranno più città santuario, luoghi dove l’immigrazione illegale può tranquillamente prosperare”. Il tema della lotta all’immigrazione clandestina si è collegato, nel discorso di Trump, a quello del commercio, delle insicurezze economiche, dei milioni di posti di lavoro che si sono in questi anni trasferiti all’estero. Questo è stato l’altro capitolo in cui il magnate newyorkese si è allontanato dalla tradizione e dal pensiero più tradizionale del partito repubblicano. Qui Trump si è presentato come il leader che metterà fine a tutti quei trattati di commercio – anzitutto il Nafta – che hanno indebolito i lavoratori americani. “Ho visitato i lavoratori licenziati dalle loro industrie, e le comunità schiacciate dai nostri terribili e ingiusti trattati di commercio – ha spiegato Trump -. Questi sono gli uomini e le donne dimenticati del nostro Paese. Gente che lavora duro, che non ha voce”. La rivendicazione degli “esclusi” e dei “dimenticati” si è presto estesa anche alle minoranze: “Decenni di immigrazione record hanno prodotto salari sempre più bassi e tassi di disoccupazione sempre più alta per i nostri concittadini, soprattutto per gli afro-americani, per gli ispanici. Torneremo ad avere un sistema di immigrazione che funziona, ma che funziona soprattutto per gli americani”.
In questo porsi come rappresentante della nazione, al di là di differenze di classe, reddito, educazione, etnia, Trump ha espresso forse l’elemento centrale della sua proposta politica, diversissima da quella tradizionale, pro-business, liberista, globalizzata del vecchio partito repubblicano. La stessa forza populista, che è annullamento di storia, differenze, tradizioni, Trump l’ha mostrata in altri punti del discorso. Ha detto di essere il difensore dei diritti delle persone omosessuali (e i delegati hanno applaudito; è stato uno sdoganamento delle questioni LGBT che mostra che anche il popolo repubblicano è cambiato); ma ha anche detto di essere debitore agli evangelici, e ha omaggiato la National Rifle Association, la lobby delle armi. In questa capacità di trasmettere un messaggio che va oltre le ideologie, Trump ha in fondo liquidato gli ultimi decenni di politica e strategie del partito repubblicano (non a caso buona parte della classe dirigente del G,.O.P. ha preferito non farsi vedere a Cleveland).
Forte, ovviamente, in molti punti feroce, la critica cui Trump ha sottoposto Hillary Clinton. “E’ il candidato delle lobby, degli interessi particolari, che finanziano la sua campagna e la Clinton Foundation”, ha detto Trump, che ha anche ricordato quello che, a suo giudizio, è il disastro ottenuto da Clinton nel suo periodo da segretario di stato: “Prima che arrivasse, Egitto, Iraq, Siria, erano Paesi relativamente tranquilli. L’Isis non esisteva. Dopo il suo passaggio, il mondo è crollato. E’ una criminale”, ha scandito Trump.
La conclusione del discorso è stata appunto dedicata tutta al tema della presenza americana nel mondo. “L’America viene prima, viene prima di tutto” ha urlato per due volte Trump. “L’America viene prima della globalizzazione”. Pur promettendo di lavorare con gli alleati, anzitutto con Israele, Trump non ha nascosto che la sua America sarà prima di tutto impegnata a casa, a difendere i propri interessi, e non sarà più il “gendarme del mondo”. La conclusione, dopo la rappresentazione di un Paese devastato da paure e crisi, è stata invece di di speranza. “A tutti gli americani, stasera, in tutte le città e in tutti i villaggi, faccio questa promessa: restituiremo la grandezza all’America. Restituiremo l’orgoglio all’America. L’America tornerà sicura. L’America tornerà grande”.
TRUMP POWER
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Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Ho apprezzato molto la posizione di Elly Schlein quando ha detto no al piano di riarmo. Una buona premessa per impostare un progetto di alternativa a questo governo". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Se ci dobbiamo ritrovare con una alternativa che segue la Meloni e sottoscrive la politica estera disastrosa della Meloni è un disastro, che alternativa puoi presentare agli italiani se ti trovi a votare con la Meloni per l'escalation militare? Per non parlare di Gaza", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar (Adnkronos) - "Il problema è che il Pd ha dimostrato di essere un partito troppo plurale, lo dico con una battuta. Ci sono dei momenti di sintesi e quando il tuo leader prende una posizione così chiara, qualche chiarimento adesso andrebbe operato. Ma il problema non riguarda me ma un'altra forza politica". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
Roma, 14 mag (Adnkronos) - "Oggi scopriamo che ci sono i proprietari delle reti che vogliono dettare le condizioni, vogliono utilizzare gli algoritmi per condizionare il dibattito, usare gli algoritmi per condizionare le elezioni. Ci dobbiamo svegliare". Lo ha detto Giuseppe Conte alla Stampa estera.
"Il problema vero è che sono monopolisti, come Starlink per i satelliti a bassa quota. Che garanzia di sicurezza abbiamo che domani, come per l'Ucraina, Musk non si svegli e dica chiudo l'interruttore? L'Europa è l'unico contesto sovranazionale che cerca di dettare regole su questo fronte. E' un problema serio da affrontare", ha spiegato il leader del M5s.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Con un'esperienza "ultraventennale in reumatologia" con l'obiettivo di "migliorare gli standard di cura e migliorare i risultati clinici per i pazienti che soffrono di queste malattie", oggi "AbbVie è impegnata a sviluppare un possibile strumento ulteriore per rispondere alle esigenze dei pazienti che soffrono di lupus eritematoso sistemico. Il Les è una malattia autoimmune estremamente complessa, caratterizzata dalla produzione di autoanticorpi che possono colpire in maniera variegata ed eterogenea diversi organi e sistemi: il sistema polmonare, il muscolo-scheletrico, la cute e il sistema nervoso centrale. Chiaramente i sintomi variano a seconda del tipo di organo distretto coinvolto, ma ha un decorso cronico estremamente elevato e un'evoluzione estremamente imprevedibile". Lo ha detto Caterina Golotta, direttore medico AbbVie Italia, all'Adnkronos Salute, sottolineando che, "per rispondere ai bisogni insoddisfatti", la farmaceutica sta lavorando su un "inibitore di Jak, upadacitinib. Frutto dello sforzo in ricerca e sviluppo interno, è al momento in corso di sperimentazione clinica in questo contesto".
Si tratta di "un inibitore selettivo e reversibile della janus chinasi - spiega Golotta - ed è attualmente approvato e rimborsato in una serie di patologie immunologiche: l'artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, l'artrite psoriasica, la colite ulcerosa e la dermatite atopica. Rimaniamo fiduciosi in attesa dei risultati della molecola nel programma di sviluppo del lupus eritematoso sistemico. Tra l'altro, l'upadacitinib è attualmente in studio anche in altre 2 patologie dell'ambito immunologico: la vitiligine e l'alopecia areata".
AbbVie, evidenzia il direttore medico, "è un'azienda fortemente votata alla ricerca e sviluppo. In Italia siamo presenti con 78 studi clinici che coinvolgono circa 400 centri sperimentali. A livello globale, l'impegno in ricerca nel 2024 è stato pari a circa 13 miliardi di dollari, che rappresenta un incremento del 66,66% rispetto all'impegno del 2023".