C’è tra noi una sosia della Boldrini, dice Matteo Salvini dal palco di una festa leghista mostrando una bambola gonfiabile.
Non stimo per niente la Boldrini (cui oggi va la mia solidarietà) da un punto di vista politico, ma se la politica si deve fare così allora spegniamo la luce e andiamocene, ché è meglio. La politica si sta esaurendo in battute, in post, in brevi dichiarazioni o in altro che non richieda un pensiero. Salvini non è nuovo al cretinismo politico (la rete è piena di sue tracce), ma rispetto al passato ha delle responsabilità maggiori. Un tempo poteva dare libero sfogo ai suoi istinti comici perché sulle sue spalle non gravava un pezzo importante del centrodestra; oggi non è così.
Che piaccia oppure no, Salvini ha risollevato la Lega e l’ha rimessa al centro di uno spazio politico. Lo ha fatto criticando l’Europa, la legge Fornero e le politiche sull’immigrazione dei recenti governi. Arrivato al dunque però si è perso. Ha cominciato a parlare come un disco rotto, confermando l’impressione che oltre quei due-tre concetti non sa andare.
La cretinata della bambola gonfiabile rappresenta la corda del ring dove Salvini cerca riparo nella speranza di uscire e piazzare un colpo. È la battuta di chi ormai non sa più come scaldare quella platea a cui ha già sciorinato di tutto. Salvini lascia ogni cosa in sospeso quando si tratta di passare dalle critiche alle idee: dire no all’euro non basta se poi non si sa come istruire un processo alternativo; dire no all’immigrazione è più facile che spiegare come gestire i flussi o i respingimenti; affermare di voler aiutare le piccole aziende liberandole dal giogo fiscale non cancella il ricordo di quella stagione dove il nord fu illuso dagli accordi tremontiani-calderoliani. Potrei andare oltre.
Salvini sta sciupando il gruzzolo di consensi costruito un anno fa. Ora sembra uno di quei barattoli che si buttano giù al luna park. L’eccesso di battutismo (in questo blog ho già avuto modo di dirgli che sembra la Teresa del Musazzi versione la Corrida) è esattamente ciò che Berlusconi spera per riportare all’ovile forzista i “suoi” voti, magari destinandoli a quel Parisi che ha tutte le carte in regola per guidare il centrodestra. Senza considerare inoltre il fatto che l’esodo di voti leghisti verso il Cinquestelle è un dato di fatto.
Le recenti amministrative hanno segnato una forte battuta di arresto per il Matteo-con-la-felpa, dalla Lega a Noi con Salvini: i comuni lombardi (compreso quello dì Varese, santuario del Carroccio) sono nelle mani del Pd, la Lombardia in quelle traballanti di Maroni, il Veneto è guidato da Zaia (cioè colui che prenderà il posto del ragazzo milanese…) e sotto il Po diciamo che non si vedono folle esultanti.
Insomma, Salvini sta dimostrando di non saper andare oltre i titoli. Stia attento però a non essere lui ai titoli di coda.