Dalle parole ai fatti nel giro di 48 ore. L’affaire Mediaset-Vivendi finisce davanti ai giudici. Non solo quelli civili, di solito deputati a sciogliere i nodi di controversie simili, ma anche penali. Sì perché Mediaset è pronta ad agire in sede civile e penale per far rispettare il contratto sulla pay-tv. Il Biscione è passato al contrattacco al termine del cda sui conti semestrale. I francesi avevano deciso di non acquisire più l’intera partecipazione nella pay tv Premium, ma solo il 20%, confermando lo scambio del 3,5% del capitale di Vivendi e del 3,5% del capitale di Mediaset come indicava l’accordo dello scorso aprile, ma puntando ad arrivare a detenere in tre anni circa il 15% del capitale di Cologno attraverso un prestito obbligazionario convertibile.
Mediaset sull’analisi dei risultati di Premium aveva prontamente precisato che essa era avvenuta “prima della firma, come accade prima di ogni assunzione di impegni”. Il riferimento sembra al rosso dei conti di Premium, di 85 milioni di euro nel 2015 e di 63 milioni nel primo trimestre, tali da appesantire i conti di tutto il gruppo italiano che ha chiuso il primo trimestre 2016 con un rosso di 18 milioni a livello di risultato netto mentre un anno fa riportava un utile di 600mila euro. Senza Premium, il gruppo avrebbe riportato un utile netto di 38,6 milioni.
Secondo la nuova proposta d’Oltralpe, in pratica, con un aumento di capitale riservato a Vivendi, i francesi in tre anni diventerebbero un azionista forte di Mediaset visto che la quota di Fininvest, oggi di poco inferiore al 35%, sarebbe diluita. La nuova posizione di Vivendi, resa pubblica martedì scorso, ha quindi provocato la rottura tra i due gruppi.
Il gruppo di Cologno Monzese ha chiuso i primi sei mesi in rosso proprio a causa dei 34,6 milioni di esborso di cassa dall’accordo rotto dai francesi nei giorni scorsi. La perdita è di 27,8 milioni di euro, contro l’utile di 24,2 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. Mediaset ha sottolineato di essere pronta ad “adottare tutte le opportune azioni finalizzate ad ottenere l’adempimento del contratto da parte di Vivendi”, e “in caso di inerzia” agirà “in sede civile ed eventualmente anche penale”.
L’accordo tra la società guidata da Pier Silvio Berlusconi e il gruppo presieduto dal finanziere bretone, Vincent Bollorè, prevedeva la cessione del 100% di Premium ai francesi e uno scambio azionario reciproco del 3,5% tra Mediaset e Vivendi. Ma il colosso dei media transalpino ha rotto il contratto, ufficialmente per “significative divergenze” sulla valutazione della performance di Premium, proponendo un piano alternativo che ne riduca l’impegno al 20% della pay-tv e possa portare Vivendi al 15% di Mediaset entro tre anni. Proposta già respinta dai vertici di Cologno Monzese, come ribadito oggi dal direttore finanziario nella conference call sui conti.
“Il contratto resta valido e vincolante: c’è solo un piano e faremo tutto il possibile per far rispettare il contratto, perché quando si firma si firma e non c’è alcun piano B”, ha spiegato Marco Giordani. Il problema del piano dei francesi è che, se attuato, diluirebbe la quota del 34,8% con cui Fininvest controlla Mediaset rendendola una società contendibile sul mercato. Infatti la salita fino al 15% del capitale avverrebbe attraverso l’emissione di un bond obbligazionario convertendo.
La rottura con i francesi è una tegola che Mediaset non è ancora in grado di quantificare. Il gruppo, ha spiegato Giordani agli analisti, potrà fornire una guidance che includa i numeri di Premium “all’inizio di settembre” quando il Biscione spera che sarà più chiara la situazione a seguito dello scontro con Vivendi. “Comunque non abbandoneremo di certo la società (che oggi è stata riconsolidata nel bilancio del gruppo, ndr) e per settembre daremo le guidance sulla sua attività”.
Una tegola, quella della rottura con i francesi, che rischia di condizionare i conti della società, che nel primo semestre ha mostrato ricavi in netto aumento, a 1,87 miliardi di euro da 1,721 miliardi, grazie all’aumento di quelli pubblicitari lordi del 3,7% in Italia e del 7,3% in Spagna.
Mediaset ammette nella semestrale che per il proseguo dell’anno “potrebbero pesare gli impatti negativi conseguenti sia ai ritardi decisionali sull’operatività di Mediaset Premium – causati dall’interim management dovuto al rispetto dei termini del contratto con Vivendi – sia alle decisioni commerciali e operative prese dalla stessa Vivendi e non previste nel budget originario di Mediaset Premium”. Giordani si è sentito tuttavia di confermare i target del 2016. Se ci saranno altri costi straordinari legati allo scontro con Vivendi per la questione della pay-tv “cercheremo di coprire i costi addizionali con ulteriori risparmi”, ha risposto agli analisti. In attesa dei conti e delle deliberazioni del cda sulla questione Vivendi, Mediaset ha chiuso oggi in Borsa con un calo del 2,83% a 2,954 euro.
L’annuncio di battaglia legale provoca la reazione di Vivendi. Che fa sapere che vede sempre come raggiungibile un accordo con Mediaset sulla questione Premium ma “non accetta di essere accusata di non onorare i contratti” e “si riserva ogni azione per tutelare la sua onorabilità”, compresa una causa per diffamazione. Vivendi, in particolare, spiega che dall’analisi interna del business plan della pay tv del Biscione sarebbe emersa una visione “troppo ottimistica” e di fatto irrealizzabile. E viene citato a proposito anche un rapporto di Deloitte, secondo il quale il business plan di Mediaset Premium dovrebbe essere rivisto con risultati molto inferiori “per essere realistico”.
Il gruppo francese afferma inoltre che Mediaset non può essere rimasta sorpresa dalla controproposta formulata martedì scorso, in quanto le discussioni in proposito erano state avviate da oltre un mese e concretizzate nella lettera del 21 giugno dove citerebbe “divergenze significative nell’analisi dei risultati” di Premium. In ogni caso l’atteggiamento espresso da Vivendi è quello di voler “trovare un’intesa sulla questione e di non voler in alcun modo mirare al controllo di Mediaset”.