Alla fine il giudice per le indagini preliminari di Genova Roberta Bossi ha archiviato l’inchiesta per bancarotta che vedeva indagato Tiziano Renzi, padre del premier per il crac della Chil post, la società di distribuzione di pubblicità e giornali con sede a Genova.
Il pm Marco Airoldi aveva chiesto l’archiviazione per due volte, ma la prima volta il gip aveva respinto e chiesto ulteriori accertamenti. Per il pubblico ministero Renzi senior non avrebbe influito sul crac della società. La Chil post era stata dichiarata fallita il 7 febbraio 2013, tre anni dopo il passaggio di proprietà dal padre del premier Tiziano Renzi ad Antonello Gambelli e Mariano Massone (entrambi invece già a processo per la vicenda). Renzi era stato accusato di bancarotta fraudolenta per 1,3 milioni di euro. Il curatore fallimentare aveva ravvisato alcuni passaggi sospetti nella cessione di rami d’azienda ‘sani’ alla Eventi Sei, società intestata alla moglie, Laura Bovoli, per poco più di 3000 euro, cifra non ritenuta congrua.
Tra le situazioni anomale, secondo il curatore fallimentare anche il fatto che Chil post svolgeva gran parte del suo lavoro per Tnt, ma subito prima della cessione di Chil post, Tnt ridusse la collaborazione con l’azienda e successivamente la implementò con la Eventi Sei. Dalle nuove indagini non sarebbe emerso che questo avrebbe comportato un depauperamento della Chil post e per questo il pm aveva chiesto una nuova archiviazione.
Prima della cessione della società, Matteo Renzi, insieme alle sorelle, ne era stato amministratore e dal 1999 al 2004 era stato anche dipendente della Chil spa. Quando l’attuale capo del governo venne eletto presidente della provincia di Firenze (2004), aveva avuto il ‘distacco’ dall’azienda dopo averne ceduto il 40 per cento delle quote e continuò a percepire i contributi lavorativi per nove anni.