Sulla tolda di comando di Unicredit è da poco arrivato Jean Pierre Mustier che ha subito avviato la riorganizzazione interna del gruppo anche attraverso lo snellimento del management. L’uscita più eclatante è stata quella di Paolo Fiorentino, vice direttore generale legato a doppio filo al vice presidente Fabrizio Palenzona e tra i protagonisti del giro di poltrone che giusto un anno fa sanciva l’addio dello storico direttore generale, Roberto Nicastro, e la messa in stand by del chief risk officer, Alessandro Decio, che poi nei mesi successivi ha lasciato il gruppo. Un giro di poltrone che aveva visto avanzare tutta la cordata Palenzona-Fiorentino (il quale ha assorbito una quota rilevante delle deleghe del suo ex superiore Nicastro) e in particolare coloro che – come Massimiliano Fossati, promosso a chief risk officer del gruppo al posto di Decio – si sono distinti in negativo nella gestione del “caso Bulgarella”, divenuto di dominio pubblico agli inizi di ottobre per effetto delle perquisizioni disposte dalla procura di Firenze.
Un caso che la banca ha cercato di chiudere in fretta e furia a novembre autoassolvendosi, ma che chiuso non è affatto e rischia anzi di minare il difficile percorso di riconquista della fiducia degli investitori in una fase in cui l’attenzione sulla questione sofferenze è massima. Il “caso Bulgarella”, infatti, ha scoperchiato un vero e proprio verminaio nella gestione dei crediti e nella governance di quello che è l’unico istituto italiano di “importanza sistemica”. La cosa grave, anche alla luce delle nuove carte dell’inchiesta fiorentina, è che poco o nulla è stato fatto per correre ai ripari: la banca ha infatti confermato piena fiducia al vice presidente Fabrizio Palenzona e a tutti i manager coinvolti nel caso, senza aver svolto nemmeno adeguate indagini e limitandosi ad allontanare il braccio destro di Palenzona non tanto per ciò che ha fatto, ma perché formalmente “estraneo” alla banca. Della sostanza di ciò che è accaduto gli organi amministrativi della banca non hanno voluto farsi minimamente carico. Significative sotto questo profilo le dichiarazioni rese agli inquirenti da Giovanni Battista Alberti, sindaco di Unicredit che ha rassegnato le dimissioni dall’incarico: “Di fronte alle mie osservazioni agli organi amministrativi esposte verbalmente il 31 ottobre 2015 in sede di comitato governance a cui è seguito immediatamente dopo la riunione del CdA, ho rilevato indifferenza e insofferenza da parte dei componenti degli organi amministrativi. Ho quindi ritenuto di non poter più con la mia presenza accreditare tale tipo di comportamento ed ho rassegnato le mie dimissioni”.
Alberti si riferisce alle gravissime irregolarità emerse dalle indagini e alla figura di Roberto Mercuri, braccio destro di Fabrizio Palenzona, che svolgeva per conto del vice presidente un ruolo di “amministratore delegato ombra” con accesso diretto ai più alti dirigenti dell’istituto. Un personaggio formalmente “estraneo”, ma dotato di un suo ufficio ai piani nobili del grattacielo di Piazza Gae Aulenti e soprattutto in grado di influire sulla gestione delle pratiche creditizie. Quella in questione, la pratica Bulgarella, gli stava particolarmente a cuore e – giova ricordare – riguarda un imprenditore accusato di essere da anni in affari con la mafia e di essere uno dei prestanome di Matteo Messina Denaro. Nonostante nei confronti dei dirigenti di Unicredit non siano al momento emersi fatti di rilievo penale, lo spaccato offerto dalle indagini è davvero inquietante e lo è ancora di più la gestione immediata del caso da parte della banca attraverso un audit interno, utilizzato poi per assolvere se stessa e i suoi dirigenti, forte anche di una decisione del tribunale del Riesame sconfessata poi dalla corte di Cassazione. Al dirigente preposto, Riccardo Bellosono, è stato richiesto dal presidente di Unicredit Giuseppe Vita e dall’allora amministratore delegato Federico Ghizzoni di svolgere un’analisi meramente documentale sull’iter di approvazione del piano di ristrutturazione relativo al debito maturato dal gruppo Bulgarella. E da un audit interno siffatto non potevano che emergere anomalie procedurali, ma non sostanziali, nella gestione crediti.
Da sottolineare che un precedente Audit del novembre 2014, svolto sempre da Bellosono, era emerso relativamente alla posizione di alcune società di Bulgarella “un monitoraggio deficitario sia negli aspetti formali, sia in quelli sostanziali” e veniva richiesta “una maggiore tempestività nell’adozione delle iniziative a tutela della creditoria e la definizione di più coerenti previsioni di perdita”. Richieste evidentemente disattese a giudicare dall’accaduto. Nel nuovo audit, però, si sostiene che l’iter creditizio, pur non risultando “sempre perfettamente aderente a quello previsto dalla normativa interna, non ha determinato significative distorsioni del processo decisionale”. Che a un certo punto la competenza del piano di ristrutturazione del gruppo Bulgarella venga avocata a sé da un comitato crediti diverso da quello preposto, che la gestione della pratica sia passata da alcuni funzionari ad altri, più “sensibili” alle pressioni provenienti dall’alto, di tutto questo non c’è traccia nell’audit interno dell’ottobre-novembre 2015 che, sulla base dell’analisi documentale, non può che limitarsi a rilevare come la banca non abbia poi deliberato la concessione di nuova finanza all’imprenditore siciliano né abbia dato il via libera ad alcuna ristrutturazione del debito del gruppo. L’unica nota stonata che si evince dall’audit è la considerazione che in seguito ai rilievi mossi dalla Banca d’Italia nel 2014 sia stato elevato ad “alto” il profilo di rischio della Edilcentro srl, ma “risulta quantomeno singolare che non sia stato esteso in tale circostanza anche alla Bulgarella Costruzioni, cui l’operatività infragruppo si riferisce, se non anche a tutto il gruppo”.
Con il cambio di amministratore delegato Unicredit sta cercando di voltare pagina, ma non giova certamente alla sua reputazione aver mantenuto al loro posto i dirigenti e le figure apicali coinvolte nel caso Bulgarella, anche perché le indagini della procura fiorentina vanno avanti e non si possono escludere a priori nuovi contraccolpi per l’immagine e la credibilità del gruppo in una fase così delicata, a fronte di un mercato che da mesi reputa essenziale un maxi-aumento di capitale.
Lobby
Unicredit, le falle dell’audit dopo il caso Bulgarella e la riorganizzazione lacunosa del nuovo ad Mustier
La banca ha cercato di chiudere in fretta e furia il caso a novembre autoassolvendosi, ma la vicenda non è affatto chiusa e rischia anzi di minare il difficile percorso di riconquista della fiducia degli investitori in una fase in cui l’attenzione sulla questione sofferenze è massima
Sulla tolda di comando di Unicredit è da poco arrivato Jean Pierre Mustier che ha subito avviato la riorganizzazione interna del gruppo anche attraverso lo snellimento del management. L’uscita più eclatante è stata quella di Paolo Fiorentino, vice direttore generale legato a doppio filo al vice presidente Fabrizio Palenzona e tra i protagonisti del giro di poltrone che giusto un anno fa sanciva l’addio dello storico direttore generale, Roberto Nicastro, e la messa in stand by del chief risk officer, Alessandro Decio, che poi nei mesi successivi ha lasciato il gruppo. Un giro di poltrone che aveva visto avanzare tutta la cordata Palenzona-Fiorentino (il quale ha assorbito una quota rilevante delle deleghe del suo ex superiore Nicastro) e in particolare coloro che – come Massimiliano Fossati, promosso a chief risk officer del gruppo al posto di Decio – si sono distinti in negativo nella gestione del “caso Bulgarella”, divenuto di dominio pubblico agli inizi di ottobre per effetto delle perquisizioni disposte dalla procura di Firenze.
Un caso che la banca ha cercato di chiudere in fretta e furia a novembre autoassolvendosi, ma che chiuso non è affatto e rischia anzi di minare il difficile percorso di riconquista della fiducia degli investitori in una fase in cui l’attenzione sulla questione sofferenze è massima. Il “caso Bulgarella”, infatti, ha scoperchiato un vero e proprio verminaio nella gestione dei crediti e nella governance di quello che è l’unico istituto italiano di “importanza sistemica”. La cosa grave, anche alla luce delle nuove carte dell’inchiesta fiorentina, è che poco o nulla è stato fatto per correre ai ripari: la banca ha infatti confermato piena fiducia al vice presidente Fabrizio Palenzona e a tutti i manager coinvolti nel caso, senza aver svolto nemmeno adeguate indagini e limitandosi ad allontanare il braccio destro di Palenzona non tanto per ciò che ha fatto, ma perché formalmente “estraneo” alla banca. Della sostanza di ciò che è accaduto gli organi amministrativi della banca non hanno voluto farsi minimamente carico. Significative sotto questo profilo le dichiarazioni rese agli inquirenti da Giovanni Battista Alberti, sindaco di Unicredit che ha rassegnato le dimissioni dall’incarico: “Di fronte alle mie osservazioni agli organi amministrativi esposte verbalmente il 31 ottobre 2015 in sede di comitato governance a cui è seguito immediatamente dopo la riunione del CdA, ho rilevato indifferenza e insofferenza da parte dei componenti degli organi amministrativi. Ho quindi ritenuto di non poter più con la mia presenza accreditare tale tipo di comportamento ed ho rassegnato le mie dimissioni”.
Alberti si riferisce alle gravissime irregolarità emerse dalle indagini e alla figura di Roberto Mercuri, braccio destro di Fabrizio Palenzona, che svolgeva per conto del vice presidente un ruolo di “amministratore delegato ombra” con accesso diretto ai più alti dirigenti dell’istituto. Un personaggio formalmente “estraneo”, ma dotato di un suo ufficio ai piani nobili del grattacielo di Piazza Gae Aulenti e soprattutto in grado di influire sulla gestione delle pratiche creditizie. Quella in questione, la pratica Bulgarella, gli stava particolarmente a cuore e – giova ricordare – riguarda un imprenditore accusato di essere da anni in affari con la mafia e di essere uno dei prestanome di Matteo Messina Denaro. Nonostante nei confronti dei dirigenti di Unicredit non siano al momento emersi fatti di rilievo penale, lo spaccato offerto dalle indagini è davvero inquietante e lo è ancora di più la gestione immediata del caso da parte della banca attraverso un audit interno, utilizzato poi per assolvere se stessa e i suoi dirigenti, forte anche di una decisione del tribunale del Riesame sconfessata poi dalla corte di Cassazione. Al dirigente preposto, Riccardo Bellosono, è stato richiesto dal presidente di Unicredit Giuseppe Vita e dall’allora amministratore delegato Federico Ghizzoni di svolgere un’analisi meramente documentale sull’iter di approvazione del piano di ristrutturazione relativo al debito maturato dal gruppo Bulgarella. E da un audit interno siffatto non potevano che emergere anomalie procedurali, ma non sostanziali, nella gestione crediti.
Da sottolineare che un precedente Audit del novembre 2014, svolto sempre da Bellosono, era emerso relativamente alla posizione di alcune società di Bulgarella “un monitoraggio deficitario sia negli aspetti formali, sia in quelli sostanziali” e veniva richiesta “una maggiore tempestività nell’adozione delle iniziative a tutela della creditoria e la definizione di più coerenti previsioni di perdita”. Richieste evidentemente disattese a giudicare dall’accaduto. Nel nuovo audit, però, si sostiene che l’iter creditizio, pur non risultando “sempre perfettamente aderente a quello previsto dalla normativa interna, non ha determinato significative distorsioni del processo decisionale”. Che a un certo punto la competenza del piano di ristrutturazione del gruppo Bulgarella venga avocata a sé da un comitato crediti diverso da quello preposto, che la gestione della pratica sia passata da alcuni funzionari ad altri, più “sensibili” alle pressioni provenienti dall’alto, di tutto questo non c’è traccia nell’audit interno dell’ottobre-novembre 2015 che, sulla base dell’analisi documentale, non può che limitarsi a rilevare come la banca non abbia poi deliberato la concessione di nuova finanza all’imprenditore siciliano né abbia dato il via libera ad alcuna ristrutturazione del debito del gruppo. L’unica nota stonata che si evince dall’audit è la considerazione che in seguito ai rilievi mossi dalla Banca d’Italia nel 2014 sia stato elevato ad “alto” il profilo di rischio della Edilcentro srl, ma “risulta quantomeno singolare che non sia stato esteso in tale circostanza anche alla Bulgarella Costruzioni, cui l’operatività infragruppo si riferisce, se non anche a tutto il gruppo”.
Con il cambio di amministratore delegato Unicredit sta cercando di voltare pagina, ma non giova certamente alla sua reputazione aver mantenuto al loro posto i dirigenti e le figure apicali coinvolte nel caso Bulgarella, anche perché le indagini della procura fiorentina vanno avanti e non si possono escludere a priori nuovi contraccolpi per l’immagine e la credibilità del gruppo in una fase così delicata, a fronte di un mercato che da mesi reputa essenziale un maxi-aumento di capitale.
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Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Gli attacchi aerei non scoraggeranno i ribelli yemeniti, i quali risponderanno agli Stati Uniti. Lo ha scritto sui social Nasruddin Amer, vice capo dell'ufficio stampa degli Houthi, aggiungendo che "Sana'a rimarrà lo scudo e il sostegno di Gaza e non la abbandonerà, indipendentemente dalle sfide".
"Questa aggressione non passerà senza una risposta e le nostre forze armate yemenite sono pienamente pronte ad affrontare l'escalation con l'escalation", ha affermato l'ufficio politico dei ribelli in una dichiarazione alla televisione Al-Masirah.
In un'altra dichiarazione citata da Ynet, un funzionario Houthi si è rivolto direttamente a Trump e a Netanyahu, che "stanno scavando tombe per i sionisti. Iniziate a preoccuparvi per le vostre teste".
Damasco, 15 mar. (Adnkronos) - L'esplosione avvenuta nella città costiera siriana di Latakia ha ucciso almeno otto persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale Sana, secondo cui, tra le vittime della detonazione di un ordigno inesploso, avvenuta in un negozio all'interno di un edificio di quattro piani, ci sono tre bambini e una donna. "Quattordici civili sono rimasti feriti, tra cui quattro bambini", ha aggiunto l'agenzia.
Sana'a, 15 mar. (Adnkronos) - Almeno nove civili sono stati uccisi e nove feriti negli attacchi statunitensi su Sanaa, nello Yemen. Lo ha dichiarato un portavoce del ministero della Salute guidato dagli Houthi su X.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Sono lieto di informarvi che il generale Keith Kellogg è stato nominato inviato speciale in Ucraina. Il generale Kellogg, un esperto militare molto stimato, tratterà direttamente con il presidente Zelensky e la leadership ucraina. Li conosce bene e hanno un ottimo rapporto di lavoro. Congratulazioni al generale Kellogg!". Lo ha annunciato su Truth il presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - "Oggi ho ordinato all'esercito degli Stati Uniti di lanciare un'azione militare decisa e potente contro i terroristi Houthi nello Yemen. Hanno condotto una campagna implacabile di pirateria, violenza e terrorismo contro navi, aerei e droni americani e di altri paesi". Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump su Truth. Senza risparmiare una stoccata all'ex inquilino della Casa Bianca, il tycoon aggiunge nel suo post che "la risposta di Joe Biden è stata pateticamente debole, quindi gli Houthi sfrenati hanno continuato ad andare avanti".
"È passato più di un anno - prosegue Trump - da quando una nave commerciale battente bandiera statunitense ha navigato in sicurezza attraverso il Canale di Suez, il Mar Rosso o il Golfo di Aden. L'ultima nave da guerra americana ad attraversare il Mar Rosso, quattro mesi fa, è stata attaccata dagli Houthi più di una decina di volte. Finanziati dall'Iran, i criminali Houthi hanno lanciato missili contro gli aerei statunitensi e hanno preso di mira le nostre truppe e i nostri alleati. Questi assalti implacabili sono costati agli Stati Uniti e all'economia mondiale molti miliardi di dollari, mettendo allo stesso tempo a rischio vite innocenti".
"L'attacco degli Houthi alle navi americane non sarà tollerato - conclude Trump - Utilizzeremo una forza letale schiacciante finché non avremo raggiunto il nostro obiettivo. Gli Houthi hanno soffocato le spedizioni in una delle più importanti vie marittime del mondo, bloccando vaste fasce del commercio globale e attaccando il principio fondamentale della libertà di navigazione da cui dipendono il commercio e gli scambi internazionali. I nostri coraggiosi Warfighters stanno in questo momento portando avanti attacchi aerei contro le basi, i leader e le difese missilistiche dei terroristi per proteggere le risorse navali, aeree e di spedizione americane e per ripristinare la libertà di navigazione. Nessuna forza terroristica impedirà alle navi commerciali e navali americane di navigare liberamente sulle vie d'acqua del mondo".
Whasington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno affermato che gli attacchi aerei contro l'arsenale degli Houthi, gran parte del quale è sepolto in profondità nel sottosuolo, potrebbero durare diversi giorni, intensificandosi in portata e scala a seconda della reazione dei militanti. Lo scrive il New York Times. Le agenzie di intelligence statunitensi hanno lottato in passato per identificare e localizzare i sistemi d'arma degli Houthi, che i ribelli producono in fabbriche sotterranee e contrabbandano dall'Iran.
Washington, 15 mar. (Adnkronos) - Funzionari statunitensi hanno detto al New York Times che il bombardamento su larga scala contro decine di obiettivi nello Yemen controllato dagli Houthi - l'azione militare più significativa del secondo mandato di Donald Trump - ha anche lo scopo di inviare un segnale di avvertimento all'Iran. Il presidente americano - scrive il quotidiano Usa- vuole mediare un accordo con Teheran per impedirgli di acquisire un'arma nucleare, ma ha lasciato aperta la possibilità di un'azione militare se gli iraniani respingono i negoziati.