Il mio viaggio nella Calabria nascosta inizia, paradossalmente, da ciò che di più noto e visibile questa terra possiede, i Bronzi di Riace. Prima di accedere alla sala in cui sono esposti – nel Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, riaperto lo scorso aprile dopo 10 anni di restauri – si deve sostare per tre minuti in una “stanza di purificazione”, un cubicolo con le pareti bianche attraversato da lievi correnti d’aria che eliminano dagli abiti polveri e impurità. Poi la porta della sala si apre all’improvviso e i Bronzi sono lì, maestosi, con quella muscolatura perfetta e guizzante da renderli quasi vivi e pronti all’attacco. Nonostante la posizione degli arti sia simile, il Bronzo A, l’oplita, appare più giovane e aggressivo; quello B, il Re Guerriero, più anziano e riflessivo. Dopo qualche istante mi rendo conto che sto iniziando a guardarli solo attraverso lo schermo del mio cellulare e allora lo maledico, me lo infilo in tasca, alzo gli occhi e resto in contemplazione.
Dal centro cittadino mi sposto verso il profondo Sud d’Italia percorrendo la strada statale 106, che puntella tutta la suola dello stivale da Reggio fino al porto di Taranto. Il tratto più critico della SS 106 è proprio quello calabrese: 400 e rotti chilometri di carreggiata a due sole corsie, una lingua di asfalto bruciato dal sole che si incunea tra gli strapiombi della costa jonica calabrese, seguendone a fatica la silhouette aspra e contorta. Aldilà del finestrino scorre la litoranea: chilometri di spiagge selvagge, che in alcuni tratti perdono parte della loro bellezza a causa del panorama che le circonda: casolari abbandonati e tante, troppe vecchie fabbriche dismesse, che fanno tornare in mente il destino dello stabilimento Sir di Lamezia Terme, la società di resine fenoliche che in mano all’imprenditore Angelo Rovelli divenne negli anni ’70 un mastodonte da 13mila dipendenti, prima che l’azienda si dissolvesse in un collasso finanziario la cui eco giudiziaria è giunta fino ai giorni nostri.
Arrivo a Condofuri, un paesino del reggino alle pendici dell’Aspromonte. È qui che conosco l’avvocato e imprenditore Ezio Pizzi, che mi spiega come la Calabria abbia anch’essa il suo “oro”: il bergamotto. In Italia questo agrume, la cui origine è ignota, cresce e viene coltivato solo alla estrema punta dello Stivale, tra Villa San Giovanni e Gioiosa Ionica. È qui, in piena zona grecanica, che prende forma e sostanza uno dei pochi business locali di respiro internazionale. Il bergamotto – quasi sconosciuto nel resto d’Italia, ma esportato in Francia, America e Inghilterra – è il prodotto agrumicolo più remunerativo in assoluto: in tutta la regione il comparto occupa 6mila persone e produce 100mila chili di essenza che vengono venduti a poco più di 100 euro al chilo. Gran parte del bergamotto viene usato nell’industria cosmetica – i due terzi dei profumi venduti in tutto il mondo lo contengono – ma recentemente, anche se ancora in piccolissima parte e perlopiù solo in Calabria, sta crescendo il suo utilizzo in quella alimentare, da quando alcuni studi scientifici hanno dimostrato che il succo di questo agrume abbassa il colesterolo e ha proprietà antidiabetiche.
È ora di ripartire. Resto nel comune di Condofuri, ma salgo in alto, a 600 metri, per fare un tuffo nel passato. Dopo una ripida salita (in macchina) sui sentieri dell’Aspromonte giungo a Gallicianò, l’unico borgo calabrese ancora interamente ellenofono. Uno degli ultimi abitanti, oggi ne restano una quarantina, è Raffaele: 89 anni, 4 figli, 18 nipoti e 23 pronipoti; quasi tutti sono andati via, lui è rimasto nel paesello. Poco o nulla che sia modernità ha fatto breccia in questo luogo custodito dalle montagne. I Gallicianesi sanno cosa c’è fuori? Desiderano qualcosa che non hanno? La risposta a queste domande non avrebbe senso, perché prenderebbe in considerazione una serie di fattori che esistono solo nel nostro mondo e nella nostra testa. È giusto così allora: che questo posto resti com’è, cristallizzato nelle montagne, immobile e bellissimo.
Mi sposto a Bivongi, due ore e mezza di auto più a nord. Questo paese ospita 1300 abitanti di cui 14 ultracentenari viventi negli ultimi sei anni e 40 ultranovantenni. A Bivongi – che da queste parti chiamano Bivongiwood, perché il sindaco Felice Valenti ha fatto un tentativo un pochino maldestro di mettere la scritta della città su un costone della montagna – gli ultracentenari sono lo 0,14 per cento della popolazione, contro lo 0,03 d’Italia. Questo rende Bivongi uno dei paesi più longevi d’Europa, oltre che il detentore insieme all’isola di Okinawa in Giappone del primato mondiale dei maschi che vivono più a lungo.
Proprio così. Nelle zone montuose dell’entroterra reggino sono soprattutto gli uomini a morire in età avanzata. Dicono sia l’aria, la mancanza di stress, la cucina povera fatta di verdure e legumi (cucinati dalle donne). Qualcuno, con un tocco di realismo magico, è convinto che la Vallata dello Stilaro che raccoglie Bivongi sia baciata dalla benedizione dei santi locali. E ce ne vogliono di santi se, come alcuni sussurrano da queste parti, qui “Il pizzo non lo chiedono”. Sarà forse anche per questo che Francesco Carnovale sta provando a trasformare Bivongi in un paese-albergo diffuso, ristrutturando vecchie abitazioni abbandonate. Tra queste c’è l’Antico Casale, un’antica casa trasformata in B&B che è il top per l’accoglienza turistica in questo posto, grazie anche alla possibilità di assaggiare la vera cucina povera calabrese. Quando cala la notte sul centro storico di Bivongi – un labirinto di stamberghe abbandonate dal fascino irresistibile – Francesco guarda il cielo sperando che la sua Calabria esca dal torpore congenito che la avviluppa da troppo tempo e si trasformi in un grande luogo di accoglienza turistica.
Fine della prima parte
Antonio Leggieri
Giornalista
Viaggi
Calabria nascosta, un viaggio tra il bergamotto e gli ultracentenari/Parte I
Il mio viaggio nella Calabria nascosta inizia, paradossalmente, da ciò che di più noto e visibile questa terra possiede, i Bronzi di Riace. Prima di accedere alla sala in cui sono esposti – nel Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, riaperto lo scorso aprile dopo 10 anni di restauri – si deve sostare per tre minuti in una “stanza di purificazione”, un cubicolo con le pareti bianche attraversato da lievi correnti d’aria che eliminano dagli abiti polveri e impurità. Poi la porta della sala si apre all’improvviso e i Bronzi sono lì, maestosi, con quella muscolatura perfetta e guizzante da renderli quasi vivi e pronti all’attacco. Nonostante la posizione degli arti sia simile, il Bronzo A, l’oplita, appare più giovane e aggressivo; quello B, il Re Guerriero, più anziano e riflessivo. Dopo qualche istante mi rendo conto che sto iniziando a guardarli solo attraverso lo schermo del mio cellulare e allora lo maledico, me lo infilo in tasca, alzo gli occhi e resto in contemplazione.
Dal centro cittadino mi sposto verso il profondo Sud d’Italia percorrendo la strada statale 106, che puntella tutta la suola dello stivale da Reggio fino al porto di Taranto. Il tratto più critico della SS 106 è proprio quello calabrese: 400 e rotti chilometri di carreggiata a due sole corsie, una lingua di asfalto bruciato dal sole che si incunea tra gli strapiombi della costa jonica calabrese, seguendone a fatica la silhouette aspra e contorta. Aldilà del finestrino scorre la litoranea: chilometri di spiagge selvagge, che in alcuni tratti perdono parte della loro bellezza a causa del panorama che le circonda: casolari abbandonati e tante, troppe vecchie fabbriche dismesse, che fanno tornare in mente il destino dello stabilimento Sir di Lamezia Terme, la società di resine fenoliche che in mano all’imprenditore Angelo Rovelli divenne negli anni ’70 un mastodonte da 13mila dipendenti, prima che l’azienda si dissolvesse in un collasso finanziario la cui eco giudiziaria è giunta fino ai giorni nostri.
Arrivo a Condofuri, un paesino del reggino alle pendici dell’Aspromonte. È qui che conosco l’avvocato e imprenditore Ezio Pizzi, che mi spiega come la Calabria abbia anch’essa il suo “oro”: il bergamotto. In Italia questo agrume, la cui origine è ignota, cresce e viene coltivato solo alla estrema punta dello Stivale, tra Villa San Giovanni e Gioiosa Ionica. È qui, in piena zona grecanica, che prende forma e sostanza uno dei pochi business locali di respiro internazionale. Il bergamotto – quasi sconosciuto nel resto d’Italia, ma esportato in Francia, America e Inghilterra – è il prodotto agrumicolo più remunerativo in assoluto: in tutta la regione il comparto occupa 6mila persone e produce 100mila chili di essenza che vengono venduti a poco più di 100 euro al chilo. Gran parte del bergamotto viene usato nell’industria cosmetica – i due terzi dei profumi venduti in tutto il mondo lo contengono – ma recentemente, anche se ancora in piccolissima parte e perlopiù solo in Calabria, sta crescendo il suo utilizzo in quella alimentare, da quando alcuni studi scientifici hanno dimostrato che il succo di questo agrume abbassa il colesterolo e ha proprietà antidiabetiche.
È ora di ripartire. Resto nel comune di Condofuri, ma salgo in alto, a 600 metri, per fare un tuffo nel passato. Dopo una ripida salita (in macchina) sui sentieri dell’Aspromonte giungo a Gallicianò, l’unico borgo calabrese ancora interamente ellenofono. Uno degli ultimi abitanti, oggi ne restano una quarantina, è Raffaele: 89 anni, 4 figli, 18 nipoti e 23 pronipoti; quasi tutti sono andati via, lui è rimasto nel paesello. Poco o nulla che sia modernità ha fatto breccia in questo luogo custodito dalle montagne. I Gallicianesi sanno cosa c’è fuori? Desiderano qualcosa che non hanno? La risposta a queste domande non avrebbe senso, perché prenderebbe in considerazione una serie di fattori che esistono solo nel nostro mondo e nella nostra testa. È giusto così allora: che questo posto resti com’è, cristallizzato nelle montagne, immobile e bellissimo.
Mi sposto a Bivongi, due ore e mezza di auto più a nord. Questo paese ospita 1300 abitanti di cui 14 ultracentenari viventi negli ultimi sei anni e 40 ultranovantenni. A Bivongi – che da queste parti chiamano Bivongiwood, perché il sindaco Felice Valenti ha fatto un tentativo un pochino maldestro di mettere la scritta della città su un costone della montagna – gli ultracentenari sono lo 0,14 per cento della popolazione, contro lo 0,03 d’Italia. Questo rende Bivongi uno dei paesi più longevi d’Europa, oltre che il detentore insieme all’isola di Okinawa in Giappone del primato mondiale dei maschi che vivono più a lungo.
Proprio così. Nelle zone montuose dell’entroterra reggino sono soprattutto gli uomini a morire in età avanzata. Dicono sia l’aria, la mancanza di stress, la cucina povera fatta di verdure e legumi (cucinati dalle donne). Qualcuno, con un tocco di realismo magico, è convinto che la Vallata dello Stilaro che raccoglie Bivongi sia baciata dalla benedizione dei santi locali. E ce ne vogliono di santi se, come alcuni sussurrano da queste parti, qui “Il pizzo non lo chiedono”. Sarà forse anche per questo che Francesco Carnovale sta provando a trasformare Bivongi in un paese-albergo diffuso, ristrutturando vecchie abitazioni abbandonate. Tra queste c’è l’Antico Casale, un’antica casa trasformata in B&B che è il top per l’accoglienza turistica in questo posto, grazie anche alla possibilità di assaggiare la vera cucina povera calabrese. Quando cala la notte sul centro storico di Bivongi – un labirinto di stamberghe abbandonate dal fascino irresistibile – Francesco guarda il cielo sperando che la sua Calabria esca dal torpore congenito che la avviluppa da troppo tempo e si trasformi in un grande luogo di accoglienza turistica.
Fine della prima parte
Articolo Precedente
Lampedusa, ‘mai tornare indietro dal viaggio’
Articolo Successivo
James Holman e la sua idea folle di fare il giro del mondo senza vederlo
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
FQ Magazine
“The Vivienne è morta a causa di un arresto cardiaco, dopo aver assunto ketamina”: la famiglia della drag queen rompe il silenzio sulla causa del decesso
“Un dono meraviglioso sta crescendo dentro di me”: Alessandra Amoroso diventerà mamma a settembre
“Ho avuto paura del terremoto ai Campi Flegrei, tremava tutto. Io Sanremo 2026? Beato chi va! SereNata a Napoli è il mio atto d’amore”: così Serena Rossi
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Non esiste possibilità di un'Unione Europea che conti nel mondo se questa è priva di una difesa europea. Ogni entità politica deve avere tra i suoi principali scopi la conservazione di sé, la propria autodifesa. Altrimenti può essere un'organizzazione economica o commerciale o altro, ma non un'unione politica". Lo sostiene in un'intervista al Corriere della Sera l'ex presidente della Commissione europea José Manuel Durão Barroso, a Roma per un incontro in ricordo di Franco Frattini, ex vicepresidente della stessa commissione, aggiungendo di accogliere favorevolmente la risoluzione del Consiglio europeo di passare, in materia di difesa, dall'unanimità alla maggioranza qualificata, eccezion fatta per le operazioni militari con mandato esecutivo.
"Tutti i passi per assicurare all'Ue un processo decisionale più efficace vanno bene - aggiunge l'ex premier portoghese - Nella fattispecie però non credo che a frenarle sia il voto a maggioranza: spesso l'argomento viene usato come pretesto da quanti dichiarano di voler andare avanti, ma in realtà no. Nei trattati esiste già la possibilità di 'cooperazioni rafforzate' tra alcuni Paesi, basta rispettarne i principi. Sono previsti dall'articolo 20 del Trattato di Lisbona e la massa critica sufficiente per procedere oggi c'è".
"Intese specifiche quali sono le cooperazioni rafforzate vanno raggiunte da almeno nove Stati membri e, siamo onesti, su molte domande non possiamo ambire all'unanimità - spiega Barroso - Attualmente i nove ci sono. E c'è anche abbastanza massa critica per sostenere l'Ucraina". Quanto al programma Rearm Europe di difesa europea approvato dal Consiglio e nella sostanza dal Parlamento, dice ancora, "coloro che sono pronti dovrebbero andare avanti. Francia, Germania e altri lo sono. Allo stesso tempo devono rimanere aperti, come prevedono i trattati, a ulteriori Paesi che potrebbero aggiungersi. È una geometria variabile estensibile a Stati non dell'Ue, come è adesso la Gran Bretagna. Penso che questo dibattito istituzionale di frequente sia una scusa, perché le cose quando lo vogliamo davvero siamo capaci di farle. Importante è superare la frammentazione nell'industria della difesa. Se ogni Paese investe nella rispettiva difesa non aumenteremo quella europea".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Si tratta ancora sul testo della mozione del Pd in vista del voto in Parlamento sulle comunicazioni della premier Meloni in vista del Consiglio Ue. Un accordo sul testo, dopo la lunga riunione di ieri, ancora non è stato trovato. A quanto si apprende, al momento a tenere lontani maggioranza del partito e i riformisti dem è l'aggettivo "radicalmente" voluto dalla segretaria Elly Schlein a proposito dei cambiamenti da apportare a ReErm Eu.
Sulla necessità di invocare modifiche al progetto di difesa Ue di Ursula von del Leyen, invece, le diverse anime del partito si sono trovate d'accordo. "La Schlein vuole marcare la differenza dal Piano, i riformisti pensano invece che ci vogliano debito europeo e difesa comune", sottolinea chi segue le trattative da vicino.
Al testo della mozione lavora già da ieri un gruppo ristretto composto dai capigruppo Francesco Boccia e Chiara Braga, il responsabile Esteri Peppe Provenzano, i capigruppo di commissione Stefano Graziano, Enzo Amendola, Piero De Luca, Tatiana Rojc e Alessandro Alfieri. Una riunione del tavolo ristretto era prevista per stamattina, prima dell'Assemblea dei Gruppi delle 11,30, ma al momento ancora non è iniziata.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - "Spero ci sia la volontà politica per evitare di dividerci di nuovo. Questo è un passaggio storico. Non possiamo sbagliare, è troppo importante. La politica estera e i temi della difesa europea magari non sono decisivi per il consenso elettorale, ma sono fondamentali per la costruzione della credibilità di un soggetto politico e della costruzione di un’alternativa di governo". Lo dice al Foglio Alessandro Alfieri, senatore del Pd e coordinatore di Energia popolare, a proposito della mozione del Pd sulle comunicazioni di Giorgia Meloni in vista del Consiglio Ue.
"Lavoriamo a un documento che sottolinei le criticità del piano sulle quali il governo dovrebbe negoziare con la Commissione – dalla necessità di non sbilanciare il costo del riarmo troppo sui bilanci nazionali, alla necessità di investimenti che contribuiscano a far crescere la collaborazione industriale trai i paesi europei e gli acquisti e programmi comuni tra pesi – ma che confermi comunque che questo è oggi un passaggio necessario per garantire la sicurezza dell’Europa", sottolinea il senatore dem.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - La tregue in Ucraina "ci sarà, è inevitabile. Trump e Putin si sono spinti troppo avanti. Hanno tagliato fuori dal confronto l’Europa che rompe le scatole e ora, escludendo gli altri, hanno obbligato se stessi a portare a casa il risultato. Non possono fallire, non possono tornare alla casella di partenza". Lo dice Romano Prodi a 'Avvenire'.
Ma "la pace è un’altra cosa. È più complicata perché si tratta di definire aspetti complessi. A cominciare dai problemi territoriali. Certo di solito una tregua finisce con il rendere definitivi accordi provvisori", sottolinea l'ex presidente della commissione Ue. Sulla difesa europea, Prodi spiega: "Ora è il momento di farci il nostro ombrello. Penso a un lungo e indispensabile cammino verso la difesa comune. Penso a risorse aggiuntive che vengano progressivamente messe insieme da tutti i Paesi Ue. Penso a risorse spese in modo coordinato e unito. Se aumentiamo le spese militari senza organizzare una politica estera e una difesa comune, sono soldi buttati via".
Prodi, tra le altre cose, parla della situazione del Pd: "In Europa non esiste un Paese in cui un partito abbia la maggioranza. Ecco il tema: creare la compagnia di viaggio" e con il M5s "c’è tanta distanza. Troppa. Questo gioco della separazione quotidiana vuol dire condannarsi alla sconfitta. E invece la sfida è trovare una capacità di mediare avanzando. Servono proposte innovative. Servono proposte che emozionano. Che prendono il cuore. Perchè c’è metà del Paese che non va più a votare. E perchè i giovani non si convincono con proposte in contrasto tra loro".
(Adnkronos) - Serie di attacchi aerei di Israele nella Striscia di Gaza, ripresi nella notte su ordine di Benjamin Netanyahu, che ha ordinato "la ripresa della guerra" contro Hamas, dopo che gli sforzi per estendere il cessate il fuoco sono falliti. Il bilancio delle vittime continua a salire. Secondo il direttore del ministero della Sanità della Striscia, Mohammed Zaqout, i morti sono saliti "ad almeno 330, per la maggior parte donne e bambini palestinesi, mentre i feriti sono centinaia"
Secondo quanto appreso dall'Afp da due fonti del movimento di resistenza islamico, tra le vittime c'è anche il generale di divisione Mahmoud Abu Watfa, che era a capo del ministero dell'Interno del governo di Hamas.
L'ufficio del primo ministro Netanyahu ha dichiarato che lui e il ministro della Difesa Israel Katz hanno dato istruzioni alle Forze di Difesa Israeliane (Idf) di intraprendere “un'azione forte contro l'organizzazione terroristica di Hamas” nella Striscia di Gaza. “Questo fa seguito al ripetuto rifiuto di Hamas di rilasciare i nostri ostaggi, così come al suo rifiuto di tutte le proposte ricevute dall'inviato presidenziale statunitense Steve Witkoff e dai mediatori”, ha dichiarato l'ufficio di Netanyahu in un post su X. “Israele, d'ora in poi, agirà contro Hamas con una forza militare crescente”, ha dichiarato l'ufficio di Netanyahu in una dichiarazione riportata dal Times of Israel, aggiungendo che i piani per la ripresa delle operazioni militari sono stati approvati la scorsa settimana dalla leadership politica.
Israele continuerà a combattere a Gaza "fino a quando gli ostaggi non saranno tornati a casa e non saranno stati raggiunti tutti gli obiettivi", ha affermato Katz.
La Casa Bianca dal canto suo ha confermato che Israele ha consultato l'amministrazione americana prima di lanciare la nuova ondata di raid. "Hamas avrebbe potuto rilasciare gli ostaggi per estendere il cessate il fuoco, invece ha scelto il rifiuto e la guerra", ha detto il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca, Brian Hughes, al Times of Israel, dopo la ripresa dei raid israeliani contro la Striscia di Gaza.
Dal canto suo Hamas ha dichiarato che Netanyahu, con la sua decisione di "riprendere la guerra", "ha condannato a morte gli ostaggi" che si trovano ancora a Gaza. "Netanyahu e il suo governo estremista hanno deciso di sabotare l'accordo di cessate il fuoco - accusa il movimento in una nota - La decisione di Netanyahu di riprendere la guerra è la decisione di sacrificare i prigionieri dell'occupazione e di imporre loro la condanna a morte”. Hamas denuncia poi che il premier israeliano continua a usare la guerra a Gaza come "una scialuppa di salvataggio" per distrarre dalla crisi politica interna.
Hamas ha quindi esortato i mediatori internazionali a “ritenere l'occupazione israeliana pienamente responsabile della violazione dell'accordo” e ha sottolineato la necessità di “fermare immediatamente l'aggressione”.
Il cessate il fuoco era rimasto in vigore per circa due settimane e mezzo dopo la conclusione della prima fase, mentre i mediatori lavoravano per mediare nuovi termini per l'estensione della tregua. Hamas ha insistito per attenersi ai termini originali dell'accordo, che sarebbe dovuto entrare in vigore nella sua seconda fase all'inizio del mese. Questa fase prevedeva che Israele si ritirasse completamente da Gaza e accettasse di porre fine definitivamente alla guerra in cambio del rilascio degli ostaggi ancora in vita. Sebbene Israele abbia firmato l'accordo, Netanyahu ha insistito a lungo sul fatto che Israele non porrà fine alla guerra fino a quando le capacità militari e di governo di Hamas non saranno state distrutte. Di conseguenza, Israele ha rifiutato anche solo di tenere colloqui sui termini della fase due, che avrebbe dovuto iniziare il 3 febbraio.
Gli Houthi dello Yemen "condannano la ripresa dell'aggressione del nemico sionista contro la Striscia di Gaza". "I palestinesi non verranno lasciati soli in questa battaglia e lo Yemen continuerà con il suo sostegno e la sua assistenza e intensificherà il confronto", minaccia il Consiglio politico supremo degli Houthi, che da anni l'Iran è accusato di sostenere, come riportano le tv satellitari arabe.
Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".