Se ne discuterà per tutta l’estate. Anche perché su questo Matteo Renzi si gioca la permanenza a Palazzo Chigi, come da lui più volte annunciato. Parliamo del referendum costituzionale, che si terrà in autunno, anche se ancora non c’è una data certa e, se il timing si allungasse, potrebbe arrivare anche a ridosso di Natale. Il voto finale si è svolto il 12 aprile scorso a Montecitorio: con 361 sì, 7 no e 2 astenuti la Camera ha dato l’ultimo via libera. Successivamente il 6 maggio la Corte di Cassazione si è espressa favorevolmente sulla richiesta di referendum confermativo avanzata da un quinto dei senatori. Vediamo ora le successive tappe che porteranno alla consultazione, senza quorum, con cui gli italiani promuoveranno o bocceranno l’impianto di riforme del governo, il famoso ddl Boschi.
La Cassazione sulle firme
Entro il 15 agosto, ovvero entro un mese dalla presentazione delle 500 mila firme, la Cassazione deve esprimersi sull’ammissibilità delle firme medesime: 580 mila raccolte dal comitato per il Sì, mentre il comitato per il No ha fallito l’obbiettivo. Nel caso la Cassazione non ammettesse le firme, il referendum si terrebbe lo stesso. Le firme, quindi, servono solo a consentire a chi le raccoglie di aver una sorta di imprimatur popolare che dà maggiore forza politica, garantisce gli spazi televisivi adeguati quando si entrerà in regime di par condicio e dà diritto a un rimborso elettorale di 500 mila euro (1 euro a firma).
La palla al governo
Dopo la Cassazione, che può decidere anche prima del 15 agosto, la palla passa al governo. Entro 60 giorni dal parere della Corte, il consiglio dei ministri deve deliberare la data del referendum, che poi viene indetto da un decreto del presidente della Repubblica. Quindi al più tardi entro il 15 ottobre si conoscerà la data della consultazione referendaria.
Si può finire anche a Natale
Il consiglio dei ministri, con la sua delibera, deve decidere una data che cada in una domenica compresa tra il 50esimo e il 70esimo giorno dalla riunione del cdm medesimo. Se tutto procedesse con la massima velocità, dalla prima domenica di ottobre ogni data potrebbe essere buona. Se invece il governo scegliesse di dilatare i tempi al massimo, si arriverebbe al 25 dicembre ma, in questo caso, vista la festività, l’ultima data utile per votare sarebbe domenica 18 dicembre.
Il costituzionalista
“La decisione sui tempi è una valutazione che risponde a criteri essenzialmente politici. E’ il governo che decide secondo la sua convenienza. Probabilmente Renzi vuole votare dopo il primo passaggio in Parlamento della legge di stabilità, così da elargire qualche mancia in vista delle urne”, osserva Massimo Villone, esponente del Comitato per il No e professore emerito di Diritto Costituzionale all’Università Federico II di Napoli. “Votare a dicembre, oltre a essere anomalo e sospetto, favorirebbe l’astensione, visto che gli italiani sarebbero distratti dall’arrivo delle festività. Sarebbe un po’ come votare in agosto. Quindi si può asserire che la data più probabile dovrebbe cadere all’interno di una finestra compresa tra l’ultima settimana di ottobre e le prime due di novembre”, aggiunge Villone.