Da Bruno Vespa, che all’epoca aveva in portafoglio azioni per 5 milioni di euro, alla Mdb consulting di Marco De Benedetti, che ha accumulato un pacchetto da 4,8 milioni. Passando per l’imprenditore Gianfranco Zoppas, che era anche membro del consiglio d’amministrazione della banca e ne ha comprato titoli per un valore di 9,9 milioni, l’ex amministratore di Veneto Banca Romania Arrigo Buffon, l’imprenditore tessile Giuseppe Stefanel, i pellettieri Biasia, la Modena Capitale di cui è socio l’avvocato Giampiero Samorì, la moglie dell’ex numero uno di Banca Intermobiliare Pietro D’Aguì. Sono alcuni dei 27 grandi clienti a cui Veneto Banca, con il loro benestare, ha venduto azioni per un valore di 188 milioni di euro di cui 157 finanziati direttamente dall’istituto.
A Montebelluna, come emerso dall’inchiesta per ostacolo all’attività di vigilanza che il 2 agosto ha portato all’arresto dell’ex numero uno Vincenzo Consoli, quella dei “prestiti baciati” (cioè concessi in cambio dell’acquisto di titoli) era quasi una prassi. E, come riferisce Il Sole 24 Ore, già nel corso dell’ispezione condotta nel 2013 gli uomini di Bankitalia hanno individuato appunto un drappello di 27 clienti “vip”, in alcuni casi anche membri del consiglio della banca, destinatari di un’importante fetta di erogazioni anomale. Operazioni che hanno contribuito a creare il buco da quasi 2 miliardi scoperchiato nel 2014.
Sempre i “soliti noti”, peraltro, prima del dissesto sono anche riusciti a farsi riacquistare le azioni dalla banca (l’unico modo per disfarsene, visto che non erano e non sono quotate in Borsa), mentre i piccoli soci rimanevano incastrati finendo per perdere tutti i risparmi al momento dell’ultimo aumento di capitale in seguito al quale la banca è finita in pancia al fondo Atlante. Per esempio Vespa, che come raccontato da ilfattoquotidiano.it era arrivato ad accumulare un pacchetto di azioni dal valore stimato in 8 milioni di euro, è riuscito a rivenderle nel 2013 liberandosi della zavorra e recuperando l’investimento.