Mercalli sta andando ad Aosta per un convegno. Titolo: “Come l’informazione rimuove il tema ambientale”. Ad ascoltarlo saranno un centinaio di persone o poco più, non certo il milione di telespettatori del suo programma su Rai Tre. Ma avrebbe molte cose da dire, visto che dopo Bianca Berlinguer e Massimo Giannini, Lillo e Greg (su cui c’è stata una parziale marcia indietro) e dopo le pressioni in radio a Francesca Fornario, i vertici Rai hanno chiuso “Scala Mercalli”, il programma che conduceva da due anni su Rai Tre, facendone di fatto l’ultimo epurato.
Alcune riflessioni ce le anticipa, mentre è in viaggio: “E’ evidente che la scelta di chiuderci è dovuta al fatto che non fossimo allineati alle posizioni dell’esecutivo di Renzi su tanti temi, come le trivelle o la Tav, il cemento e le grandi opere. Stanno trasformando l’epurazione in una scienza: fanno interventi mirati e chirurgici per non sollevare polemiche, come negli editti di Berlusconi”. E ancora: “Il silenzio che mi colpisce di più? Quello del Ministro Martina, che pure tanto aveva lodato le puntate sull’agricoltura. La Bignardi? Mai sentita, neppure la cortesia di una telefonata”.
Al bar si dirà che va bene così,visti gli stipendi dei dirigenti e giornalisti del servizio pubblico. Mercalli costava però 57mila euro l’anno lordi e in cambio realizzava un programma di sei puntate a stagione d’informazione ambientale scientificamente rigorosa, riconosciuta anche da esponenti e parlamentari di estrazione ambientalista che oggi “pur di non stare contro vento infilano la testa sotto la sabbia”.
Avvisaglie, da meteorologo aveva capito che era nella lista nera?
Nessuna allerta, il temporale è arrivato improvviso.
Sgomberiamo il campo da un possibile equivoco: quanto guadagnava in Rai?
Non so se posso dirlo.
Eddai, ormai siamo alla resa dei conti…
E’ la prima volta che lo dico. Nell’ultimo contratto costavo euro 57mila, lordi. Per sei puntate che hanno la preparazione di un anno, comprese le trasferte, i servizi fatti fuori etc.
Una miseria rispetto ad altri colleghi conduttori…
Diciamo che era un lavoro di grande soddisfazione professionale ma con il quale io non mi arricchivo né spogliavo la Rai. Avevo un compenso da buon impiegato. Però è bene che si sappia, perché non è certo il costo a motivare la chiusura del programma.
Sarà per gli ascolti…
E’ vero che in Italia c’è una rimozione psicologica del problema ambientale. Alla gente non piace che si parli di certi temi, ci danno dei catastrofisti perché la meniamo con l’effetto serra. Ma il programma aveva un pubblico di un milione di telespettatori, era seguito e quindi non è un problema di share. Anche se fosse, e non è stato, faceva parte di quella “riserva” per cui il servizio pubblico deve esserci e produrre informazione oltre il gradimento. Perché la sfida è raccontare qualcosa le cui conseguenze negative si trascinano per secoli, se non millenni. E’ una responsabilità civile che io e tanti altri sentiamo addosso e abbiamo tentato di trasferire col mezzo televisivo, finché possibile, ai cittadini.
Non sono i costi, non sono gli ascolti. Ne resta solo una…
E’ chiaro che ai nuovi vertici di viale Mazzini non piace che si facciano trasmissioni che raccontano una verità diversa da quella del governo in carica, peggio che mai se con dati ed evidenze scientifiche. Questo abbiamo fatto e la nostra colpa, da quanto capisco, è di non aver solo allungato il microfono per raccogliere l’opinione del politico di turno, ma aver osato sposare una tesi corroborata da dati di valore scientifico.
Ci faccia degli esempi, prego
Abbiamo preso posizioni nette su molti temi. Le trivelle, in primis. Ma anche la legge sul consumo di suolo che stenta ad arrivare, l’energia, le grandi opere. Forse l’informazione che vogliono è quella che si ferma a registrare le varie posizioni in campo. Magari pensano che sia meglio affidare certi temi delicati a conduttori e giornalisti che non ne sanno molto e per questo si devono limitare ad allungare il microfono e registrare le posizioni prevalenti. E’ successo con le chiacchiere da salotto tv sulle trivelle che non hanno mai centrato il tema mentre io ho tirato fuori una puntata di grande rigore scientifico. Non ci siamo mai rifugiati nel politicamente corretto. Abbiamo sempre preso una posizione, difesa con i dati, ma univoca. Anche al rischio di esporci.
Ma non è bastato…
La serietà dell’informazione che facevamo non è mai stata in discussione. Sa che la trasmissione era girata alla sede della Fao, un’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa proprio di questi temi? Non era solo un presidio prestigioso per la Rai, era anche un’esposizione al controllo di quello che andavamo documentando.
Ovvero?
Se avessimo mai detto una cazzata saremmo stati richiamati dai vari ambasciatori, e non è mai successo, anzi, sono fioccati gran complimenti. Posso testimoniare allora il paradosso per cui “Scala Mercalli” andava bene a tutti i Paesi dell’Onu, tranne che all’Italia. Il punto è che mi aspettavo di essere sotto osservazione per questioni scientifiche, scopro invece che erano politiche. E cioè l’allineamento o meno alle posizioni del governo.
Forse siete stati solo “gufi”
In realtà avevamo sentore di passare per tali. Per questo nell’ultima edizione abbiamo fatto una scelta di equilibrio: siamo stati attenti a fare 50% di sana predica ambientalista e 50% di soluzioni che funzionano e sono già in atto. Al motto “si può fare”.
Si sente tra gli epurati Rai?
Non sta a me dirlo. Certo non ho bisogno di difendere io il mio lavoro, ho molte altre cose da fare, a partire dalla ricerca e dall’insegnamento in università.
I prossimi chi saranno?
Non lo so ma è una demolizione chirurgica, scientifica. Chi la fa non vuole certo suscitare indignazione, come fu con gli editti di Berlusconi. E’ un’opera di selezione e rimozione continua: oggi tolgo quello, domani quell’altro, poi modifico qualcosa, cancello un tema, un argomento. Solo a distanza di anni poi ti accorgi di quanto hai perso per strada, dilapidando patrimoni di esperienze importanti che sono costati impegno e soldi.
Si tengono (forse) la Gabanelli e si riprendono Santoro, quasi a dire “vedete? Siamo per il pluralismo”
Questa è la sensazione. Anche se io non conosco a fondo il pianeta Rai, non sono un professionista della tv ma un ricercatore prestato alla divulgazione di argomenti scientifici.
Qualcuno vicino al governo vi ha bacchettati?
Macché, in alcune occasioni ho ricevuto apprezzamento e sostegno anche da esponenti del Pd. Chi mi ha sempre sostenuto per la qualità dei contenuti scientifici e ambientali è stato il ministro Martina. Quando ho fatto le puntate sull’agricoltura ha espresso apprezzamenti. Ma qui non si è fatto vivo nessuno, neppure la cosiddetta “sinistra ambientalista” che pur di non andare controvento infila la testa sotto la sabbia.
Daria Bignardi l’ha chiamata?
Non ho mai parlato con la nuova direttrice. Mai ricevuto una telefonata, una mail, una richiesta di colloquio. Niente di niente di niente. Su un tema di attualità come i problemi ambientali mi sarei premurato di fare un confronto con chi li ha trattati fino al giorno prima. E’ questa superbia che non capisco. Si fa della tv pubblica quel che si fa nella politica. Spoil System: il programma l’aveva deciso Vianello, lei è arrivata a febbraio e basta, non è un figlio suo.
Altro da tagliare?
Ormai siamo arrivati al fondo. Non c’è molto altro.