Si smorza la stretta sulle partecipate pubbliche annunciata dal governo. Si fanno meno stringenti i criteri per il taglio delle società controllate da Stato ed enti locali, mentre l’esecutivo aggiunge 25 voci alla lista di quelle da salvare e ci inserisce pure tutte le cooperative. Tuttavia viene meno la discussa “delega in bianco” a Palazzo Chigi, che in base alle versioni precedenti avrebbe potuto escludere dal perimetro della razionalizzazione tutte le società che voleva. Sono le principali novità del decreto attuativo della riforma Madia che il consiglio dei ministri dopo un secondo passaggio nelle commissioni parlamentari ha approvato in via definitiva mercoledì 10 agosto, quando è invece saltato in extremis l’esame del testo sulla dirigenza pubblica. Il provvedimento dà alle amministrazioni sei mesi di tempo per fare una ricognizione e scrivere il previsto piano di razionalizzazione, ma allarga i paletti sulle soglie di fatturato sotto le quali le società andranno chiuse o privatizzate. L’asticella originaria di 1 milione di euro, che era stata abbassata a 500mila, alla fine è stata rialzata al livello iniziale. E dai tetti per gli stipendi dei manager sono stati esclusi i premi.
Marcia indietro, però, sull’estromissione della Corte dei Conti dai controlli sugli eventuali danni erariali causati alla società da vertici e dipendenti. Giravolta sui bonus ai dirigenti delle società in deficit: in un passaggio intermedio era stato modificato per consentire di versarli nel caso in cui il rosso fosse inferiore rispetto a quello dell’anno prima, poi è tornato il divieto. Restano esonerate dalla razionalizzazione tutte le aziende quotate e, per 12 mesi, quelle che hanno emesso obbligazioni. Secondo calcoli del Sole 24 Ore, saranno almeno 5mila le società che dovranno essere chiuse, vendute o aggregate. Un risultato quindi meno lusinghiero di quello auspicato dal premier Matteo Renzi, che due anni fa aveva annunciato il taglio delle aziende pubbliche “da 8mila a mille”.
Si allarga il “salvagente”: altre 25 società risparmiate dal taglio – L’allegato A dell’ultima versione del provvedimento allarga il perimetro delle spa che non saranno soggette alla stretta: dalle disposizioni dell’articolo 4, che impone paletti per la costituzione o il mantenimento di società pubbliche da parte di Stato ed enti locali, sono escluse anche 25 società finanziarie regionali. Si tratta di Fira, Sviluppo Basilicata, Fincalabra, Sviluppo Campania, Gruppo Friulia, Lazio Innova, Filse, Finlombarda, Finlombarda Gestione sgr, Finmolise, Finpiemonte, Puglia Sviluppo, Sfirs, Irfis-FinSicilia, Fidi-Toscana, Gepafin, Finaosta, Veneto Sviluppo, Trentino Sviluppo, Ligurcapital, Aosta Factor, Fvs sgr, Friulia Veneto Sviluppo, Sviluppumbria e Sviluppo imprese centro Italia. Erano invece già state graziate, per il primo anno di entrata in vigore del decreto, Coni servizi, Expo, Arexpo, Invimit, Istituto poligrafico dello Stato, Sogin, Anas, gruppo Gse, Invitalia e Eur. A queste vanno aggiunte le loro aziende “satellite”. Così il numero cresce fino ad arrivare a quota 37.
Dopo le critiche arrivate da più parti – compreso il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone – sull’eccessiva discrezionalità concessa a Palazzo Chigi nell’escludere a suo piacimento alcune aziende pubbliche dalle nuove regole, la norma è stata ritoccata. Stando alla nuova formulazione, le società che saranno inserite nell’elenco della presidenza del Consiglio saranno escluse solamente dall’articolo 4, quelle che impone vincoli sulle tipologie di partecipazioni ammesse. Tutte le altre regole dovranno essere rispettate: dai tetti stipendiali al blocco delle assunzioni fino a giugno 2018 alla chiusura dopo il quarto bilancio in rosso.
Paletti più morbidi sulle soglie di fatturato – I criteri per la chiusura delle società partecipate diventano meno rigidi per quanto riguarda le soglie di fatturato, che dovrà essere di almeno 1 milione perché l’azienda possa restare in vita. Resta l’obbligo di eliminare quelle che abbiano più amministratori che dipendenti e le “scatole vuote“. Per quelle in perdita scatterà poi la tagliola solo se il rosso è superiore al 5% dei ricavi. Restano fermi i tempi per la prima tornata di tagli: il piano straordinario scatterà a 6 mesi dall’entrata in vigore e entro un anno la rottamazione dovrà essere portata a termine. Dopo la chiusura delle società inutili o perennemente in perdita, dal 2018 scatterà l’obbligo annuale di presentare una relazione all’Organo di vigilanza delle società pubbliche, che potrà effettuare ispezioni e controlli e chiedere di esaminare documenti.
Marcia indietro sui limiti alla Corte dei Conti – Il governo fa dietrofront sull’idea di limitare i poteri della Corte dei Conti ai soli danni subiti dall’azionista pubblico. Nell’ultima versione del decreto, anche il danno erariale causato alla stessa società partecipata è oggetto della giurisdizione dei giudici contabili. “I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società”, recita la versione definitiva. I magistrati contabili saranno anche chiamati a “formulare rilievi sulla coerenza con il piano di razionalizzazione” periodico previsto dalla riforma Madia.
I premi dei manager esclusi dal tetto degli stipendi. Ma niente buonuscite – Il tetto per gli stipendi dei manager delle società partecipate è fissato a 240mila euro all’anno e entro un mese dall’entrata in vigore del decreto dovrà essere ulteriormente articolato in cinque fasce: a seconda di dimensioni e complessità delle attività ci saranno limiti diversi. In ogni caso, la busta paga potrà comunque essere più pesante perché il massimo, in realtà, non comprende i premi. Stando all’ultima versione del testo, infatti, la parte “variabile” della remunerazione non sarà soggetta a limitazioni. E’ saltata invece la possibilità di corrisponderli anche se la società è in perdita. E resta il niet ai trattamenti di fine mandato: l’articolo 11 prevede “il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività”.
Un amministratore su tre dovrà essere donna. Stop agli incarichi a pensionati – Le future società, di regola, avranno un unico amministratore. Ma la norma è tutt’altro che tassativa: “Per specifiche motivazioni di adeguatezza organizzativa” potranno essere creati anche consigli di amministrazione da 3 o 5 membri. Esclusa la possibilità che possa trattarsi di lavoratori in pensione. Arrivano poi le quote rosa: “Nella scelta degli amministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni assicurano il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno”. La percentuale comunque dovrà essere calcolata sul totale delle nomine fatte e non sul singolo organo societario.
La gestione dei lavoratori eccedenti affidata alle Regioni – Sempre entro sei mesi, le partecipate dovranno fare una ricognizione del personale in servizio e individuare eventuali eccedenze. Saranno le regioni a dover gestire l’elenco degli esuberi e cercare di ricollocarli nei loro uffici, Passati altri sei mesi, i dipendenti eccedenti saranno passate alla nuova Agenzia nazionale per le politiche atttive del lavoro UFino al 30 giugno 2018 (nelle versione precedenti la scadenza era il 31 dicembre) le società a controllo pubblico potranno inserire nuovo personale solo attingendo a quegli elenchi: di fatto saranno quindi soggette a un blocco delle assunzioni. Con la razionalizzazione periodica sarà inoltre applicata alle partecipate la disciplina della cessione del ramo d’azienda che prevede la tutela dei lavoratori subordinati.
Numeri & News
Partecipate pubbliche, stretta meno severa ma torna controllo della Corte dei conti su danni causati dai dipendenti
Varato in via definitiva il decreto attuativo della riforma della pa. Sulla base delle nuove norme dovrebbero essere chiuse o accorpate 5mila aziende, risultato meno lusinghiero rispetto a quello auspicato da Renzi. L'asticella del fatturato minimo è stata alzata da 500mila euro a 1 milione. Meno discrezionalità per Palazzo Chigi nella scelta di quelle da escludere. Premi ai manager non soggetti ai tetti agli stipendi
Si smorza la stretta sulle partecipate pubbliche annunciata dal governo. Si fanno meno stringenti i criteri per il taglio delle società controllate da Stato ed enti locali, mentre l’esecutivo aggiunge 25 voci alla lista di quelle da salvare e ci inserisce pure tutte le cooperative. Tuttavia viene meno la discussa “delega in bianco” a Palazzo Chigi, che in base alle versioni precedenti avrebbe potuto escludere dal perimetro della razionalizzazione tutte le società che voleva. Sono le principali novità del decreto attuativo della riforma Madia che il consiglio dei ministri dopo un secondo passaggio nelle commissioni parlamentari ha approvato in via definitiva mercoledì 10 agosto, quando è invece saltato in extremis l’esame del testo sulla dirigenza pubblica. Il provvedimento dà alle amministrazioni sei mesi di tempo per fare una ricognizione e scrivere il previsto piano di razionalizzazione, ma allarga i paletti sulle soglie di fatturato sotto le quali le società andranno chiuse o privatizzate. L’asticella originaria di 1 milione di euro, che era stata abbassata a 500mila, alla fine è stata rialzata al livello iniziale. E dai tetti per gli stipendi dei manager sono stati esclusi i premi.
Marcia indietro, però, sull’estromissione della Corte dei Conti dai controlli sugli eventuali danni erariali causati alla società da vertici e dipendenti. Giravolta sui bonus ai dirigenti delle società in deficit: in un passaggio intermedio era stato modificato per consentire di versarli nel caso in cui il rosso fosse inferiore rispetto a quello dell’anno prima, poi è tornato il divieto. Restano esonerate dalla razionalizzazione tutte le aziende quotate e, per 12 mesi, quelle che hanno emesso obbligazioni. Secondo calcoli del Sole 24 Ore, saranno almeno 5mila le società che dovranno essere chiuse, vendute o aggregate. Un risultato quindi meno lusinghiero di quello auspicato dal premier Matteo Renzi, che due anni fa aveva annunciato il taglio delle aziende pubbliche “da 8mila a mille”.
Si allarga il “salvagente”: altre 25 società risparmiate dal taglio – L’allegato A dell’ultima versione del provvedimento allarga il perimetro delle spa che non saranno soggette alla stretta: dalle disposizioni dell’articolo 4, che impone paletti per la costituzione o il mantenimento di società pubbliche da parte di Stato ed enti locali, sono escluse anche 25 società finanziarie regionali. Si tratta di Fira, Sviluppo Basilicata, Fincalabra, Sviluppo Campania, Gruppo Friulia, Lazio Innova, Filse, Finlombarda, Finlombarda Gestione sgr, Finmolise, Finpiemonte, Puglia Sviluppo, Sfirs, Irfis-FinSicilia, Fidi-Toscana, Gepafin, Finaosta, Veneto Sviluppo, Trentino Sviluppo, Ligurcapital, Aosta Factor, Fvs sgr, Friulia Veneto Sviluppo, Sviluppumbria e Sviluppo imprese centro Italia. Erano invece già state graziate, per il primo anno di entrata in vigore del decreto, Coni servizi, Expo, Arexpo, Invimit, Istituto poligrafico dello Stato, Sogin, Anas, gruppo Gse, Invitalia e Eur. A queste vanno aggiunte le loro aziende “satellite”. Così il numero cresce fino ad arrivare a quota 37.
Dopo le critiche arrivate da più parti – compreso il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone – sull’eccessiva discrezionalità concessa a Palazzo Chigi nell’escludere a suo piacimento alcune aziende pubbliche dalle nuove regole, la norma è stata ritoccata. Stando alla nuova formulazione, le società che saranno inserite nell’elenco della presidenza del Consiglio saranno escluse solamente dall’articolo 4, quelle che impone vincoli sulle tipologie di partecipazioni ammesse. Tutte le altre regole dovranno essere rispettate: dai tetti stipendiali al blocco delle assunzioni fino a giugno 2018 alla chiusura dopo il quarto bilancio in rosso.
Paletti più morbidi sulle soglie di fatturato – I criteri per la chiusura delle società partecipate diventano meno rigidi per quanto riguarda le soglie di fatturato, che dovrà essere di almeno 1 milione perché l’azienda possa restare in vita. Resta l’obbligo di eliminare quelle che abbiano più amministratori che dipendenti e le “scatole vuote“. Per quelle in perdita scatterà poi la tagliola solo se il rosso è superiore al 5% dei ricavi. Restano fermi i tempi per la prima tornata di tagli: il piano straordinario scatterà a 6 mesi dall’entrata in vigore e entro un anno la rottamazione dovrà essere portata a termine. Dopo la chiusura delle società inutili o perennemente in perdita, dal 2018 scatterà l’obbligo annuale di presentare una relazione all’Organo di vigilanza delle società pubbliche, che potrà effettuare ispezioni e controlli e chiedere di esaminare documenti.
Marcia indietro sui limiti alla Corte dei Conti – Il governo fa dietrofront sull’idea di limitare i poteri della Corte dei Conti ai soli danni subiti dall’azionista pubblico. Nell’ultima versione del decreto, anche il danno erariale causato alla stessa società partecipata è oggetto della giurisdizione dei giudici contabili. “I componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società partecipate sono soggetti alle azioni civili di responsabilità previste dalla disciplina ordinaria delle società di capitali, salva la giurisdizione della Corte dei conti per il danno erariale causato dagli amministratori e dai dipendenti delle società”, recita la versione definitiva. I magistrati contabili saranno anche chiamati a “formulare rilievi sulla coerenza con il piano di razionalizzazione” periodico previsto dalla riforma Madia.
I premi dei manager esclusi dal tetto degli stipendi. Ma niente buonuscite – Il tetto per gli stipendi dei manager delle società partecipate è fissato a 240mila euro all’anno e entro un mese dall’entrata in vigore del decreto dovrà essere ulteriormente articolato in cinque fasce: a seconda di dimensioni e complessità delle attività ci saranno limiti diversi. In ogni caso, la busta paga potrà comunque essere più pesante perché il massimo, in realtà, non comprende i premi. Stando all’ultima versione del testo, infatti, la parte “variabile” della remunerazione non sarà soggetta a limitazioni. E’ saltata invece la possibilità di corrisponderli anche se la società è in perdita. E resta il niet ai trattamenti di fine mandato: l’articolo 11 prevede “il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato deliberati dopo lo svolgimento dell’attività”.
Un amministratore su tre dovrà essere donna. Stop agli incarichi a pensionati – Le future società, di regola, avranno un unico amministratore. Ma la norma è tutt’altro che tassativa: “Per specifiche motivazioni di adeguatezza organizzativa” potranno essere creati anche consigli di amministrazione da 3 o 5 membri. Esclusa la possibilità che possa trattarsi di lavoratori in pensione. Arrivano poi le quote rosa: “Nella scelta degli amministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni assicurano il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d’anno”. La percentuale comunque dovrà essere calcolata sul totale delle nomine fatte e non sul singolo organo societario.
La gestione dei lavoratori eccedenti affidata alle Regioni – Sempre entro sei mesi, le partecipate dovranno fare una ricognizione del personale in servizio e individuare eventuali eccedenze. Saranno le regioni a dover gestire l’elenco degli esuberi e cercare di ricollocarli nei loro uffici, Passati altri sei mesi, i dipendenti eccedenti saranno passate alla nuova Agenzia nazionale per le politiche atttive del lavoro UFino al 30 giugno 2018 (nelle versione precedenti la scadenza era il 31 dicembre) le società a controllo pubblico potranno inserire nuovo personale solo attingendo a quegli elenchi: di fatto saranno quindi soggette a un blocco delle assunzioni. Con la razionalizzazione periodica sarà inoltre applicata alle partecipate la disciplina della cessione del ramo d’azienda che prevede la tutela dei lavoratori subordinati.
Articolo Precedente
Dirigenti pubblici, governo rinvia decreto su incarichi a tempo, valutazione risultati e licenziabilità: “Troppe resistenze”
Articolo Successivo
Riforma Madia, l’addio della pubblica amministrazione alla carta slitta da agosto a dicembre
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Usa: “Telefonata Trump-Putin? Pace mai così vicina”. “Il tycoon pensa a riconoscere la Crimea come russa”. Armi, l’Ue vuole altri 40 miliardi dai “volenterosi”
Mondo
Contro Trump il Canada si fa scudo anche con la corona: “Noi e Regno Unito sovrani sotto lo stesso re”
Mondo
Scontro a distanza Francia-Usa. “Ridateci la statua della libertà”, “Non parli tedesco grazie a noi”
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".