Si chiamavano Sama e Mohammad. Sono morti asfissiati dal cloro fuoriuscito da un ordigno lanciato da un elicottero tra la popolazione civile di Zabadiya, nella zona est di Aleppo, in Siria. Con loro ha perso la vita anche la loro mamma. L’identità delle vittime dell’attacco avvenuto martedì 10 agosto, denunciato dalle forze ribelli al regime di Bashar Al Assad e sul quale l’Onu ha aperto un’inchiesta, è stata resa nota dalla Syrian American Medical Society, organizzazione internazionale con sede a Canfield, Ohio, negli Stati Uniti.
La notizia era stata diffusa da Al Jazeera, che citava fonti ospedaliere e della Difesa civile operante nelle aree controllate dai ribelli. I fatti di martedì, afferma la Sams in una nota, seguono almeno 58 altri attacchi al cloro – il 36% del totale, avvenuti dopo l’approvazione della risoluzione 2209 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del marzo 2015, che ha condannato l’uso del gas di cloro in Siria.
Nel report A New Normal: Ongoing Chemical Weapons Attacks in Syria, pubblicato il 14 marzo, il più completo tra quelli realizzati sul fenomeno, l’organizzazione aveva documentato 161 attacchi chimici nel Paese dall’inizio del conflitto fino alla fine del 2015, che hanno causato la morte di almeno 1.491 persone e il ferimento di altre 14.500. Il 77% dei casi si è verificato dopo il passaggio della risoluzione 2118 del Consiglio di Sicurezza, che ha creato un quadro di riferimento per la distruzione delle armi chimiche in Siria. Lo scorso anno, prosegue la Syrian American Medical Society, si è verificato il maggior numero di attacchi, 69, rispetto ai 4 anni precedenti. Un’escalation che dimostrerebbe come la pratica sia divenuta quasi una “normale” tattica di guerra.
Se l’uso di armi chimiche in Siria era stato attestato per la prima volta nel dicembre 2012, il peggior attacco si era verificato pochi mesi più tardi: il 21 agosto 2013 i ribelli avevano denunciato la morte di 1.300 persone a seguito di una pioggia di missili riempiti con gas Sarin caduta sui sobborghi di Damasco, la cui responsabilità venne attribuita alle truppe di Assad. “Il peggior attacco con armi chimiche contro civili dai tempi di Saddam Hussein“, lo definiva il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon.
Pochi mesi dopo, la Siria aderiva alla Convenzione sulle armi chimiche e dava il via allo smantellamento delle sue riserve nell’ambito del processo istituito dalla risoluzione 2118. L’uso di agenti nervini è stato sostituito, quindi, con l’uso diffuso di cloro. “Barili bomba pieni di gas – si legge nel report – sono stati utilizzati sistematicamente in aree civili dei territori controllati dall’opposizione a partire dal 2014, in particolare nelle aree di Hama e Idlib“. Anche lo Stato Islamico è stato accusato fin dalla sua comparsa nel Paese di utilizzare armi chimiche, in particolare cloro e gas mostarda.
L’ultimo caso si è verificato il 2 agosto. Il quotidiano libanese an Nahar riferiva che decine di civili siriani, tra cui donne e bambini, erano stati intossicati da “gas velenosi” diffusi nell’aria durante bombardamenti nel nord-ovest della Siria, non lontano dalla zona di Saraqeb, dove il giorno precedente era precipitato un elicottero militare russo. Il giornale citava fonti della Protezione civile sul posto.