Il caso della vignetta di Mannelli è già stato ampiamente dibattuto e correttamente spiegato e difeso da Il Fatto Quotidiano. Inutile soffermarsi oltre. E’ però l’occasione per trattare un tema di assoluto rilievo quale quello dei confini oggi – ossia inseriti nel contesto socio-culturale attuale, caratterizzato a mio avviso da un trend che molti ignorano, fingono di ignorare o ancor peggio assecondano conformandosi a quello che in termini anglosassoni si può definire come main stream – tra libertà di pensiero, critica, satira, cattivo gusto e illecita manifestazione del pensiero.
A ben vedere, è calato da anni un peloso conformismo che pretende sempre e comunque l’uomo, inteso come maschio, sul banco degli imputati. E la donna sempre e comunque come vittima, a prescindere. Se tutto questo fosse solo una semplice manifestazione di costume, non ci sarebbe da avere alcun timore. Invece tale conformismo determina effetti assai concreti. Ad esempio oramai è cool formare giunte/collegi/organi composte solo da donne o quasi (perché sono migliori), incaricare premier una donna (perché è migliore, più equilibrata). Valutare il merito e le capacità di un essere umano oramai è subordinato alla valutazione del sesso o del genere. E non parliamo poi degli effetti devastanti nel diritto di famiglia, nel quale i tribunali giudicano assai spesso con pesi ben diversi il padre (poco idoneo) dalla madre (sempre idonea), l’uomo (cattivo) dalla donna (buona).
In tale contesto l’uomo è dunque sessista, omofobo, razzista ove solo si azzardi a dire una parola di troppo su una donna, su un Lgbt, su un extracomunitario (meno sul comunitario). Poco importa che le parole o il pensiero espresso siano meramente una libera manifestazione del pensiero (uno dei super diritti fondamentali, in quanto appartenenti alla libertà) o una mera esibizione di cattivo gusto o fuori luogo o una provocazione (sempre però se espressi in seno a questo diritto).
Ovviamente poi esistono pure le declinazioni sessiste, omofobe, razziste, le quali debbono senza alcun indugio essere sanzionate. Ma le manifestazioni (esplicita o implicita) d’odio, di ribrezzo, di intolleranza devono essere un elemento fondamentale per poterle censurare.
Se si osservano attentamente i costumi sociali degli ultimi anni, la comunicazione dettata dai mass media ed in particolare dalla pubblicità, e soprattutto le reazioni alle quali si dà sistematicamente rilievo, si potrà notare come vi sia un evidente doppiopesismo nel trattare oramai l’uomo (reo a prescindere) dalla donna (vittima a prescindere). Non so se ciò sia un effetto ritardato o una conseguenza del femminismo o se tutto ciò sia semplicemente conveniente all’economia (oramai siamo sempre meno esseri umani e sempre più consumatori da orientare). Lascio ai sociologi e agli antropologi la risposta più raffinata.
Mi limito a fare alcuni esempi concreti. Se nella pubblicità l’uomo oramai appare alla stregua di un attrezzo per allontanare le foglie con il suo soffio, ad uso e consumo della donna, ciò sarebbe stato certamente censurato con ignominia se al posto suo avessero adoperato una donna (inammissibile la donna oggetto etc.).
Se Barilla ha sempre orientato il proprio brand verso la famiglia tradizionale e si azzarda a dichiarare che non avrebbe mai inserito in uno spot un gay, viene subito accusato e lapidato pubblicamente di essere omofobo e chi lo ha difeso di essere un fiancheggiatore di un omofobo. La lapidazione lo ha poi costretto a salvare il brand da boicottaggi feroci e indi a scusarsi. Se invece altri suoi competitor dovessero dichiarare che non avrebbero mai inserito in uno spot una famiglia tradizionale verrebbero accusati di qualcosa? No perché chi difende la famiglia tradizionale non è moderno, non è rispettoso dei nuovi diritti civili. Dunque è sessista e omofobo a prescindere.
Mi pare una preoccupante deriva tesa a creare un vulnus, una frattura, una nuova lotta di classe tra uomini e donne, anzi tra gli uomini e tutti gli altri, che induce (e deve indurre) l’uomo a pentirsi di essere maschio. Il manganello e l’olio di ricino di tale nuova ideologia sono le immediate accuse di sessismo/maschilismo/omofobia appena ti permetti di proferire una qualsiasi parola che non sia allineata alla santificazione e al rispetto assoluto (idolatrante) di ogni essere umano privo di fallo. Siamo dunque alla a-fallocrazia.
In tale contesto si inserisce pure il reato di femminicidio, una sorta di aggravante (giuridicamente aberrante perché crea soggetti di diritto diseguali, per cui l’uomo è un minus) creata ad hoc, in quanto il reato di omicidio (asessuato di suo ovviamente) non era sufficiente.
Chissà cosa penserebbero i grandi maestri giuristi, che nei secoli hanno contribuito a creare “la culla del diritto”, dinanzi ad una cotale profanazione del diritto di uguaglianza, che oggi si pretenderebbe essere più eguale per alcuni e più diseguali per altri. Non oso immaginarlo.