Carla Romana Raineri guadagnerà 193mila euro come nuovo capo di gabinetto del sindaco di Roma Virginia Raggi: troppo? Per il Partito democratico non ci sono dubbi, tanto che sulla nomina ha attaccato il M5s, accusato di spendere più dei predecessori. In giornata, però, è arrivata la smentita del Movimento 5 stelle. Stefano Lucidi, capogruppo grillino al Senato, ha ribaltato i numeri forniti dai democratici, secondo cui i quattro capi di gabinetto precedenti guadagnavano molto meno della Raineri. Nella fattispecie – ha scritto il deputato dem Marco Palumbo – “Basile 180mila euro (Alemanno), Basile 75mila (Alemanno), Fucito 73mila (Marino). Raineri nuovo capo di gabinetto 193mila. Grazie Virgi per lo spreco…”. E mentre l’ex magistrato della Corte d’Appello di Milano ha spiegato che “al Campidoglio ci rimette”, Lucidi ha definito ipocriti gli esponenti del Pd perché “fanno finta di dimenticarsi che mentre la Raineri percepisce un solo stipendio in linea con il suo precedente incarico da magistrato, il capo di Gabinetto del sindaco Marino (Pd), Luigi Fucito guadagnava ben 263mila euro lordi sommando lo stipendio di 190mila euro da funzionario del Senato ai 73mila euro in Campidoglio. Pd, doppia morale e doppi incarichi“.
Da Milano a Roma passando per Torino: nomine, assunzioni, stipendi, strategie
Al netto della polemica e della matrice politica delle accuse, come si sono mossi in tema di nomine gli altri neo sindaci delle grandi città eletti ai ballottaggi dello scorso giugno? A Milano il primo cittadino Beppe Sala (Pd) ha nominato sia un nuovo capo di gabinetto che un nuovo city manager. Una pratica assai diffusa con l’insediamento della nuova squadra di governo, con il sindaco che mette uomini di fiducia in ruoli di importanza strategica. Nel capoluogo lombardo è il caso di Mario Vanni, avvocato, 33 anni, ex tesoriere del Pd meneghino nonché coordinatore della comunicazione e delle attività di promozione politica nella campagna elettorale dell’ex manager di Expo. Lo stipendio del professionista? Intorno ai 140mila euro. Un bel risparmio rispetto ai 193mila euro della Raineri, ma un costo non di poco conto se si considera che il successore di Pisapia ha nominato immediatamente anche un nuovo city manager (incarico non assegnato da Virginia Raggi). Trattasi di Arabella Caporello, 43 anni, marchigiana di nascita ma milanese d’adozione, fondatrice del circolo Pd della Pallacorda e renziana di ferro. La nuova city manager potrà arrivare a guadagnare 210mila euro: 180mila di fisso e 30mila di benefit al raggiungimento di determinati obiettivi. In tutto, quindi, Sala spenderà intorno ai 350mila euro per due ruoli chiave nell’amministrazione della città. Tanto? Poco? Per chi conosce il funzionamento delle macchine comunali delle grandi città si tratta di cifre in linea con gli emolumenti standard per i ruoli interessati. Diverso il caso di Torino, dove la sindaca Chiara Appendino ha mantenuto la promessa fatta in campagna elettorale e ha tagliato del 30% lo spoil system del predecessore Piero Fassino: via il portavoce dell’ex primo cittadino, il direttore generale, il capo di gabinetto, il coordinatore della segreteria, il responsabile marketing e turismo e altri dirigenti comunali. “Con questi soldi costituiremo un fondo da 5 milioni di euro per inserire i giovani nelle piccole e medie imprese” ha spiegato il nuovo sindaco di Torino. Strategie. Se giuste o sbagliate è presto per dirlo.
Direttore generale, capo di gabinetto e city manager: come vengono nominati
Il direttore generale, il capo di gabinetto e il city manager sono ruoli strategici all’interno delle macchine comunali. Attenzione, però: strategici, ma non obbligatori. I comuni, infatti, possono anche farne a meno. Tutte e tre le figure sono di nomina squisitamente politica: in soldoni, il sindaco sceglie in totale autonomia e secondo i parametri di spesa fissati dagli statuti comunali. Per quanto riguarda il capo di gabinetto del sindaco, però, la riforma Madia ha posto dei paletti: se prima non c’erano limitazioni per la scelta dei papabili, ora invece è necessario un bando pubblico e delle competenze ad hoc. A Milano, in tal senso, ci sono stati dei problemi. Come raccontato da Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano, Sala ha nominato Vanni senza gara e gli ha dato uno stipendio da dirigente pur non essendo il diretto interessato un dirigente (nel precedente incarico all’Authority per l’energia era inquadrato come funzionario). Un intoppo non di secondaria importanza, visto che Vanni non poteva firmare gli atti da capo di gabinetto del sindaco. In un primo momento, infatti, i provvedimenti sono stati vidimati dal predecessore di Vanni. L’inconveniente è stato sottolineato nella prima seduta del Consiglio comunale da Basilio Rizzo, candidato sindaco per “Milano in Comune”, che ha chiesto come mai ora “si debba istituire un ‘dirigente del gabinetto del sindaco’ che abbia il potere di firma che il capo di gabinetto in carica non può avere”. Come ha risolto la grana Giuseppe Sala? Con una gara ad hoc. Postuma. E sul sito del Comune di Milano alla voce ‘capo di gabinetto del sindaco’ compare un nome: Mario Vanni. Diametralmente opposta, invece, la modalità di scelta del segretario generale del Comune. Si tratta di una nomina – questa sì – obbligatoria, che viene prescritta dal Testo Unico degli enti Locali. Il nome del prescelto va individuato all’interno dell’albo nazionale ad hoc. Lo stipendio? Fissato secondo parametri standard e uguali in tutta Italia. Per questo ruolo, insomma, la politica può poco o nulla.