A poco più di un mese dal fallito golpe in Turchia continuano le purghe e si completa l’assedio all’uomo considerato il nemico numero uno. Dopo la richiesta di estradizione, il mandato di arresto, arriva la richiesta di condanna a tempo di record per Fetullah Gulen. L’imam, autoesiliatosi in Usa, è considerato dal presidente Erdogan “la mente” del fallito golpe del 15 luglio. La procura ha chiesto due condanne all’ergastolo e altri 1.900 anni di carcere per il religioso, in passato alleato del presidente. In contemporanea sono stati eseguiti nuovi arresti e perquisizioni: nel mirino dipendenti dei Tribunali e manager di società considerate finanziatrici del movimento guleniano. Ma non solo: un tribunale ha ordinato la chiusura del giornale Ozgur Gundem accusato di fare propaganda per il Pkk.
L’agenzia di stampa Anadolu spiega che l’atto d’accusa di 2.527 pagine nei confronti del religioso è stato approvato dai procuratori della regione di Usak nella Turchia occidentale. Gulen è accusato di aver ”tentato di distruggere l’ordine costituzionale con la forza” e di aver “formato e diretto un gruppo terroristico armato”. Fetullah Gulen, predicatore e politologo è il leader del movimento Hizmet (Il servizio) e dal suo esilio volontario ha sempre negato ogni responsabilità. Un tempo per Erdogan era un alleato. Ma i rapporti tra i due hanno iniziato a incrinarsi nel 1999, quando Gulen si è trasferito negli Stati Uniti. La rottura completa risale all’inchiesta per corruzione del 17 dicembre 2013 che ha travolto il governo di Erdogan. Le cui politiche sono sempre state criticate dall’ex amico. Da alloora presidente turco lo ritiene l’organizzatore di un gruppo terroristico e un vero e proprio “stato parallelo” con l’obiettivo di deporlo. Ne farebbero parte militari, politici, giornalisti e numerose altre componenti della società turca. E sono migliaia le persone che sono entrate nel mirino delle forze dell’ordine per questo motivo.
Nei giorni scorsi le autorità turche, nel generale repulisti che ha coinvolto migliaia di persone, hanno fermato o arrestato centinaia di persone considerate vicine all’imam e anche oggi la polizia ha eseguito perquisizioni negli uffici di 44 società di Istanbul con mandati di arresto per 120 manager. Le società in questione sono accusate di sostenere finanziariamente il movimento.
Anadolu riferisce anche che, sempre nell’ambito delle indagini sul fallito golpe, la polizia ha perquisito alcuni uffici all’interno del principale tribunale nella parte asiatica di Istanbul, con mandati d’arresto per 83 persone. Dal 15 luglio oltre 35mila persone sono state fermate e per 17mila di loro è stato confermato l’arresto; decine di migliaia di altre persone sono state invece sospese dal servizio nelle purghe all’interno di esercito e sistemi di istruzione e giustizia.
Il caso Gulen ha innescato anche tensioni diplomatiche tra Ankara e Washington: cinque giorni fa Erdogan aveva dichiarato che gli Stati Uniti avrebbero dovuto scegliere. Il movimento di Gulen controlla o meglio controllava associazioni professionali e studentesche, organizzazioni caritatevoli, aziende, scuole, università, radio, televisioni e quotidiani. Molto influente poi l’impero mediatico collegato: da ‘Zaman‘, uno dei quotidiani più stampati in Turchia, alla rivista ‘Aksyion‘ fino all’agenzia di stampa ‘Cihan‘. Oltre ad alcune emittenti televisive, come Samanyolu TVe Mehtap TV. Tutti finiti nel mirino della purga di Erdogan.
Autore di una sessantina di libri, l’agenzia di intelligence turca Mit avrebbe accusato Gulen anche di essere un agente della Cia. E non a caso il 25 luglio scorso i media vicini al presidente hanno accusato l’agenzia statunitense di aver finanziato il colpo di Stato. La comunità religiosa che lo segue conta nella sola Turchia decine di migliaia di attivisti e una cerchia di simpatizzanti stimata tra 4 e 5 milioni di persone. Erano oltre 100 le scuole e una decina le università controllate dal movimento di Gulen, oltre a centri di istruzione privati in 110 Paesi, dalla Francia al Sudafrica. Ed è per questo che arresti e perquisizioni hanno riguardato anche il mondo della scuola e dell’università, senza contare l’offensiva nei confronti dei magistrati di qualsiasi ordine e grado.
C’è invece, a quanto pare, un ripensamento sulla pena di morte la cui possibile reintroduzione era stata paventata subito dopo il golpe. “Ci sono condanne peggiori della pena di morte per chi ha avuto un ruolo nel tentato golpe del 15 luglio in Turchia” ha dichiarato il primo ministro turco Binali Yildirim. “Una persona non muore solo quando viene giustiziata – ha detto ai deputati dell’Akp – Ci sono modi peggiori per morire che la (pena, ndr) di morte. Questo è un processo imparziale e giusto”. Il premier ha quindi affermato che all’imam Fetullah Gulen verrà chiesto conto del tentato golpe nel quale hanno perso la vita 240 persone. “I responsabili del sangue dei nostri martiri dovranno rispondere davanti alla giustizia. Non li porteremo davanti alla giustizia per senso di vendetta”, ha aggiunto. L’ultima pena capitale eseguita in Turchia risale al 25 ottobre del 1984 con l’impiccagione del militante di sinistra Hidir Aslan per il golpe del 1980.