Restare in sella fino alla fine, anche in caso di sconfitta. Con o senza dimissioni, magari con una nuova fiducia o un governo di scopo. In ogni caso, l’inizio di una marcia indietro. Poche parole di Renzi, più che mai sfuggenti, aprono scenari inediti sul destino del governo e dell’intera legislatura in caso di vittoria del “no” al referendum di ottobre: “Comunque vada si voterà nel 2018″. Parole scandite dal premier durante il suo intervento alla Versiliana cui non ha fatto seguito, come altre volte, l’impegno a dimettersi prontamente in caso di sconfitta. Anzi, a precisa domanda Renzi stavolta non risponde ma glissa. Una coincidenza, forse. Ma l’analisi politica porta a cogliere in quelle parole il segno di una posizione nuova del premier che pur di restare attaccato alla poltrona potrebbe davvero cambiare tutto, anche modificare radicalmente il copione della politica dei prossimi mesi e anni. Se di questo davvero si tratta, le ipotesi per raggiungere lo scopo di permanere a Palazzo Chigi o comunque segnare le sorti della legislatura sono diverse. Con diverse dosi di spregiudicatezza e di rischio.
Nuova fiducia, dimissioni o governo di scopo
Quella più radicale, condivisa dai maggiori quotidiani, fa pensare a una vera e propria retromarcia del premier. Per arrivare a “votare nel 2018″, in caso di sconfitta, Renzi potrebbe salire al Quirinale. Il presidente Sergio Mattarella, in assenza di un voto di sfiducia all’esecutivo, potrebbe rinviare il Presidente del Consiglio alle Camere dove potrebbe ottenere una nuova fiducia, magari sospinta dal timore di molti degli eletti di perdere la poltrona, oppure di consegnare la parola agli elettori e ritrovarsi poi un governo a Cinque Stelle.
Se così fosse, la vita del governo Renzi potrebbe proseguire – magari traballando – fino alla data auspicata. Questa ipotesi si fonderebbe sulla paura di perdere nelle urne e sulla sicurezza di avere i voti in Parlamento. Che arriverebbero anche a fronte di una sonora sconfitta. Sempre in caso di sconfitta, Renzi potrebbe non reggere la pressione delle opposizioni su Mattarella e cedere. Ma restando segretario del Pd, partito che alla Camera ha la maggioranza, potrebbe ridare le carte per un nuovo governo, magari di transizione, sempre a trazione renziana, che guada la tempesta fino al 2018. O almeno abbastanza da mandare in porto la legge elettorale, magari riscritta proprio con le forze che sosterranno questo esecutivo “di scopo” o di “unità nazionale”. Centristi e centro destra ai quali ieri, forse non ha caso, ha riservato molte cortesie, compresa l’autocritica per conto del centrosinistra alla vigilia del vertice con Merkel e Hollande: “Abbiamo sbagliato a ridere di Berlusconi”.
Anche il Pd deve decrittare l’uscita
Anche nel Pd, dove il referendum è atteso come un regolamento di conti, si cerca di decrittare le parole di Renzi. Più d’uno avrà tirato un sospiro di sollievo. Chi gli è più vicino assicura che le parole del premier non sottendono trabocchetti o giochi di palazzo. Perché, dicono, sono certi che vincerà il “sì”. E giurano che anche Renzi lo sia. Altri segnali sembrano però indicare che la certezza traballa e piani alternativi non sono poi così superflui. “Ho sbagliato a personalizzare il referendum”, è tornato a dire ieri il premier-segretario. Una specie di esorcismo che da solo non basta a rimuovere lo spettro della sconfitta e delle conseguenze degli impegni assunti. Parare il colpo a sinistra è dunque l’altra urgenza. Nello stesso intervento alla Versiliana, del resto, Renzi non ha perso l’occasione di ribadire alla minoranza interna e all’arcinemico Massimo D’Alema che “il referendum non sarà una rivincita sul congresso del partito, per difendere le poltrone e magari tornare in Parlamento”. Come a dire che, anche in caso di sconfitta, lui resterà in sella come segretario del Partito Democratico. E segnerà comunque la prosecuzione della legislatura da protagonista, non da “sconfitto”. Come nelle profezie che si auto-avverano, con la dovuta strategia.
Referendum Costituzionale
Referendum, Renzi prova la retromarcia sulle dimissioni. Nuova fiducia o governo di scopo come piano B per restare in sella
"Il referendum? Comunque vada si vota nel 2018". E nessuna risposta sulle conseguenze per lui in caso di sconfitta. Poche parole di Renzi, più che mai sfuggenti, aprono scenari inediti sul destino del governo e dell’intera legislatura in caso di vittoria del “no”. Così, nelle ultime uscite del premier, si intravvede il segno di un possibile piano B che passa per una nuova fiducia o un governo di scopo comunque vigilato dal segretario del Pd. Ecco le ipotesi
Restare in sella fino alla fine, anche in caso di sconfitta. Con o senza dimissioni, magari con una nuova fiducia o un governo di scopo. In ogni caso, l’inizio di una marcia indietro. Poche parole di Renzi, più che mai sfuggenti, aprono scenari inediti sul destino del governo e dell’intera legislatura in caso di vittoria del “no” al referendum di ottobre: “Comunque vada si voterà nel 2018″. Parole scandite dal premier durante il suo intervento alla Versiliana cui non ha fatto seguito, come altre volte, l’impegno a dimettersi prontamente in caso di sconfitta. Anzi, a precisa domanda Renzi stavolta non risponde ma glissa. Una coincidenza, forse. Ma l’analisi politica porta a cogliere in quelle parole il segno di una posizione nuova del premier che pur di restare attaccato alla poltrona potrebbe davvero cambiare tutto, anche modificare radicalmente il copione della politica dei prossimi mesi e anni. Se di questo davvero si tratta, le ipotesi per raggiungere lo scopo di permanere a Palazzo Chigi o comunque segnare le sorti della legislatura sono diverse. Con diverse dosi di spregiudicatezza e di rischio.
Nuova fiducia, dimissioni o governo di scopo
Quella più radicale, condivisa dai maggiori quotidiani, fa pensare a una vera e propria retromarcia del premier. Per arrivare a “votare nel 2018″, in caso di sconfitta, Renzi potrebbe salire al Quirinale. Il presidente Sergio Mattarella, in assenza di un voto di sfiducia all’esecutivo, potrebbe rinviare il Presidente del Consiglio alle Camere dove potrebbe ottenere una nuova fiducia, magari sospinta dal timore di molti degli eletti di perdere la poltrona, oppure di consegnare la parola agli elettori e ritrovarsi poi un governo a Cinque Stelle.
Se così fosse, la vita del governo Renzi potrebbe proseguire – magari traballando – fino alla data auspicata. Questa ipotesi si fonderebbe sulla paura di perdere nelle urne e sulla sicurezza di avere i voti in Parlamento. Che arriverebbero anche a fronte di una sonora sconfitta. Sempre in caso di sconfitta, Renzi potrebbe non reggere la pressione delle opposizioni su Mattarella e cedere. Ma restando segretario del Pd, partito che alla Camera ha la maggioranza, potrebbe ridare le carte per un nuovo governo, magari di transizione, sempre a trazione renziana, che guada la tempesta fino al 2018. O almeno abbastanza da mandare in porto la legge elettorale, magari riscritta proprio con le forze che sosterranno questo esecutivo “di scopo” o di “unità nazionale”. Centristi e centro destra ai quali ieri, forse non ha caso, ha riservato molte cortesie, compresa l’autocritica per conto del centrosinistra alla vigilia del vertice con Merkel e Hollande: “Abbiamo sbagliato a ridere di Berlusconi”.
Anche il Pd deve decrittare l’uscita
Anche nel Pd, dove il referendum è atteso come un regolamento di conti, si cerca di decrittare le parole di Renzi. Più d’uno avrà tirato un sospiro di sollievo. Chi gli è più vicino assicura che le parole del premier non sottendono trabocchetti o giochi di palazzo. Perché, dicono, sono certi che vincerà il “sì”. E giurano che anche Renzi lo sia. Altri segnali sembrano però indicare che la certezza traballa e piani alternativi non sono poi così superflui. “Ho sbagliato a personalizzare il referendum”, è tornato a dire ieri il premier-segretario. Una specie di esorcismo che da solo non basta a rimuovere lo spettro della sconfitta e delle conseguenze degli impegni assunti. Parare il colpo a sinistra è dunque l’altra urgenza. Nello stesso intervento alla Versiliana, del resto, Renzi non ha perso l’occasione di ribadire alla minoranza interna e all’arcinemico Massimo D’Alema che “il referendum non sarà una rivincita sul congresso del partito, per difendere le poltrone e magari tornare in Parlamento”. Come a dire che, anche in caso di sconfitta, lui resterà in sella come segretario del Partito Democratico. E segnerà comunque la prosecuzione della legislatura da protagonista, non da “sconfitto”. Come nelle profezie che si auto-avverano, con la dovuta strategia.
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Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Non c’è molto da dire, se non che mi vergogno e che mi dispiace molto. Il Pd è germogliato dalle tradizioni più alte e più nobili della storia politica del Paese. Ha nel suo dna l’europeismo. Ed è di tutta evidenza che non può essere questo il nostro posizionamento". Lo scrive sui social Pina Picierno rispondendo alle proteste sui social per il post del Pd sulla questione del piano di Difesa Ue in cui si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Matteo Salvini.
"Mi vergogno, infatti. E sono allibita", aggiunge la vice presidente del Parlamento europeo.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "Ma vi siete bevuti il cervello Elly Schlein? Vi mettete a scimiottare Salvini. I riformisti sono vivi? Hanno qualcosa da dire? Paolo Gentiloni, Lorenzo Guerini certificate la vostra esistenza in vita al netto di Pina Picierno e Filippo Sensi". Lo scrive sui social Carlo Calenda, rilanciando un post del Partito democratico sulla questione del piano di Difesa Ue in cui tra l'altro si legge 'bravo Matteo' a proposito delle posizioni di Salvini.
Roma, 8 mar (Adnkronos) - "In Italia si aggira un tizio - si chiama Andrea Stroppa - che rappresenta gli interessi miliardari e le intrusioni pericolose di Elon Musk. Dopo avere espresso avvertimenti vagamente minatori e interferito sull’attività di governo, questo Stroppa ha insultato due giornalisti, Fabrizio Roncone e la moglie Federica Serra, con il metodo tipico dell’intimidazione". Lo dice il senatore del Pd Walter Verini.
"Esprimiamo solidarietà ai due giornalisti. E ci chiediamo anche cosa aspetti Giorgia Meloni, Presidente del Consiglio di questo Paese, a far sentire la sua voce contro queste ingerenze, questi attacchi, questi tentativi di intimidazione a giornalisti e giornali”, aggiunge il capogruppo Pd in Antimafia.
Roma, 8 mr (Adnkronos) - "Mentre il dibattito politico italiano viene inevitabilmente attratto dalla demagogia, da Trump arriva un’altra sberla: l’ipotesi del ritiro di 35.000 soldati americani dalla Germania. Si va di cigno nero in cigno nero, ma tutto questo sembra non ridestare dalla bolla della politica politicante il governo". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva.
"Oggi il Capitano ha animato i suoi gazebo nei fatti contro la linea della Premier e dell’altro Vicepremier (che dovrebbe essere il Ministro degli Esteri). Di fronte a questi scenari, serve un soprassalto di responsabilità. Oggi - aggiunge Borghi - di fronte agli sviluppi della guerra in Ucraina e alla svolta anti-Nato di Trump sono in gioco le nostre libertà democratiche: questo è il tema chiave di questi anni".
Washington, 8 mar. (Adnkronos) - E' stata eseguita tramite fucilazione la condanna a morte di Brad Keith Sigmon, che aveva scelto il plotone di esecuzione alla sedia elettrica e all'iniezione letale, i metodi adottati dalla South Carolina per le pene capitali. La Corte Suprema dello Stato aveva rifiutato l'ultima richiesta di sospensione dell'esecuzione, la prima tramite fucilazione eseguita negli Stati Uniti in 15 anni.
Il legale dell'uomo, condannato a morte per l'omicidio dei genitori della sua ex fidanzata con una mazza da baseball, ha spiegato al Washington Post che il suo assistito ha scelto il plotone di esecuzione perché "ha paura" ed è preoccupato per le possibili sofferenze provocate dall'iniezione letale, il cui procedimento, ha aggiunto il legale, viene "tenuto segreto".
Secondo quanto riferiscono i media americani, un plotone di esecuzione di tre agenti ha sparato all'uomo da una distanza di circa 4,6 metri all'interno del Broad River Correctional Institution nella capitale dello stato Columbia.
I giornalisti che hanno assistito all'esecuzione da dietro un vetro antiproiettile hanno affermato che Sigmon indossava una tuta nera con un piccolo bersaglio rosso fatto di carta o stoffa sul cuore. In una dichiarazione finale letta dal suo avvocato, Gerald King, Sigmon ha dichiarato di voler inviare un messaggio di "amore e un invito ai miei fratelli cristiani ad aiutarci a mettere fine alla pena di morte".
Al condannato è stato quindi messo in testa un cappuccio e circa due minuti dopo il plotone di esecuzione, composto da volontari del South Carolina Department of Corrections, ha sparato attraverso fessure in un muro.
Da quando è stata reintrodotta la pena di morte negli Usa nel 1976 sono state eseguite solo tre condanne a morte per fucilazione, tutte nello Utah, nel 1977, nel 1996 e nel 2000.
Roma, 8 mar. (Adnkronos) - “Il risultato record raggiunto con il 2x1000 per il 2024 consente al Partito democratico un investimento straordinario sui territori: questa settimana abbiamo inviato oltre un milione di euro alle nostre articolazioni regionali e provinciali, che si somma alle 440.000 euro già anticipate. Si tratta solo del 70% di quanto pattuito, in quanto lo Stato non ha ancora trasferito l’intero 2x1000 spettante ai partiti politici. Ma noi invieremo comunque entro marzo il restante 30%, superando in totale i 2 milioni di euro relativi al solo 2024. Se sommiamo queste risorse al mezzo milione di euro trasferito lo scorso anno, possiamo calcolare che, in questi due anni di segreteria, il Pd nazionale ha trasferito ai territori più del doppio delle risorse trasferite negli otto anni precedenti sommati insieme, cioè dalla fine del finanziamento pubblico al 2022". Lo sottolinea il tesoriere del Pd, Michele Fina.
"Oggi -aggiunge- possiamo farlo perché sta arrivando a compimento una grande opera di risanamento del nostro bilancio, ma soprattutto perché abbiamo fatto fin dall’inizio una scelta precisa: investire per sostenere la partecipazione, l'attività politica e, in ultima istanza, la democrazia nel Paese. Abbiamo unito tutti i livelli del partito in un unico sforzo corale. Per questo nel 2024 siamo risultati il primo partito in assoluto con 10.286.000 circa di risorse, con una crescita di 3 milioni in due anni e ben 628.000 contribuenti che ci hanno scelto. È il dato più alto della nostra storia”.
“In un tempo in cui -le democrazie liberali sono messe in discussione dalla prepotenza finanziaria di plurimiliardari stranieri e dalla forza economica delle big tech, il Partito democratico -aggiunge la segretaria Elly Schlein- riparte dai territori, dal coinvolgimento della base, dal riacquisto e riapertura delle sedi, dalla formazione politica".
Roma, 8 mar. (Adnkronos) - "Incredibile come nel caso del ricorso del clandestino trasportato sulla nave ‘Diciotti’, il pubblico ministero della Cassazione abbia dato torto all’immigrato con una motivata requisitoria, chiedendo il rigetto della domanda. La Cassazione in totale difformità della richiesta invece ha accolto il ricorso con una ordinanza che di giuridico pare avere ben poco. Infatti stravolgendo un principio costante, in assenza di una qualsiasi prova afferma che il danno morale subito dal clandestino va supposto, senza la necessità di esser provato. Quindi i famigliari delle vittime di un incidente sono tenuti a dar prova del danno morale subito, l’immigrato no! È incredibile come la Cassazione non abbia nemmeno indicato i criteri per la determinazione del danno. Una ordinanza che di giuridico ha molto poco. Siamo al fanta-diritto. All’uso politico della giustizia elevato alla massima potenza". Lo afferma Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato.
"Peraltro -aggiunge- la ‘suprema’ Corte è poco suprema perché ha persino scritto nella sentenza 1989 invece di 2019. Dico alla presidente della Cassazione che poi le sue minacce ci lasciano indifferenti. Loro possono scioperare contro lo Stato e la legalità repubblicana. E noi non potremmo dire quello che pensiamo? Lo ripeto: siete contro la separazione dei poteri, siete fuori dalla legge. La magistratura da risorsa è diventata malattia per il Paese”.