Di Davide Vavassori
Da alcuni video rilasciati dalle forze armate russe e americane si possono vedere le differenze tra i bombardamenti compiuti in Siria dall’aviazione statunitense e dall’aviazione russa; sono differenze che hanno valenza tattica, militare e strategica, e che danno una certa idea sulla diversa considerazione che i due Paesi danno alla riduzione delle vittime collaterali degli attacchi.
Il 16 agosto Mosca ha lanciato un raid aereo in Siria (nella zona di Dair er Zor, controllata dall’Isis) da una base iraniana e ha diffuso un video realizzato durante il bombardamento stesso. Come fosse stato filmato da un compagno di volo con una GoPro sul casco, il video riprende a colori – in ottima qualità e a una distanza molto ravvicinata – il bombardiere russo (modello Tupolev Tu-22M3 per i nerd del settore) mentre sgancia una serie di bombe da un’altezza imprecisata, sopra le nuvole.
Superato lo stupore per la qualità delle immagini e il tempismo del momento filmato viene da chiedersi: avrà colpito qualcosa? Non serve infatti un dottorato in ingegneria balistica per capire che da un’altezza simile considerando il vento, la velocità dell’aereo e il movimento a peso morto degli ordigni rilasciati, la precisione del bombardamento russo non sia tra le priorità dell’operazione.
Che sia un attacco approssimativo lo si capisce ancora di più se si confronta il video russo con un altro video, realizzato dall’US Army durante un attacco il 20 maggio scorso a Raqqa, “capitale” Isis. Questo è il classico video da telegiornale in cui la telecamera dell’aereo che effettua il bombardamento riprende in bianco e nero l’obiettivo durante l’attacco. In questo caso l’aereo americano abbatte in maniera precisa un edificio – identificato come deposito di munizioni dell’Isis – attraverso l’utilizzo di un missile guidato.
La diversa qualità dei due video, unita alla prova finale dell’obiettivo colpito, fa immaginare che il video russo sia stato realizzato più per propaganda che non per mostrare al comando operativo della missione il buon esito della stessa. Un intento che si rivela controproducente in quanto, dalle immagini, più che l’efficacia e la buona volontà di Mosca nell’intervenire nel conflitto emerge una pericolosa imprecisione del bombardamento a tappeto russo con i relativi rischi esponenziali per le vittime civili collaterali.
Fermo restando che nessun bombardamento può garantire assoluta incolumità ai civili (anche nel video americano potete osservare una macchina che passa davanti all’edificio una frazione di secondo prima che venga colpito: per quello che ne sappiamo lì dentro possono esserci dei bambini che tornavano da scuola) è chiaro che il divario nella precisione dei due è cruciale per limitare tali danni. Il bombardamento russo non sembra poi molto diverso da quelli che si effettuavano ai tempi della seconda guerra mondiale, quando le tecnologie per limitare le vittime civili collaterali erano decisamente meno evolute, se non completamente assenti.
Avventurandoci nello studio dell’uso del bombardamento aereo in guerra possiamo riconoscere il bombardamento russo come più vicino al metodo “strategico” e quello americano a quello “tattico”. Teorizzato alla fine della prima guerra mondiale (con il contributo del mai celebrato abbastanza generale italiano Giulio Douhet), il bombardamento strategico prevede l’uso dell’aereo non per colpire con precisione le forze militari nemiche, addestrate a sopportare un maggiore livello di violenza, ma la società civile, debole e indifesa. In un periodo segnato dalle battaglie di logoramento, l’aereo viene pensato per “scavalcare” letteralmente la linea del fronte e colpire i punti vitali del nemico senza dover annientare il suo esercito di terra.
Nell’idea di Douhet sarebbero bastati pochi giorni (a fronte di anni tra trincee, fango e filo spinato) per spingere la popolazione stremata a bussare alla porta del governante di turno a urlare “ora basta, chiedete la pace”. Questa strategia era in linea con i mezzi disponibili all’epoca: aerei ancora sprovvisti di sistemi di puntamento precisi che dovevano volare ad altissime quote per evitare i colpi della contraerea a terra e non potevano ancora fare della precisione lo strumento chiave dell’attacco, come invece teorizzato dal bombardamento tattico.
Quest’altro tipo di strategia prevede di usare gli aerei come forza in supporto delle forze di terra, che accompagnino l’attacco colpendo le difese nemiche, la fanteria e i carri a terra. Il bombardamento russo in Siria, fatto sganciando bombe a tappeto senza obiettivi mirati con precisione, è molto più economico dato che non utilizza sistemi di puntamento sofisticati, ma pecca in efficacia contro il nemico e in rischi enormi per i civili inermi. Non si può configurare come bombardamento strategico puro, in quanto non ha come obiettivo dichiarato i civili che vivono sotto il regime di Daesh, ma la tecnica di rilasciare bombe senza obiettivi mirati ne fa uno strumento ben lontano dall’uso tattico.
Va detto che non è la prima volta che la Russia utilizza il bombardamento a tappeto in Siria (come testimoniato in un video simile a quello da poco online), né che sia l’unica potenza ad averlo usato in epoca contemporanea. Gli Stati Uniti ne fecero uso in Vietnam e nella prima guerra del Golfo e la coalizione Nato lo utilizzò nel 1999 nella guerra in Kosovo per colpire infrastrutture civili (ponti, uffici governativi, industrie e acquedotti) al fine di piegare Milosevic alla resa dopo mesi di stallo.
Se il video russo pubblicato per fini propagandistici ha fatto esultare sui social network i molti che sostengono che Putin sia l’unico a intervenire con decisione in Siria, ha fatto parimenti storcere il naso a quelli che hanno visto nelle modalità d’intervento una mancanza di precisione totale (e dunque di efficacia) a fronte di rischi per i civili che la coalizione occidentale non sembra volersi prendere, o che, perlomeno non pubblicizza sulle proprie emittenti al pari di Mosca.