Un mercato unico degli incarichi, con paletti precisi per la durata di ciascun mandato e uno stretto collegamento tra target e stipendio. È la misura principale contenuta nel pacchetto di provvedimenti che riformano la pubblica amministrazione, approvato in via preliminare durante il Consiglio dei Ministri del 25 agosto, in cui sono stati stanziati i primi 50 milioni di euro per i luoghi colpiti dal terremoto nel centro Italia. A rischio, per chi non rispetta gli obiettivi prefissati, c’è una quota abbondante della retribuzione, fino al 40%. E nei casi più gravi si rischia il posto stesso. La misura non esclude i super dirigenti: tra loro solo uno su tre potrà contare su un “salvagente”. Il premier Matteo Renzi ha parlato di “un nuovo modello di dirigenza che insiste sul premio di risultato anziché sulla posizione”.
La norma riguarda gli oltre 36mila attuali dirigenti pubblici e tutti i futuri assunti. Stabiliti alcuni punti cardine: ci sarà un ruolo unico che ingloberà tutti (tranne presidi e medici), accesso per corso o concorso, conferma nel ruolo dopo tre anni di prova, incarichi di durata limitata, massimo quattro anni, e rinnovabili una sola volta, per due anni così da favorire la rotazione. Per ottenere un incarico bisognerà passare per una selezione, da cui saranno esentate solo le posizioni di vertice, come quelle di segretario generale ministeriale. Possibile, pur di evitare l’estromissione, optare per la retrocessione a funzionario. E a vigilare su tutto saranno nominate delle commissioni ad hoc, una per ogni livello (statale, regionale e locale), con poteri, tra cui la formulazione della rosa dei candidati alle posizioni apicali.
Inoltre chi perde l’incarico a seguito di una revoca per mancato obiettivo ha un anno di tempo per procurarsi un nuovo mandato, dopo di che decade dal ruolo, cioè viene licenziato. In generale, per chi resta senza incarico la vita diventa dura: si resta in standby per un anno poi, nel giro di un triennio, la paga si riduce all’osso. La retribuzione cambia alla radice: la parte variabile, legata ai risultati (si farà attenzione anche al controllo delle assenze), non potrà scendere sotto il 30%, che diventa 40% per i dirigenti generali. Qualche differenza resta quindi anche con il ruolo unico, si potrà distinguere tra posizione generale o meno e anche creare delle sezioni a parte per “dirigenti speciali” sul piano tecnico, con possibilità di derogare alle quote di esterni.
Altre eccezioni dovrebbero riguardare quanti oggi ricoprono la prima fascia. Almeno il 30% di loro, circa 160, magari in base all’anzianità, dovrebbe potere essere riconfermato nello stesso ufficio, dopo la scadenza naturale dell’incarico. Ma la questione è delicata ed è destinata a provocare un dibattito. I provvedimenti non comprendono invece il focus sulla responsabilità (di mezzo c’è il danno erariale), rimandato a febbraio.
Nel complesso si tratta di una riforma nella riforma e la gestazione non è stata facile: il testo doveva approdare in Cdm lo scorso 10 agosto ma poi si è preferito lavorarci per ancora due settimane. Limite massimo considerato che la delega scade domenica prossima. Approvati in via preliminare anche altri tre decreti targati Madia, ovvero il riordino delle Camere di commercio (da ridurre a 60 da 99), la sburocratizzazione degli enti di ricerca (assunzioni più facili) e lo scorporo del Comitato paralimpico dal Coni. La riforma della P.a, attesa anche in Ue, conta così, a un anno di vita, una dozzina di provvedimenti attuativi già fatti e altri sei, con quelli di oggi, in rampa di lancio. Gli ultimi quattro secondo Renzi sono destinati ad avere “un rilevante impatto sulla vita quotidiana”, quando entreranno in vigore, entro il 27 novembre. Sempre che adesso ottenga il parere positivo di entrambe le Camere.
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Dirigenti Pa, in Cdm primo sì alla riforma. Renzi: “Nuovo modello basato sui risultati”
Paletti precisi per la durata di ciascun mandato e uno stretto collegamento tra target e stipendio, sono alcuni dei punti delle modifiche approvate in via preliminare il 25 agosto. La norma riguarda gli oltre 36mila attuali dirigenti pubblici e tutti i futuri assunti
Un mercato unico degli incarichi, con paletti precisi per la durata di ciascun mandato e uno stretto collegamento tra target e stipendio. È la misura principale contenuta nel pacchetto di provvedimenti che riformano la pubblica amministrazione, approvato in via preliminare durante il Consiglio dei Ministri del 25 agosto, in cui sono stati stanziati i primi 50 milioni di euro per i luoghi colpiti dal terremoto nel centro Italia. A rischio, per chi non rispetta gli obiettivi prefissati, c’è una quota abbondante della retribuzione, fino al 40%. E nei casi più gravi si rischia il posto stesso. La misura non esclude i super dirigenti: tra loro solo uno su tre potrà contare su un “salvagente”. Il premier Matteo Renzi ha parlato di “un nuovo modello di dirigenza che insiste sul premio di risultato anziché sulla posizione”.
La norma riguarda gli oltre 36mila attuali dirigenti pubblici e tutti i futuri assunti. Stabiliti alcuni punti cardine: ci sarà un ruolo unico che ingloberà tutti (tranne presidi e medici), accesso per corso o concorso, conferma nel ruolo dopo tre anni di prova, incarichi di durata limitata, massimo quattro anni, e rinnovabili una sola volta, per due anni così da favorire la rotazione. Per ottenere un incarico bisognerà passare per una selezione, da cui saranno esentate solo le posizioni di vertice, come quelle di segretario generale ministeriale. Possibile, pur di evitare l’estromissione, optare per la retrocessione a funzionario. E a vigilare su tutto saranno nominate delle commissioni ad hoc, una per ogni livello (statale, regionale e locale), con poteri, tra cui la formulazione della rosa dei candidati alle posizioni apicali.
Inoltre chi perde l’incarico a seguito di una revoca per mancato obiettivo ha un anno di tempo per procurarsi un nuovo mandato, dopo di che decade dal ruolo, cioè viene licenziato. In generale, per chi resta senza incarico la vita diventa dura: si resta in standby per un anno poi, nel giro di un triennio, la paga si riduce all’osso. La retribuzione cambia alla radice: la parte variabile, legata ai risultati (si farà attenzione anche al controllo delle assenze), non potrà scendere sotto il 30%, che diventa 40% per i dirigenti generali. Qualche differenza resta quindi anche con il ruolo unico, si potrà distinguere tra posizione generale o meno e anche creare delle sezioni a parte per “dirigenti speciali” sul piano tecnico, con possibilità di derogare alle quote di esterni.
Altre eccezioni dovrebbero riguardare quanti oggi ricoprono la prima fascia. Almeno il 30% di loro, circa 160, magari in base all’anzianità, dovrebbe potere essere riconfermato nello stesso ufficio, dopo la scadenza naturale dell’incarico. Ma la questione è delicata ed è destinata a provocare un dibattito. I provvedimenti non comprendono invece il focus sulla responsabilità (di mezzo c’è il danno erariale), rimandato a febbraio.
Nel complesso si tratta di una riforma nella riforma e la gestazione non è stata facile: il testo doveva approdare in Cdm lo scorso 10 agosto ma poi si è preferito lavorarci per ancora due settimane. Limite massimo considerato che la delega scade domenica prossima. Approvati in via preliminare anche altri tre decreti targati Madia, ovvero il riordino delle Camere di commercio (da ridurre a 60 da 99), la sburocratizzazione degli enti di ricerca (assunzioni più facili) e lo scorporo del Comitato paralimpico dal Coni. La riforma della P.a, attesa anche in Ue, conta così, a un anno di vita, una dozzina di provvedimenti attuativi già fatti e altri sei, con quelli di oggi, in rampa di lancio. Gli ultimi quattro secondo Renzi sono destinati ad avere “un rilevante impatto sulla vita quotidiana”, quando entreranno in vigore, entro il 27 novembre. Sempre che adesso ottenga il parere positivo di entrambe le Camere.
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Politica
Tajani: “L’Italia non userà fondi di coesione per comprare armi”. Si spacca il Pd: chi sta con Schlein
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "In un mutato e minaccioso quadro internazionale, il piano Ue per la difesa è per i Socialisti e Democratici europei un primo importante passo per assicurare il necessario sostegno all’Ucraina e la sicurezza dei nostri cittadini. A Bruxelles siamo al lavoro perché dal Parlamento venga una spinta forte nella direzione della condivisione e del coordinamento degli investimenti, verso una vera difesa comune europea". Lo scrive sui social l'eurodeputato Pd, Giorgio Gori.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La linea del Partito Socialista Europeo è chiara, netta ed inequivocabile: il ReArm Europe è un atto iniziale importante per la creazione di una difesa comune europea". Lo scrive la vicepresidente del Parlamento Ue, Pina Picierno del Pd, sui social.
"Non c’è nessuna rincorsa bellicista, nessuna distruzione del welfare e di quanto con fatica abbiamo costruito dopo la pandemia ma solo la necessità di rendere più sicuro il nostro continente e le nostre democrazie. Cosi come fu per il NextGenerationEu siamo davanti ad una svolta storica per l’Unione Europea che punterà su indipendenza strategica, acquisti comuni e innovazione".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “Per la difesa europea servono investimenti comuni in sicurezza, una sola politica estera, economia forte e società coesa, serve un vero salto di qualità verso gli Stati Uniti d’Europa. Di fronte alle minacce che si profilano bisogna sostenere le nostre capacità di difesa nel modo più credibile, senza frammentare le spese tra gli Stati e neanche dando ancora soldi all’America come vorrebbe Trump. Il punto di vista portato dalla segretaria Schlein al vertice del Pse è stato ascoltato ed è positivo l’accordo dei socialisti europei sui fondi di coesione. Il Pd indica una strada di fermezza, consapevolezza e responsabilità sociale, senza farsi distrarre da alcun richiamo”. Lo dichiara Debora Serracchiani, componente della segreteria nazionale del Partito democratico.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Decidere maggiori investimenti per rendere più sicuro e protetto il nostro continente è una scelta non più rinviabile. La difesa europea è un pilastro fondamentale della nostra autonomia strategica. Non possiamo avere tentennamenti su questo obiettivo. La discussione non è sul se, ma sul come arrivarci". Così Alessandro Alfieri, capogruppo Pd in commissione Esteri e Difesa a Palazzo Madama.
"In questi giorni i nostri a Bruxelles stanno facendo un lavoro prezioso per evitare che si utilizzino i fondi di coesione per finanziare spese militari e per incentivare, attraverso gli strumenti europei vecchi e nuovi, le collaborazioni industriali e gli acquisti comuni fra Paesi Europei, l’interoperabilità dei sistemi e i programmi sugli abilitanti strategici (spazio, cyber, difesa aerea, trasporto strategico). In questo quadro, va salutato positivamente che dopo il Next Generation si consolidi l’idea di emettere debito comune per finanziare un bene pubblico europeo come la difesa".
"Anche perché sarà per noi meno complicato continuare la nostra battaglia per estenderlo agli altri pilastri dell’autonomia strategica, a partire dalle politiche per accompagnare la transizione ecologica e digitale. Un passo importante quindi, come sottolineato dal nostro gruppo a Bruxelles, a cui certamente ne dovranno seguire altri se si vuole davvero rafforzare la nostra difesa comune”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "L’Unione Europea si trova a un bivio: o si presenta unita o rischia la marginalità politica. La guerra in Ucraina, e l’attuale voltafaccia americano, hanno reso evidente l’urgenza di una politica di difesa comune che non può essere frenata dagli interessi delle singole nazioni". Così l'eurodeputato Pd, Pierfrancesco Maran. "Una Difesa progressivamente comune perché, agendo come 27 eserciti nazionali, rischiamo l’impotenza".
"Oggi è necessario un passaggio di fase che aumenti gli investimenti volti a garantire una deterrenza da nuova aggressioni russe dopo il disimpegno americano ma anche a rendere più omogenea la difesa europea, con forniture simili, riducendo le duplicazioni di spese tra paesi e le inefficienze. L’Unione Europea deve dotarsi di una propria architettura di sicurezza, capace di garantire responsività e affermarsi come attore decisivo nello scenario internazionale".
"L’iniziativa della presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, al di là del nome infelice 'RearmEU', è un primo passo in questa direzione. Va tuttavia integrata e sviluppata identificando con chiarezza quali sono le linee di spesa utilizzate, in che modo questo aiuto può supportare immediatamente l’Ucraina, come si intende sostenere una crescente produzione industriale europea nell’ottica di arrivare ad una vera interoperabilità e difesa comune".
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "Penso che sia l’ennesimo episodio di antisemitismo che vuole legare la guerra in Medio oriente all’insulto alla memoria della Shoah. È terribile". Lo dice all'Adnkronos il segretario di Sinistra per Israele Emanuele Fiano a proposito del ritrovamento nel cantiere del museo della Shoah a Roma di escrementi, una testa di maiale e scritte che ricordano i morti a Gaza oltre ad alcuni volantini pro Palestina sono. Sull'episodio indaga la Digos.
Roma, 6 mar (Adnkronos) - "La sinistra". Lo scrive su Twitter il senatore del Pd Filippo Sensi rilanciando un post di Pedro Sanchez in cui, a margine del Consiglio europeo straordinario, il premier spagnolo tra l'altro dice: "Oggi dobbiamo mandare un messaggio chiaro ai cittadini: l’Europa è molto più potente di quanto pensiamo. Nessuno minaccerà la nostra pace, la nostra sicurezza o la nostra prosperità".