Scontro in Lombardia tra i dipendenti della Croce Rossa e i vertici dell’associazione. Da un lato i lavoratori, che dopo la privatizzazione della Cri sono stati allontanati dalle ambulanze per svolgere pattugliamenti a piedi per le strade di Milano, si sentono sottoutilizzati tanto che in 40 hanno dato la loro disponibilità a partire per i Comuni colpiti dal sisma. Dall’altro, la dirigenza li accusa di sciacallaggio. “O non conoscono le regole base del soccorso oppure sono in malafede e cercano visibilità per questioni sindacali – dice a ilfattoquotidiano.it il presidente nazionale Francesco Rocca – In entrambi i casi, non abbiamo bisogno di loro”. Della stessa linea Antonio Arosio, presidente di Cri Lombardia, che definisce la loro offerta “una pessima e inopportuna strumentalizzazione”.
I dipendenti che hanno dato la loro disponibilità a raggiungere Amatrice, Arquata del Tronto e i paesi vicini sono tra i 200 lavoratori lombardi che, a fronte della privatizzazione del 2014, hanno deciso di mantenere il contratto pubblico. Una scelta che, a loro dire, ha portato a un demansionamento. “Da inizio 2015 non lavoriamo più sulle ambulanze e giriamo a piedi per Milano svolgendo un servizio di pochissima utilità”, racconta Mirco Jurinovic, soccorritore e dirigente sindacale di Usb. A “perdere tempo”, continua Jurinovic, per le strade milanesi anche diverso personale specializzato: lo stesso Jurinovic, ha partecipato alle emergenze in Valtellina nell’87, in Piemonte nel ’94, in Umbria nel ’97. “Per noi si spendono 4 milioni di euro l’anno eppure siamo un esubero: chiediamo di mandarci nelle aree dove potremmo svolgere il lavoro per cui siamo pagati – continua il sindacalista Usb – Non ci tireremmo indietro neppure se ci dicessero di spostare le macerie con pala e piccone”.
Di tutt’altro avviso il presidente nazionale di Croce Rossa. “Al momento non abbiamo bisogno di soccorritori – precisa Francesco Rocca – e non sono solo io a dirlo ma un equipe che si coordina con la Protezione Civile”. Inoltre, “prima di fare arrivare del personale dalla Lombardia – continua Antonio Arosio, presidente di Cri Lombardia – la Croce Rossa attiva i contatti delle zone prossime all’evento e la Lombardia è una delle regioni più lontane”. Un sistema che soprattutto durante le emergenze si fonda sul lavoro dei volontari, “la cui formazione è identica a quella dei dipendenti”, precisa Rocca. “Lascio parlare i numeri: al momento nell’area colpita dal terremoto stanno lavorando 500 volontari e 30 dipendenti. Durante l’emergenza dell’Aquila abbiamo messo sul campo 11mila volontari e 130 dipendenti – continua il presidente nazionale – I lavoratori che stanno chiedendo di essere fatti partire dalla Lombardia non conoscono il funzionamento del nostro ente e vogliono farsi visibilità sulla pelle della povera gente”.
“È giusto che le regioni limitrofe intervengano per prime e non vogliamo gravare sui costi della Cri – precisa Diego Liuzzi, sindacalista Fials e da 15 anni dipendente lombardo – ma chi si è offerto di scendere nelle zone terremotate al momento è pagato per non fare nulla. L’ultimo intervento di soccorso, per esempio, l’ho fatto circa due mesi fa: che i vertici sappiano che saremmo pronti a rinunciare alla trasferta o a devolverla ai terremotati, se avessero bisogno di noi”. Ma dalla sede centrale è chiaro il messaggio che tra le prime necessità di questi giorni non è inserita la voce “nuovi soccorritori”.