Dopo il terremoto del 24 agosto scorso esiste un forte rischio di contaminazione da amianto. L’allarme arriva dall’Ona, Osservatorio nazionale amianto, dall’Aiea, Associazione italiana esposti amianto, da Medicina democratica e dal Movimento di lotta per la salute. Come per il post terremoto in Emilia anche stavolta i soccorritori e i residenti sono sottoposti a tale pericolo. “Visto l’utilizzo massiccio di amianto fino al 1992 – spiega Ezio Bonanni, presidente dell’Ona – nelle costruzioni edili, nell’impiantistica e negli arredi in generale, e vista l’assenza di obbligo giuridico di bonifica, in occasione di ogni terremoto si perpetua la stessa situazione. Questo perché sgretolandosi e disperdendosi nell’aria i materiali che contengono questi minerali cancerogeni, il pericolo di contaminazione aumenta a dismisura. La zona più a rischio è quella con gli edifici industriali attorno a Rieti ma – prosegue Bonanni – il pericolo ovviamente è ovunque. Il rischio c’è anche con lo sfibramento del materiale dovuto solo alle vibrazioni, senza il crollo, visto che il movimento ondulatorio favorisce la dispersione di polveri e fibre cancerogene. Gli stessi acquedotti, se dotati di materiale di amianto, con il movimento ondulatorio che un terremoto del genere provoca, possono rilasciare fibre cancerogene che contaminano l’acqua”.
E di amianto, nella zona colpita dal terremoto sembrerebbe essercene parecchio, almeno secondo gli ultimi rilevamenti che riguardano il Lazio. L’Aiea sottolinea che, stando al rapporto del giugno 2013, “L’amianto nella regione Lazio”, del Centro regionale amianto, risulta che la concentrazione di cemento amianto nei tetti della zona di Rieti, ad esclusione del capoluogo di provincia, in zone simili all’area terremotata, è in media di circa 17,5 tonnellate a chilometro quadrato. “L’estensione dei territori comunali interessati dal sisma, sempre meno Rieti – spiega l’Aiea – è di 962,24 chilometri quadrati. Pertanto i tetti in cemento amianto hanno un peso superiore a 16.826 tonnellate. Tale quantitativo è calcolato considerando solamente i tetti. L’amianto però è stato aggiunto al cemento anche per le canne fumarie, gli scarichi fognari e gli acquedotti. È stato utilizzato nella composizione del linoleum e peggio ancora nelle colle per farlo aderire al pavimento e per un’altra infinità di prodotti. Pertanto il personale operante in zona è esposto ad un’altissima probabilità di inalare le fibre del minerale killer”.
E’ essenziale quindi adottare qualsiasi strumento di prevenzione affinché a questa tragedia non se ne aggiungano altre. “Poiché non vi è una soglia al di sotto della quale il rischio di tumore si annulla, visto che sono sufficienti poche fibre per determinare l’insorgenza del mesotelioma – sottolinea Bonanni – è necessario evitare qualsiasi forma di esposizione al materiale cancerogeno. E’ assolutamente fondamentale in tal senso bagnare le macerie con presenza di amianto e poi confinarle da qualche parte, anche attraverso l’utilizzo di teli di nylon, in attesa della bonifica. Altra cosa da fare è dotare gli operatori di tute monouso e di maschere per evitare l’inalazione di polveri e fibre di amianto. Utilizzare questi strumenti di prevenzione è l’unico modo per evitare l’esposizione a polveri e fibre di amianto di coloro che sono chiamati ad effettuare i primi interventi e di coloro che poi, successivamente, si occuperanno della bonifica”.