È il nuovo capo dell’Atac, ma “non la governerà da solo”. Manuel Fantasia è l’uomo scelto da Virginia Raggi per riempire l’imbarazzante buco al vertice della partecipata più importante del Comune di Roma aperto dall’addio di Armando Brandolese (andato via sbattendo la porta insieme a Marco Rettighieri). Il Comune, però, non si è fatto trovare impreparato. Del resto la nomina di Fantasia era praticamente pronta nel cassetto del Campidoglio: l’ex Responsabile dello sviluppo del mercato Trasporti nazionale e internazionale di Almaviva aveva inviato il suo curriculum un mese fa. Quando quella poltrona era ben occupata, ma evidentemente non così salda: dopo aver inizialmente rimesso il mandato dopo le elezioni, i vertici della municipalizzati erano stati riconfermati dalla giunta a 5 stelle. Nemmeno dopo la pubblicazione della lettera di Rettighieri e l’inizio del terremoto nell’azienda il 31 agosto Brandolese aveva minacciato o paventato le dimissioni come fatto invece dall’ex direttore generale. Ma i colloqui per la sua sostituzione erano già cominciati in tempi non sospetti. E adesso che è lui il nuovo amministratore unico di Atac, Fantasia promette dialogo e condivisione in tutti i processi decisionali. Proprio ciò che ci si aspetta da un “conflict manager”.
Nuovo amministratore unico in un momento così delicato. Come si sente?
Mi sento come chi si approccia ad una sfida. Grande, impegnativa. Ma che si può vincere, e non certo, non soltanto grazie a me. Facendo due cose: riorganizzando il modello di governance su base collegiale e valorizzando le risorse interne.
Qual è stato l’iter della sua nomina?
Quello di prassi in questi casi. Ho inviato un curriculum per questo incarico, è piaciuto, sono stato ricontattato.
Quando ha mandato il suo cv?
Circa un mese fa.
Allora questa posizione era occupata, però…
Sì, ma era possibile che si liberasse. Lo stesso Tronca aveva definito “a tempo” l’incarico di Brandolese, che aveva accettato la nomina quasi come un favore, per gestire una situazione di emergenza. Cosa che per altro ha fatto egregiamente.
Il primo contatto con il Comune è avvenuto ieri, dopo le dimissioni?
No, prima.
E che idea si è fatto di quello che è successo negli ultimi giorni?
Assolutamente nessuna: ho letto troppe cose diverse e contraddittorie per esprimermi. E poi sono stato scelto per guardare avanti, non per dare opinioni sul passato.
Ma se fosse capitato a lei di ricevere una richiesta di chiarimenti sulla gestione del personale, come avrebbe reagito?
Non lo so, perché non mi è successo. Posso dire soltanto che quello che magari poteva essere percepito da qualcuno come un’ingerenza nel vecchio modello di governance, dove c’era un uomo solo al comando, non lo sarà più in futuro. L’Atac va guidata insieme: con una governance collegiale, in cui tutti gli attori saranno coinvolti e ascoltati. Compreso il Comune, che ne è proprietario. Solo così si può uscire dalla crisi.
Cosa pensa della municipalizzata?
Ci sono due Atac: l’Atac azienda e l’Atac servizio. La prima l’ho conosciuta a inizio anni Duemila, quando nel corso della mia carriera mi sono imbattuto nel suo modello organizzativo, ma è passato troppo tempo per dare un parere. Sulla seconda ho il giudizio di un comune cittadino, che non prende spessissimo i mezzi: si può e si deve migliorare, ma non mi sembra neanche che le cose siano così terribili come si dice.
Ha già in mente i punti principali del suo programma?
No, è troppo presto. Sono appena stato nominato, prima voglio prendermi qualche giorno per sederci a un tavolo, ragionare di concerto sul futuro. In una parola, dialogare: è per questo che sono qui.
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