Chi sogna ancora i santi come persone perfette in mirabile dialogo con Dio rimarrà sconcertato. Perché oggi papa Francesco, invitando in piazza San Pietro tutti i fedeli a imitare Madre Teresa di Calcutta realizzando “quella Rivoluzione della Tenerezza iniziata da Gesù Cristo con il suo amore di predilezione ai piccoli”, ha proclamato santa una donna albanese, che per cinquant’anni della sua vita – e non prima di una sua “conversione” ma esattamente l’ultimo mezzo secolo della sua esistenza – non ha creduto in Dio, non lo ha trovato, scontrandosi soltanto con un enorme buio. Le sue ultime parole sul letto di morte non sono state qualche pia invocazione, ma un sospiro molto terrestre: “Non riesco a respirare”.
Madre Teresa di Calcutta, “mano tesa di Cristo” secondo l’efficace espressione di papa Bergoglio valida per lei e tutti i volontari che si spendono per il prossimo, è un personaggio molto più interessante dell’icona che è ormai diventata, scalfita in parte per l’opinione pubblica laica dall’essere stata coinvolta negli anni Novanta nella violenta battaglia ideologica della Chiesa cattolica contro il diritto di scelta delle donne di abortire.
Karol Wojtyla durante le innumerevoli beatificazioni e canonizzazioni del suo pontificato ha dato una virata all’immagine di “santo” del passato. Non più solo preti, vescovi e papi e qualche monaca eccezionale, oltre a singoli martiri. Dalla fabbrica di santi wojtyliana sono usciti personaggi di più varia estrazione, di tutte le culture, di tutti i paesi, laici e laiche compresi, semplici padri e madri di famiglia. Nella visione di Wojtyla non dovevano essere necessariamente figure straordinarie, ma testimoni reali del messaggio cristiano nella normalità della vita quotidiana. Santi non più in un’accezione clericale, ma modelli di comportamento inseriti in una società di massa, nel mondo globalizzato. In questo senso Giovanni Paolo II è stato molto moderno.
Madre Teresa di Calcutta, venerata da Wojtyla per il suo strenuo impegno a favore dei miserabili e non a caso scelta da Francesco per contrassegnare la fase culminante del suo Giubileo della Misericordia, costituisce un passo ancora più in là. Un salto. Proprio per il suo rapporto problematico con Dio. Agnese Gonxhe Bojaxhiu, nata a Skopje nel 1910 e morta all’età di ottantasette anni, ha attraversato tutto il Novecento, un secolo tutt’altro che breve, e oggi a vent’anni dalla sua scomparsa – con la giusta distanza data dal tempo – diventa uno stimolo di riflessione molto bergogliano: un personaggio, per la caratura della sua esistenza, di significativa rilevanza per il mondo contemporaneo e – per chi vuole riflettere – non solo per l’area dei credenti ma anche per i non credenti pensanti.
Il primo elemento di assoluta attualità è la sua scelta radicale di lasciare un lavoro tranquillo di insegnante in una scuola frequentata da alunni di ceto medio per impegnarsi irrevocabilmente dalla parte dei “più poveri dei poveri”. I dannati della terra, si sarebbe detto nel linguaggio politico degli anni Sessanta-Settanta. E a questa scelta di campo va aggiunta la decisione di dedicarsi ai derelitti “morenti”. Non sono più questioni da Terzo Mondo, non sono per niente problemi del secolo trascorso. Oggi la miseria – nel cuore stesso delle società apparentemente opulenti del Primo Mondo – e la morte nell’abbandono della solitudine sono diventati temi centrali della società contemporanea. Il personaggio storico di Teresa rappresenta con la sua scelta un indicatore prezioso dei drammi, che le élites politiche ed economiche contemporanee preferiscono rimuovere, e di fronte ai quali ogni contemporaneo è chiamato a prendere posizione: impegnarsi per superarli o chiudersi nella sfera individualista. Il tema su cui papa Francesco richiama con ostinazione uomini e donne del nostro tempo al di là delle frontiere confessionali o filosofiche.
Il secondo aspetto di attualità nella vita di Teresa è proprio il suo non trovare Dio. Nella sua corrispondenza privata si trovano frasi sconvolgenti per una futura santa: “Sento che Dio non è Dio … che non esiste veramente… Io chiamo, io mi aggrappo, io voglio, ma non c’è Alcuno che risponda. Nessuno, nessuno… Io non ho alcuna fede. Nessuna fede”. Interrogativi radicali tenuti nascosti per decenni. Perché qui non si tratta semplicemente, come preferiscono dire gli apologeti, di quel fenomeno che i teologi cattolici chiamano la “notte della fede”. Fenomeno che ha interessato più di un santo. Non è stata una notte di oscuramento temporaneo, una crisi passeggera. E’ stata al contrario una condizione che ha contrassegnato tutta la seconda parte della vita di Madre Teresa fino alla sua morte. Ha scritto padre Brian Kolodiejchuk, il postulatore ufficiale della sua causa di canonizzazione: “Non sentiva la presenza di Dio né nel suo cuore né nell’eucaristia”.
Se un santo (per la Chiesa cattolica) è un modello che ha qualcosa da dire alla società, Teresa è un pungolo alla riflessione sul problema-dio nell’era contemporanea. Ora che Dio non è più pensabile come l’Onnipotente con la grande barba, che decide i destini dell’umanità, che punisce con i terremoti, che premia evitando la grandine, ora che Dio – dopo Auschwitz – non è nemmeno immaginabile come portatore di una Provvidenza che ha una sua benefica finalità anche attraverso le sciagure, l’oscurità provata sistematicamente da Teresa tocca chiunque (credente o non credente) si ponga la domanda sull’esistenza o meno di un principio, che vada al di là del transeunte.
Il silenzio di Dio, l’inimmaginabilità di Dio e la domanda di Dio sono inestricabilmente intrecciati nell’epoca contemporanea per qualsiasi uomo o donna si ponga filosoficamente domande di fondo sull’esistenza – anche per respingere l’idea di una divinità.
Così Teresa, la donna che ha scelto come abito il sari indiano con il colore azzurro dei paria, la casta degli intoccabili reietti, la cristiana che non trova Dio, ma si prodiga per l’umanità derelitta, finisce per diventare un punto interrogante per molti. D’altronde papa Wojtyla proclamò “dottore della Chiesa”, cioè grande maestra dei fedeli, santa Teresa di Lysieux, che morì non credendo all’aldilà.
Le vie della Storia sono infinite.
Marco Politi
Scrittore e vaticanista
Cronaca - 4 Settembre 2016
Madre Teresa, Francesco proclama santa la cristiana che non trovava Dio
Chi sogna ancora i santi come persone perfette in mirabile dialogo con Dio rimarrà sconcertato. Perché oggi papa Francesco, invitando in piazza San Pietro tutti i fedeli a imitare Madre Teresa di Calcutta realizzando “quella Rivoluzione della Tenerezza iniziata da Gesù Cristo con il suo amore di predilezione ai piccoli”, ha proclamato santa una donna albanese, che per cinquant’anni della sua vita – e non prima di una sua “conversione” ma esattamente l’ultimo mezzo secolo della sua esistenza – non ha creduto in Dio, non lo ha trovato, scontrandosi soltanto con un enorme buio. Le sue ultime parole sul letto di morte non sono state qualche pia invocazione, ma un sospiro molto terrestre: “Non riesco a respirare”.
Madre Teresa di Calcutta, “mano tesa di Cristo” secondo l’efficace espressione di papa Bergoglio valida per lei e tutti i volontari che si spendono per il prossimo, è un personaggio molto più interessante dell’icona che è ormai diventata, scalfita in parte per l’opinione pubblica laica dall’essere stata coinvolta negli anni Novanta nella violenta battaglia ideologica della Chiesa cattolica contro il diritto di scelta delle donne di abortire.
Karol Wojtyla durante le innumerevoli beatificazioni e canonizzazioni del suo pontificato ha dato una virata all’immagine di “santo” del passato. Non più solo preti, vescovi e papi e qualche monaca eccezionale, oltre a singoli martiri. Dalla fabbrica di santi wojtyliana sono usciti personaggi di più varia estrazione, di tutte le culture, di tutti i paesi, laici e laiche compresi, semplici padri e madri di famiglia. Nella visione di Wojtyla non dovevano essere necessariamente figure straordinarie, ma testimoni reali del messaggio cristiano nella normalità della vita quotidiana. Santi non più in un’accezione clericale, ma modelli di comportamento inseriti in una società di massa, nel mondo globalizzato. In questo senso Giovanni Paolo II è stato molto moderno.
Madre Teresa di Calcutta, venerata da Wojtyla per il suo strenuo impegno a favore dei miserabili e non a caso scelta da Francesco per contrassegnare la fase culminante del suo Giubileo della Misericordia, costituisce un passo ancora più in là. Un salto. Proprio per il suo rapporto problematico con Dio. Agnese Gonxhe Bojaxhiu, nata a Skopje nel 1910 e morta all’età di ottantasette anni, ha attraversato tutto il Novecento, un secolo tutt’altro che breve, e oggi a vent’anni dalla sua scomparsa – con la giusta distanza data dal tempo – diventa uno stimolo di riflessione molto bergogliano: un personaggio, per la caratura della sua esistenza, di significativa rilevanza per il mondo contemporaneo e – per chi vuole riflettere – non solo per l’area dei credenti ma anche per i non credenti pensanti.
Il primo elemento di assoluta attualità è la sua scelta radicale di lasciare un lavoro tranquillo di insegnante in una scuola frequentata da alunni di ceto medio per impegnarsi irrevocabilmente dalla parte dei “più poveri dei poveri”. I dannati della terra, si sarebbe detto nel linguaggio politico degli anni Sessanta-Settanta. E a questa scelta di campo va aggiunta la decisione di dedicarsi ai derelitti “morenti”. Non sono più questioni da Terzo Mondo, non sono per niente problemi del secolo trascorso. Oggi la miseria – nel cuore stesso delle società apparentemente opulenti del Primo Mondo – e la morte nell’abbandono della solitudine sono diventati temi centrali della società contemporanea. Il personaggio storico di Teresa rappresenta con la sua scelta un indicatore prezioso dei drammi, che le élites politiche ed economiche contemporanee preferiscono rimuovere, e di fronte ai quali ogni contemporaneo è chiamato a prendere posizione: impegnarsi per superarli o chiudersi nella sfera individualista. Il tema su cui papa Francesco richiama con ostinazione uomini e donne del nostro tempo al di là delle frontiere confessionali o filosofiche.
Il secondo aspetto di attualità nella vita di Teresa è proprio il suo non trovare Dio. Nella sua corrispondenza privata si trovano frasi sconvolgenti per una futura santa: “Sento che Dio non è Dio … che non esiste veramente… Io chiamo, io mi aggrappo, io voglio, ma non c’è Alcuno che risponda. Nessuno, nessuno… Io non ho alcuna fede. Nessuna fede”. Interrogativi radicali tenuti nascosti per decenni. Perché qui non si tratta semplicemente, come preferiscono dire gli apologeti, di quel fenomeno che i teologi cattolici chiamano la “notte della fede”. Fenomeno che ha interessato più di un santo. Non è stata una notte di oscuramento temporaneo, una crisi passeggera. E’ stata al contrario una condizione che ha contrassegnato tutta la seconda parte della vita di Madre Teresa fino alla sua morte. Ha scritto padre Brian Kolodiejchuk, il postulatore ufficiale della sua causa di canonizzazione: “Non sentiva la presenza di Dio né nel suo cuore né nell’eucaristia”.
Se un santo (per la Chiesa cattolica) è un modello che ha qualcosa da dire alla società, Teresa è un pungolo alla riflessione sul problema-dio nell’era contemporanea. Ora che Dio non è più pensabile come l’Onnipotente con la grande barba, che decide i destini dell’umanità, che punisce con i terremoti, che premia evitando la grandine, ora che Dio – dopo Auschwitz – non è nemmeno immaginabile come portatore di una Provvidenza che ha una sua benefica finalità anche attraverso le sciagure, l’oscurità provata sistematicamente da Teresa tocca chiunque (credente o non credente) si ponga la domanda sull’esistenza o meno di un principio, che vada al di là del transeunte.
Il silenzio di Dio, l’inimmaginabilità di Dio e la domanda di Dio sono inestricabilmente intrecciati nell’epoca contemporanea per qualsiasi uomo o donna si ponga filosoficamente domande di fondo sull’esistenza – anche per respingere l’idea di una divinità.
Così Teresa, la donna che ha scelto come abito il sari indiano con il colore azzurro dei paria, la casta degli intoccabili reietti, la cristiana che non trova Dio, ma si prodiga per l’umanità derelitta, finisce per diventare un punto interrogante per molti. D’altronde papa Wojtyla proclamò “dottore della Chiesa”, cioè grande maestra dei fedeli, santa Teresa di Lysieux, che morì non credendo all’aldilà.
Le vie della Storia sono infinite.
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.