“Scafisti per caso, costretti a guidare il barcone dalla Libia alla Sicilia per salvare la loro vita da una situazione superiore alla loro volontà”. Il gup di Palermo, Gigi Omar Modica, ha assolto durante il processo con il rito abbreviato Jammeh Sulieman, senegalese di 21 anni, e Dampha Bakary, 24enne originario del Gambia, accusati di aver pilotato un gommone dove annegarono dodici persone nel luglio 2015. Il magistrato ha applicato la scriminante dello “stato di necessità”.

In quell’occasione un gommone stracarico di persone si forò e dodici persone morirono annegate nel Canale di Sicilia. I superstiti furono recuperati dalla nave Dattilo e trasportati al porto di Palermo. Sulieman e Bakary vennero poi individuati grazie alle testimonianze rilasciate da tre maghrebini. Il procuratore di Palermo, Maurizio Scalia, che ha coordinato l’inchiesta con il pm Claudio Camilleri, aveva chiesto l’ergastolo accusando i due scafisti di omicidio plurimo. Le deposizioni dei maghrebini però sono risultate contraddittorie al gup: “I due fecero da scafisti ma non decisero autonomamente e liberamente di avventurarsi per il Mediterraneo alla guida di un mezzo di fortuna, carico all’inverosimile di persone. I migranti  furono costretti a pilotare l’imbarcazione da uomini libici armati di kalashnikov.”

Il gup concorda con la linea di Cinzia Pecoraro e Chiara Bonafede, i due legali che hanno difeso i migranti: “I due scafisti non avevano altra scelta se non quella di commettere i reati a loro attribuiti, per salvare la loro vita da una situazione superiore alla loro volontà”. “Proseguire invece nella rotta-conclude Modica – poteva significare invece coltivare una qualche speranza di giungere sani e salvi in un Paese sicuro e libero come l’Italia. Dopo la sentenza la Procura si prepara a presentare il ricorso in appello.

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