Si dimette il mini-direttorio romano, salta l’assessore al Bilancio Raffaele De Dominicis perché indagato per abuso d’ufficio. Quando sembrava che la crisi della giunta M5s in Campidoglio stesse per rientrare lentamente, sono arrivati i due nuovi colpi. Il passo indietro dei parlamentari, incaricati di assistere la sindaca Virginia Raggi nelle decisioni complesse, era nell’aria dopo le polemiche dei giorni scorsi, mentre l’allontanamento dell’ex procuratore regionale della Corte dei Conti è arrivato a sorpresa questa mattina dopo che lui stesso ha scoperto di essere indagato per una vicenda di cui non era a conoscenza. “Non ha i requisiti previsti dal M5s”, ha scritto Raggi su Facebook, “pertanto abbiamo deciso di comune accordo di non proseguire con l’assegnazione dell’incarico”. Il magistrato però ha replicato: “Mi sento vittima di un complotto”. Il Movimento per tornare alla normalità deve risolvere i problemi politici all’interno: Beppe Grillo ha blindato il direttorio smentendo ipotesi di allargamento, ma in tanti chiedono che ci sia una riorganizzazione. Intanto l’amministrazione M5s incassa l’appoggio dei vescovi: “E’ troppo presto per buttare via tutto”, si legge in un’editoriale su Avvenire.
La crisi in Campidoglio e il balletto delle nomine – La nomina di De Dominicis al Bilancio era stata annunciata solo domenica 4 settembre per sostituire il dimissionario Marcello Minenna. L’ex giudice era finito al centro delle polemiche perché aveva detto di essere stato contattato dall’avvocato Pieremilio Sammarco, ex collaboratore dello studio Previti e titolare dello studio dove ha lavorato Raggi fino a prima dell’investitura. Proprio per questo il direttorio aveva chiesto che facesse un passo indietro, ma la richiesta era stata respinta dalla prima cittadina. Oggi il cambio di linea dopo che sono state fatte le verifiche sulla sua situazione giudiziaria. “Mi considero vittima di un complotto”, ha detto all’agenzia Agi, “e di una ingiustizia gravissima e senza precedenti. Sono i codici della Repubblica che devono prevalere, il buon diritto ed i provvedimenti motivati e non i codici etici spesso frutto di improvvisazione e di opportunismo”.
La Raggi nelle scorse ore ha accettato in parte il diktat imposto dai colleghi per uscire dall’impasse. Ha allontanato il vicecapo di Gabinetto Raffaele Marra e ridimensionato il segretario politico Salvatore Romeo, ma ha difeso l’assessora all’Ambiente Paola Muraro, che resta al suo posto almeno per il momento. L’ex consulente Ama è indagata dalla procura di Roma per reati ambientali e accusata di aver nascosto il suo coinvolgimento nell’inchiesta a cittadini e stampa. Secondo le indiscrezioni dell’agenzia Adnkronos, nei giorni scorsi aveva rassegnato le proprie dimissioni poi respinte dalla sindaca che invece teme la poltrona resti vuota in giorni in cui deve affrontare l’emergenza rifiuti.
Intanto oggi documenti, relativi al sito di smaltimento di rifiuti di Rocca Cencia, sono stati acquisiti dai carabinieri del Noe presso l’Ama. Le carte saranno ora consegnate al pm Alberto Galanti, titolare dell’inchiesta che per uno dei suoi filoni coinvolge per i reati ambientali anche la Muraro. Per 12 anni, prima di entrare in Campidoglio, è stata consulente dell’Ama con la responsabilità di controllo dei rifiuti in entrata e uscita per gli impianti per il trattamento meccanico biologico dei rifiuti.
Il mini direttorio lascia, Raggi più autonoma e più sola – Oltre il tema delle nomine resta il nodo politico dentro il Movimento 5 stelle. La sindaca in mattinata ha provato a tornare alla normalità. Prima la partecipazione alle celebrazioni dell’8 settembre a Roma (“Non mollo”, ha detto a un gruppo di cittadini) e poi il ritorno a Palazzo Senatorio. Beppe Grillo, dopo il comizio di Nettuno di ieri sera, ha riunito a pranzo il direttorio M5s, assente solo Carla Ruocco per altri impegni, prima di lasciare la Capitale. In contemporanea è successo quello che in tanti si aspettavano: il mini direttorio romano si è dimesso in blocco. Con un post sul blog delle Stelle i tre componenti (la senatrice Paola Taverna, l’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo e il consigliere regionale Gianluca Perilli) hanno annunciato il loro passo indietro: “Non faremo mai mancare il nostro sostegno e il nostro contributo”, si legge. “Il motivo per cui il nostro compito non è più necessario, è perché la macchina amministrativa è partita ed giusto che ora proceda spedita”. In realtà proprio loro avrebbero dovuto dare una mano nella selezione dei nomi per la giunta e proprio loro sono accusati di non aver saputo gestire il caso Muraro. Così la Raggi viene lasciata più autonoma, ma anche più sola: sarà lei responsabile dei suoi errori e degli eventuali scandali in Campidoglio. Nell’articolo con l’annuncio delle dimissioni manca la firma del deputato Stefano Vignaroli (il grande sponsor della Muraro e compagno della Taverna) perché, nonostante abbia partecipato ad alcune riunioni e sia stato consultato sulla vicenda rifiuti, non è mai entrato formalmente nell’organismo.
Lo scontro dentro il direttorio – Il problema ora è politico: i fatti hanno dimostrato che la struttura di comando del M5s è debole e in tanti chiedono una riorganizzazione. La senatrice Barbara Lezzi, intervistata dal Fatto Quotidiano, ha detto: “Il direttorio va allargato, cinque non bastano”. Secondo il Corriere della Sera lo stesso Davide Casaleggio non avrebbe escluso l’ipotesi di azzerare il direttorio. Resta l’ipotesi più radicale in campo e proprio Grillo oggi l’ha smentita parlando con i suoi, ma non è detto che se ci saranno nuovi sviluppi non possa essere praticata. Di Maio ha chiesto scusa per aver sottovalutato l’indagine a carico dell’assessora all’Ambiente Paola Muraro, ma potrebbe non bastare. L’idea di allargare la squadra, per ora composta solo da deputati, anche ai rappresentanti che siedono a Palazzo Madama era già stata avanzata da Gianroberto Casaleggio e in tanti vorrebbero che si affrontasse il tema.
C’è anche in ballo la questione della leadership del Movimento. Negli ultimi mesi Di Maio è stato accreditato da più parti come l’aspirante candidato presidente del Consiglio per i grillini. Quella che sembrava una strada in discesa, all’improvviso presenta numerosi ostacoli. “In questi anni hanno cercato in tutti modi di frenare la nostra corsa per cambiare tutto”, ha scritto oggi su Facebook. “Il sistema dei partiti e delle clientele ci ha provato in tutti modi a buttare fango sul Movimento 5 stelle. Prima attaccando i suoi fondatori e poi noi portavoce. Ma non sono riusciti a screditarci. Hanno tentato a più riprese di dividerci”. E ha concluso: “La sfida che tutti noi attivisti ed eletti dobbiamo perseguire è quella di non accontentarci mai e pretendere, prima da noi stessi e poi dagli altri, sempre il meglio”.
Taverna: “Non ho passato io mail ed sms alla stampa” – Qualcosa però si è rotto dentro il gruppo e bisogna ritrovare la fiducia. La senatrice Paola Taverna, l’autrice della mail che inguaia Di Maio e pubblicata dal Messaggero in esclusiva, ha deciso di difendersi dalle accuse di “tradimento”. “Ho già provveduto a far smentita pubblica”, ha scritto su Facebook, “a chi si è permesso di dire che sono stata io a passare mail ed sms alla stampa e sono pronta a querelare chiunque lo affermi nuovamente. Chiaro? Il Movimento 5 stelle è la mia vita e per quello che è in mio potere lotterò fino alla fine per veder realizzato quel sogno. Non riuscirete a metterci gli uni contro gli altri e chi oggi sta facendo certe insinuazioni definendosi uno del 5 stelle può trovare altra collocazione”. Il M5s cerca di ricompattarsi almeno agli occhi degli attivisti per poter superare la crisi. “Gli attacchi continueranno (se possibile ancor più violenti)”, ha scritto su Facebook Alessandro Di Battista, “fino al referendum. Anche per questo lo spostano più lontano possibile. Non vi fate prendere per il culo da questa gente. Difendiamo la nostra sovranità. Io il mio l’ho fatto e si vede dal sorriso che sono soddisfatto. Ora ognuno faccia la sua parte”.
Avvenire: “E’ passato troppo poco tempo per buttare dalla rupe Tarpea l’esperienza M5s” – A difendere i grillini invece è intervenuto oggi il quotidiano della Cei Avvenire. Il rapporto tra la Chiesa e il Movimento 5 stelle ha rischiato di incrinarsi in campagna elettorale quando la sindaca ha detto di voler recuperare parte dei finanziamenti per risollevare la Capitale dalla riscossione dell’Imu sugli immobili del Vaticano. Da quando però si è insediata l’argomento non è più stato toccato. Oggi Avvenire, in un editoriale di prima pagina a firma di Arturo Celletti e Eugenio Fatigante, prende le distanze dal “coro, unanime, degli altri, partiti e mass media, lesti a ‘sparare’ sulle inadeguatezze del Movimento prefigurandone un rapido tramonto”. “Dopo anni e anni di mala gestio della ‘vecchia politica’ – si legge sul quotidiano della Cei – il tempo passato è troppo poco per pretendere già di buttare dalla rupe Tarpea un’esperienza che resta innovativa soprattutto per la scelta strutturale di impegnare cittadini che, coi loro limiti e le loro virtù, senza aver mai avuto prima esperienze di governo, si attivano dal basso nell’amministrazione della cosa pubblica”. Nell’editoriale c’è anche una severa critica al direttorio, definito “un club elitario autoreferenziale, a tratti un’accozzaglia di primedonne”. Pure qui, tuttavia, Avvenire concede ancora un’apertura invitando il Movimento a “trovare una sua specifica e più efficace ‘via di mezzo’ fra la natura movimentista di partenza e una struttura simile a un partito ‘vero’. Un passo falso del M5s nella capitale “fin qui piagata da poteri opachi”, avverte Avvenire, sarebbe solo “una non-vittoria per tutti”.