E’ stato l’orecchio attento di un carabiniere a capire che in quel banale capannone c’erano armi. Nessuno, però, poteva immaginare di trovarsi di fronte un arsenale clandestino così ben assortito. Adesso c’è da capire a chi appartiene realmente e sopratutto a cosa sia servito. Gli inquirenti hanno già più di un sospetto, quasi una certezza: le pistole, il fucile e le munizioni scoperti “sono della ‘ndrangheta“.
Tardo pomeriggio di mercoledì 7 settembre. Periferia di Abbiategrasso, hinterland di Milano, via Ciocchina 3. Un incendio sta divorando il deposito di un’azienda edile. Cortocircuito partito dal contatore: in pochi minuti le fiamme corrono veloci sui due piani del deposito. All’interno fortunatamente non c’è nessuno. Vigili del Fuoco e carabinieri arrivano sul posto. Il botto è nitido, inconfondibile. Un’esplosione. I pompieri pensano a un petardo. Un militare capisce che si tratta di ben altro: un proiettile surriscaldato.
Quando le fiamme vengono spente, si inizia allora a setacciare l’edificio. Al piano terra c’è il magazzino. Al piano superiore gli uffici. Si lavora tra le macerie. Vengono smontate una ad una le intercapedini dalle pareti. Bingo. Ad ogni pannello tolto saltano fuori pistole, caricatori e munizioni. Si cerca al piano terra. All’interno di una fornace per modellare il ferro ce ne sono nascoste altre due. Alla fine ne vengono trovate 14, di ogni tipo e modello: 9 hanno la matricola abrasa, due sono state rubate nel 2013 a Magenta (Milano) e nel 2015 a Binasco (Milano), altre tre sono sconosciute al registro nazionale delle armi di fuoco perché con ogni probabilità arrivano dall’estero. Spuntano anche una doppietta calibro 12 a canne mozze modificata ad arte, un silenziatore, un mirino telescopico e un migliaio di proiettili di vario calibro. Tutte le armi sono in ottime condizioni. Ad incuriosire gli investigatori, però, è il modo in cui sono custodite. Ogni pistola è all’interno di un borsello, di un marsupio o addirittura di una confezione in legno di champagne. Dentro c’è anche il rispettivo caricatore e le cartucce. Come se il kit fosse già pronto per essere consegnato a chi doveva utilizzarlo o comprarlo.
I carabinieri di Abbiategrasso, guidati dal maggiore Antonio Bagarolo, arrivano subito a un 40enne con piccoli precedenti per evasione fiscale: Pasquale Sgrò, classe ’76, imprenditore edile da anni residente in Lombardia ma originario di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria. Il capannone è intestato alla moglie – ricostruiscono i carabinieri – ma di fatto è lui il proprietario. Sotto di sé ha pochi dipendenti, qualcuno in nero. Sgrò viene arrestato. La Procura di Pavia, guidata dal procuratore capo Mario Venditti, convalida il fermo e adesso Sgrò si trova in carcere con l’accusa di detenzione illegale di armi clandestine. Davanti ai militari si giustifica dicendo che alcune pistole sono sue, di altre non sa spiegare la provenienza.
Gli elementi sul tavolo degli inquirenti sono molti. Ma c’è ancora da ricostruire la rete dei contatti di Sgrò, che non è accusato di reati di mafia. Il suo ruolo. Come è entrato in contatto con quelle armi. A chi appartengono veramente. A chi servono. Qualcosa di più potrà venire dagli accertamenti scientifici. La maggior parte delle pistole ha la matricola abrasa, è vero. Ma i tecnici dell’Arma sono in grado di risalire lo stesso al codice. E a quel punto potrebbero raccontare molto.
Cronaca Nera
Abbiategrasso, capannone in fiamme: carabinieri scoprono arsenale clandestino della ‘ndrangheta (FOTO – VIDEO)
Dietro alle intercapedine del deposito edile sono state trovate 14 pistole di vario calibro, la maggior parte con matricola abrasa, un fucile a canne mozze, un mirino, un silenziatore e un migliaio di proiettili. Fermato un 40enne di origine calabrese che adesso è in carcere a Pavia con l'accusa di detenzione illegale di armi. Ogni pistola era custodita in un borsello con relativo caricatore
E’ stato l’orecchio attento di un carabiniere a capire che in quel banale capannone c’erano armi. Nessuno, però, poteva immaginare di trovarsi di fronte un arsenale clandestino così ben assortito. Adesso c’è da capire a chi appartiene realmente e sopratutto a cosa sia servito. Gli inquirenti hanno già più di un sospetto, quasi una certezza: le pistole, il fucile e le munizioni scoperti “sono della ‘ndrangheta“.
Tardo pomeriggio di mercoledì 7 settembre. Periferia di Abbiategrasso, hinterland di Milano, via Ciocchina 3. Un incendio sta divorando il deposito di un’azienda edile. Cortocircuito partito dal contatore: in pochi minuti le fiamme corrono veloci sui due piani del deposito. All’interno fortunatamente non c’è nessuno. Vigili del Fuoco e carabinieri arrivano sul posto. Il botto è nitido, inconfondibile. Un’esplosione. I pompieri pensano a un petardo. Un militare capisce che si tratta di ben altro: un proiettile surriscaldato.
Quando le fiamme vengono spente, si inizia allora a setacciare l’edificio. Al piano terra c’è il magazzino. Al piano superiore gli uffici. Si lavora tra le macerie. Vengono smontate una ad una le intercapedini dalle pareti. Bingo. Ad ogni pannello tolto saltano fuori pistole, caricatori e munizioni. Si cerca al piano terra. All’interno di una fornace per modellare il ferro ce ne sono nascoste altre due. Alla fine ne vengono trovate 14, di ogni tipo e modello: 9 hanno la matricola abrasa, due sono state rubate nel 2013 a Magenta (Milano) e nel 2015 a Binasco (Milano), altre tre sono sconosciute al registro nazionale delle armi di fuoco perché con ogni probabilità arrivano dall’estero. Spuntano anche una doppietta calibro 12 a canne mozze modificata ad arte, un silenziatore, un mirino telescopico e un migliaio di proiettili di vario calibro. Tutte le armi sono in ottime condizioni. Ad incuriosire gli investigatori, però, è il modo in cui sono custodite. Ogni pistola è all’interno di un borsello, di un marsupio o addirittura di una confezione in legno di champagne. Dentro c’è anche il rispettivo caricatore e le cartucce. Come se il kit fosse già pronto per essere consegnato a chi doveva utilizzarlo o comprarlo.
I carabinieri di Abbiategrasso, guidati dal maggiore Antonio Bagarolo, arrivano subito a un 40enne con piccoli precedenti per evasione fiscale: Pasquale Sgrò, classe ’76, imprenditore edile da anni residente in Lombardia ma originario di Laureana di Borrello, in provincia di Reggio Calabria. Il capannone è intestato alla moglie – ricostruiscono i carabinieri – ma di fatto è lui il proprietario. Sotto di sé ha pochi dipendenti, qualcuno in nero. Sgrò viene arrestato. La Procura di Pavia, guidata dal procuratore capo Mario Venditti, convalida il fermo e adesso Sgrò si trova in carcere con l’accusa di detenzione illegale di armi clandestine. Davanti ai militari si giustifica dicendo che alcune pistole sono sue, di altre non sa spiegare la provenienza.
Gli elementi sul tavolo degli inquirenti sono molti. Ma c’è ancora da ricostruire la rete dei contatti di Sgrò, che non è accusato di reati di mafia. Il suo ruolo. Come è entrato in contatto con quelle armi. A chi appartengono veramente. A chi servono. Qualcosa di più potrà venire dagli accertamenti scientifici. La maggior parte delle pistole ha la matricola abrasa, è vero. Ma i tecnici dell’Arma sono in grado di risalire lo stesso al codice. E a quel punto potrebbero raccontare molto.
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La corsa militare dell’Europa innesca una ondata di vendite sui debiti dei Paesi: su gli interessi
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.