Suona la prima campanella e per la scuola italiana è l’anno zero. Un’altra volta. Il 2015 era “l’anno di transizione” dichiarato – così lo aveva definito il ministro Stefania Giannini – verso la “Buona scuola”, con alcuni sacrifici in vista del nuovo sistema. Ma dodici mesi dopo la riforma è ancora in pieno divenire, tra l’esordio tribolato della chiamata diretta, la mobilità straordinaria di quest’estate e la corsa contro il tempo per le assunzioni. Docenti spaesati e sbattuti da una parte all’altra dell’Italia, segreterie oberate di lavoro, uffici nel panico: l’anno scolastico inizia ma non tutti gli insegnanti sono ancora al loro posto; anche perché molti di quelli appena trasferiti stanno cercando di riavvicinarsi a casa. Così la soluzione è aprire le scuole a regime ridotto, anche senza professori, sperando che i problemi si risolvano col passare dei giorni: dall’istituto tecnico a Roma che accorcia l’orario facendo uscire i ragazzi alle 12, al liceo di Napoli che si inventa i doppi turni, dal preside veneto che accorpa le classi a quello milanese che, in mancanza di alternative, si vede costretto a lasciare un paio di ore scoperte (“e che dio ce la mandi buona”). Ognuno affronta l’emergenza – molto eterogenea, ma diffusa in tutto il Paese – come può. Una falsa partenza che potrebbe avere ripercussioni anche sul prosieguo dell’anno.
LA MOBILITÀ DEL PIANO STRAORDINARIO – Un anno fa di questi tempi, quando la scuola era iniziata con solo metà delle assunzioni previste dalla riforma e con una girandola di sostituzioni che a novembre avrebbe poi mandato in tilt gli istituti, Stefania Giannini aveva rinviato tutto al 2016: “Questo è un anno di transizione, il primo passo di una riforma ambiziosa. Dal prossimo avremo l’assetto definitivo, con tutti gli insegnanti che servono al loro posto”, le sue parole al Corriere della Sera. Le cose non sono andate proprio così: quel piano straordinario non è ancora finito. Le assunzioni sì (87mila alla fine, circa 20mila in meno del previsto), ma quest’estate è entrata in scena la “mobilità straordinaria”, che ha coinvolto complessivamente oltre 200mila insegnanti e rivoltato gli organici di mezza Italia. Poco importa che il Ministero neanche la volesse, frutto di un emendamento Pd per venire incontro ai docenti dopo le proteste per le “deportazioni” dello scorso anno. Uno dei tanti effetti collaterali della faticosa approvazione della riforma in Parlamento. “Speriamo non arrivino altre sorprese”, sussurrano da Viale Trastevere, visto che sui trasferimenti già si parla di ulteriori interventi.
PER LE ASSUNZIONI “CORSA CONTRO IL TEMPO” – Intanto si pagano le prime conseguenze. La mobilità non è stata indolore: tra ritardi e proteste (oltre 3mila proposte di conciliazione) si è protratta fino a fine agosto. Risultato: per le consuete immissioni in ruolo di inizio anno (29mila circa, per altro tutte concentrate al Nord) è l’ennesima “corsa contro il tempo”. Lo ammette persino il Miur. Gli uffici hanno dovuto assegnare i docenti agli ambiti territoriali in due giorni, entro il 14 devono essere scelti dai presidi con la nuova “chiamata diretta”: l’ultima novità della riforma, o piuttosto la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”, come la definisce un assistente amministrativo che ha curato il procedimento in una scuola della Capitale. L’esordio è stato più che faticoso, viste le scadenze: basti pensare che i presidi hanno avuto appena due giorni per fare i bandi, leggere i curriculum, svolgere eventualmente i colloqui e scegliere i docenti di loro gradimento. Una selezione per modo di dire. Tutto si deve chiudere tassativamente entro il 15 settembre, anche se in molte Regioni d’Italia la campanella è suonata già oggi. “Lavoriamo in grande sofferenza, ma ce la faremo. Le difficoltà sono ovvie: stiamo gestendo una riforma. Se qualcuno pensava che questo potesse essere un anno lineare, si sbagliava”, conferma un alto dirigente dell’Usr Campania.
LA “FUGA” DEI PROF E I BUCHI NEGLI ORGANICI – I veri problemi, però, sono all’orizzonte. Finito questo processo, gli organici saranno al completo solo in teoria: perché ci sono tanti docenti che sono stati trasferiti fuori Regione e stanno provando a riavvicinarsi a casa in tutti i modi. Il più comune è l’assegnazione provvisoria: un titolare di cattedra in Piemonte, per esempio, può chiedere di lavorare per un anno in Calabria se c’è disponibilità. Facoltà prevista dalla normativa, che non aveva mai creato problemi fino ad oggi e invece ora si è trasformata in un boomerang vista le troppe domande pervenute (oltre 3mila). “Stiamo annegando nella confusione”, denuncia la preside di un liceo di Roma. “In organico avevamo un professore di tecnologia che non si è mai presentato, non ha mai risposto alle mail e per caso abbiamo appena scoperto essere stato spostato a Palermo. Come lui altri non vogliono venire: anche se ufficialmente siamo a posto, ancora non sappiamo su quanti insegnanti potremo contare realmente”. Il processo delle assegnazioni provvisorie non si concluderà prima del 15 settembre. Ma ci sono anche utilizzazioni temporanee, conciliazioni, congedi parentali, assistenze familiari in base alla legge 104, permessi per malattia. Tutti strumenti, più o meno leciti, che permettono di evitare la presa in servizio. Fra una settimana, quando verranno sciolte queste riserve, le segreterie dovranno rimettersi in moto per colmare altri buchi. Con delle supplenze, ovviamente. Che saranno ancora decine di migliaia, al contrario dei propositi di “abolizione della supplentite” sbandierati da Renzi e Giannini.
FALSA PARTENZA – Immissioni in ruolo in fase di svolgimento, nomina frettolosa dei docenti, incognite negli organici e buchi ancora da scoprire che dovranno essere messi a supplenza fra una settimana: per tutti questi problemi oggi in Italia la scuola inizia solo sul calendario. Basta chiamare qualche segreteria per verificarlo: “Nei primi 10 giorni ci limiteremo a fare attività di accoglienza”. “Cercheremo di tamponare l’emergenza con gli insegnanti di potenziamento, in attesa che dal Miur ci dicano qualcosa: ormai lo chiamiamo Ministero-mistero”. I sindacati, però, sono già sul piede di guerra: “Così cominceremo ad assistere ai soliti escamotage: orario ridotto, classi accorpate o scoperte. Ma è diritto allo studio questo?”, attacca Maddalena Gissi della Cisl Scuola. “Capitasse a mio figlio, lo ritirerei da scuola”. Ma del resto che sarebbe finita così, era possibile prevederlo già dall’anno scorso, con tutti i ritardi del bando del concorsone e dei trasferimenti. Forse non a caso Matteo Renzi era stato un po’ più prudente del ministro: “Abbiamo impostato un percorso: i problemi finiranno quando la Buona Scuola sarà a regime, e cioè entro due o tre anni”, aveva detto a gennaio 2016 il premier, dilatando l’anno di transizione pronosticato dalla Giannini. La loro “buona scuola” non c’è ancora. E chissà quando arriverà.
Twitter: @lVendemiale
Scuola
Anno scolastico, falsa partenza. Classi accorpate e orari ridotti per i buchi lasciati da mobilità e concorso in ritardo
A settembre 2015 la ministra Giannini aveva prospettato un anno di transizione. Ma 12 mesi dopo la scuola sembra di nuovo all'anno zero. La mobilità straordinaria ha rivoltato gli organici. Che restano comunque teorici, perché molti trasferimenti dei docenti sono rimasti sulla carta. I presidi corrono ai ripari, tra chi prevede nei primi giorni solo "attività di accoglienza" e chi manda tutti gli studenti a casa a mezzogiorno
Suona la prima campanella e per la scuola italiana è l’anno zero. Un’altra volta. Il 2015 era “l’anno di transizione” dichiarato – così lo aveva definito il ministro Stefania Giannini – verso la “Buona scuola”, con alcuni sacrifici in vista del nuovo sistema. Ma dodici mesi dopo la riforma è ancora in pieno divenire, tra l’esordio tribolato della chiamata diretta, la mobilità straordinaria di quest’estate e la corsa contro il tempo per le assunzioni. Docenti spaesati e sbattuti da una parte all’altra dell’Italia, segreterie oberate di lavoro, uffici nel panico: l’anno scolastico inizia ma non tutti gli insegnanti sono ancora al loro posto; anche perché molti di quelli appena trasferiti stanno cercando di riavvicinarsi a casa. Così la soluzione è aprire le scuole a regime ridotto, anche senza professori, sperando che i problemi si risolvano col passare dei giorni: dall’istituto tecnico a Roma che accorcia l’orario facendo uscire i ragazzi alle 12, al liceo di Napoli che si inventa i doppi turni, dal preside veneto che accorpa le classi a quello milanese che, in mancanza di alternative, si vede costretto a lasciare un paio di ore scoperte (“e che dio ce la mandi buona”). Ognuno affronta l’emergenza – molto eterogenea, ma diffusa in tutto il Paese – come può. Una falsa partenza che potrebbe avere ripercussioni anche sul prosieguo dell’anno.
LA MOBILITÀ DEL PIANO STRAORDINARIO – Un anno fa di questi tempi, quando la scuola era iniziata con solo metà delle assunzioni previste dalla riforma e con una girandola di sostituzioni che a novembre avrebbe poi mandato in tilt gli istituti, Stefania Giannini aveva rinviato tutto al 2016: “Questo è un anno di transizione, il primo passo di una riforma ambiziosa. Dal prossimo avremo l’assetto definitivo, con tutti gli insegnanti che servono al loro posto”, le sue parole al Corriere della Sera. Le cose non sono andate proprio così: quel piano straordinario non è ancora finito. Le assunzioni sì (87mila alla fine, circa 20mila in meno del previsto), ma quest’estate è entrata in scena la “mobilità straordinaria”, che ha coinvolto complessivamente oltre 200mila insegnanti e rivoltato gli organici di mezza Italia. Poco importa che il Ministero neanche la volesse, frutto di un emendamento Pd per venire incontro ai docenti dopo le proteste per le “deportazioni” dello scorso anno. Uno dei tanti effetti collaterali della faticosa approvazione della riforma in Parlamento. “Speriamo non arrivino altre sorprese”, sussurrano da Viale Trastevere, visto che sui trasferimenti già si parla di ulteriori interventi.
PER LE ASSUNZIONI “CORSA CONTRO IL TEMPO” – Intanto si pagano le prime conseguenze. La mobilità non è stata indolore: tra ritardi e proteste (oltre 3mila proposte di conciliazione) si è protratta fino a fine agosto. Risultato: per le consuete immissioni in ruolo di inizio anno (29mila circa, per altro tutte concentrate al Nord) è l’ennesima “corsa contro il tempo”. Lo ammette persino il Miur. Gli uffici hanno dovuto assegnare i docenti agli ambiti territoriali in due giorni, entro il 14 devono essere scelti dai presidi con la nuova “chiamata diretta”: l’ultima novità della riforma, o piuttosto la “goccia che ha fatto traboccare il vaso”, come la definisce un assistente amministrativo che ha curato il procedimento in una scuola della Capitale. L’esordio è stato più che faticoso, viste le scadenze: basti pensare che i presidi hanno avuto appena due giorni per fare i bandi, leggere i curriculum, svolgere eventualmente i colloqui e scegliere i docenti di loro gradimento. Una selezione per modo di dire. Tutto si deve chiudere tassativamente entro il 15 settembre, anche se in molte Regioni d’Italia la campanella è suonata già oggi. “Lavoriamo in grande sofferenza, ma ce la faremo. Le difficoltà sono ovvie: stiamo gestendo una riforma. Se qualcuno pensava che questo potesse essere un anno lineare, si sbagliava”, conferma un alto dirigente dell’Usr Campania.
LA “FUGA” DEI PROF E I BUCHI NEGLI ORGANICI – I veri problemi, però, sono all’orizzonte. Finito questo processo, gli organici saranno al completo solo in teoria: perché ci sono tanti docenti che sono stati trasferiti fuori Regione e stanno provando a riavvicinarsi a casa in tutti i modi. Il più comune è l’assegnazione provvisoria: un titolare di cattedra in Piemonte, per esempio, può chiedere di lavorare per un anno in Calabria se c’è disponibilità. Facoltà prevista dalla normativa, che non aveva mai creato problemi fino ad oggi e invece ora si è trasformata in un boomerang vista le troppe domande pervenute (oltre 3mila). “Stiamo annegando nella confusione”, denuncia la preside di un liceo di Roma. “In organico avevamo un professore di tecnologia che non si è mai presentato, non ha mai risposto alle mail e per caso abbiamo appena scoperto essere stato spostato a Palermo. Come lui altri non vogliono venire: anche se ufficialmente siamo a posto, ancora non sappiamo su quanti insegnanti potremo contare realmente”. Il processo delle assegnazioni provvisorie non si concluderà prima del 15 settembre. Ma ci sono anche utilizzazioni temporanee, conciliazioni, congedi parentali, assistenze familiari in base alla legge 104, permessi per malattia. Tutti strumenti, più o meno leciti, che permettono di evitare la presa in servizio. Fra una settimana, quando verranno sciolte queste riserve, le segreterie dovranno rimettersi in moto per colmare altri buchi. Con delle supplenze, ovviamente. Che saranno ancora decine di migliaia, al contrario dei propositi di “abolizione della supplentite” sbandierati da Renzi e Giannini.
FALSA PARTENZA – Immissioni in ruolo in fase di svolgimento, nomina frettolosa dei docenti, incognite negli organici e buchi ancora da scoprire che dovranno essere messi a supplenza fra una settimana: per tutti questi problemi oggi in Italia la scuola inizia solo sul calendario. Basta chiamare qualche segreteria per verificarlo: “Nei primi 10 giorni ci limiteremo a fare attività di accoglienza”. “Cercheremo di tamponare l’emergenza con gli insegnanti di potenziamento, in attesa che dal Miur ci dicano qualcosa: ormai lo chiamiamo Ministero-mistero”. I sindacati, però, sono già sul piede di guerra: “Così cominceremo ad assistere ai soliti escamotage: orario ridotto, classi accorpate o scoperte. Ma è diritto allo studio questo?”, attacca Maddalena Gissi della Cisl Scuola. “Capitasse a mio figlio, lo ritirerei da scuola”. Ma del resto che sarebbe finita così, era possibile prevederlo già dall’anno scorso, con tutti i ritardi del bando del concorsone e dei trasferimenti. Forse non a caso Matteo Renzi era stato un po’ più prudente del ministro: “Abbiamo impostato un percorso: i problemi finiranno quando la Buona Scuola sarà a regime, e cioè entro due o tre anni”, aveva detto a gennaio 2016 il premier, dilatando l’anno di transizione pronosticato dalla Giannini. La loro “buona scuola” non c’è ancora. E chissà quando arriverà.
Twitter: @lVendemiale
Lady Etruria
di Davide Vecchi 11.4€ Acquista su AmazonArticolo Precedente
Piemonte, denuncia degli aspiranti docenti: “Errori di calcolo in graduatorie di matematica. A rischio assunzioni”
Articolo Successivo
Scuola, (un altro) primo giorno: la bellezza del ‘mancorrente’
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Usa: “Telefonata Trump-Putin? Pace mai così vicina”. “Il tycoon pensa a riconoscere la Crimea come russa”. Armi, l’Ue vuole altri 40 miliardi dai “volenterosi”
Mondo
Contro Trump il Canada si fa scudo anche con la corona: “Noi e Regno Unito sovrani sotto lo stesso re”
Mondo
Scontro a distanza Francia-Usa. “Ridateci la statua della libertà”, “Non parli tedesco grazie a noi”
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".