Non è che occorra fare grandi sforzi per individuare chi è stato, storicamente, il più grande di tutti nell’arte di governare. Machiavelli lo conoscono e lo studiano in tutte le Università del mondo. E’ vero che chi lo imita spesso non governa in prima persona (come del resto lui stesso), ma le tecniche e le strategie che il Machiavelli ha pensato per conquistare e mantenere il potere sul governo degli Stati hanno fatto scuola ovunque.

Il suo capolavoro letterario: Il Principe, dedicato proprio nel 1516, a Lorenzo de’ Medici (esattamente 500 anni fa) è diventato un classico della letteratura mondiale per la spregiudicatezza nel dettare le cose essenziali (all’epoca) per conquistare o mantenere il potere in un periodo storico in cui entrambe le cose avevano una fluidità estrema.

Ma il penta-centenario storico del celeberrimo libro trova ulteriori coincidenze nel luogo dove esso è stato scritto e nel luogo dove governavano i nobili a cui era dedicato, ovvero Firenze (e altre aree dell’Italia centrale) che, guarda caso, è anche il luogo di nascita di Matteo Renzi, colui che governa oggi il suolo patrio. Nessuno può dubitare che anche Renzi, come milioni d’altri, abbia letto Il Principe e abbia appreso l’arte di governare anche dal suo celebre conterraneo, specialmente in riferimento al “pragmatismo” con cui interpreta la necessità di ottemperare certi atti di governo.

Succede così che qualche mese fa, galvanizzato dalla facile vittoria nel referendum sulle “trivelle”, che lui ha vinto semplicemente suggerendo “machiavellicamente” che tutti avrebbero certamente trovato qualcosa di meglio da fare quel giorno, promise alla sua gente, convinto di poterselo permettere grazie al favore popolare di cui godeva in quel periodo, che se il popolo gli avesse voltato le spalle votandogli contro nel prossimo referendum costituzionale, egli non solo avrebbe abbandonato immediatamente la sua posizione di premier, ma addirittura avrebbe lasciato la politica attiva.

Si sentiva sicuro e con quella dichiarazione sapeva che avrebbe dimostrato grande coraggio e coerenza anche a favore dei candidati del suo partito che, nelle elezioni amministrative dei giorni successivi, avrebbero avuto tanto bisogno di esibire grande serietà e concretezza proprio come il loro leader.

Invece è andata male. E’ stata una batosta talmente pesante che molti politici vecchia maniera si sarebbero dimessi subito. Lui no. Lui è un erede diretto del Machiavelli e conosce già perfettamente, nonostante la sua giovane età, l’arte di governare e di combattere le battaglie più dure, incluso, quando occorre, di procedere a ritirate strategiche.

Visto come tira il vento bisogna perciò modificare innanzitutto la stolta promessa di dimissioni in caso di sconfitta al prossimo referendum. Cosa di nessuna difficoltà perché basta togliere subito la parola immediatamente alla promessa fatta e tutto ridiventa coerente col suo progetto, perché anche in caso di nuova sconfitta, provvederà il Colle a confortarlo e a ridargli fiducia per completare l’ardito programma di riforme di cui, come continua a martellare Renzi stesso nella propaganda, l’Italia e gli italiani hanno tanto bisogno.

Ma non è proprio nel Referendum che gli italiani si devono esprimere per dire se le vogliono? E come la mettiamo con la serietà e la coerenza della promessa di dimettersi? Nessun problema, basta la concretezza. Machiavelli ha già spiegato 500 anni fa che il fine giustifica i mezzi. Gli italiani probabilmente in gran numero non lo sanno ancora, ma lui lo sa che essi hanno un bisogno vitale delle sue riforme e quindi, anche se dovesse andar male il referendum, non si ritirerà.

E poi, chi lo dice che perderà il voto del referendum? Lasciategli il tempo di spiegare a tutti gli italiani che votando “No” l’Italia resterà nella palude e vedremo come andrà a finire.

Nel frattempo tutte le radio, le televisioni e i giornali che casualmente si trovano a condividere le sue riforme o che casualmente ricadono nel suo cono d’influenza, provvederanno a spiegare puntualmente agli italiani i motivi per cui ci guadagneranno votando “Sì”. La propaganda del “No” invece, essendo negativa, sarà meglio per tutti se andrà a occupare spazi marginali. Dopo 500 anni scopriamo quindi che Machiavelli è obsoleto. Oggi non è più il sangue (dei principi ereditari) che deve essere eliminato insieme al principe, ma la pluralità dell’informazione, per evitare che l’Italia si faccia del male da sola.

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