Mentre la Corte dei Conti mette nel mirino quattro dirigenti del Tesoro per i derivati sul debito pubblico sottoscritti con Morgan Stanley, a Milano il Tribunale condanna Bnl a risarcire 8 milioni di euro a un’azienda che nel 2007 aveva sottoscritto un derivato per proteggersi dalla fluttuazione dei tassi a latere di un finanziamento da 38 milioni. Si tratta di una cifra record alla quale vanno aggiunti altri due milioni di interessi. Senza contare che la sentenza (10049/16 pubblicata il 13 settembre) si configura come un riferimento giuridico innovativo per le aziende che hanno sottoscritto derivati ad alto rischio.
Ma come sono andate esattamente le cose e soprattutto su quali basi il Tribunale di Milano ha deciso di condannare la banca? Nel 2007, la filiale italiana di una multinazionale francese aveva stipulato un finanziamento da 38 milioni con una banca tedesca. L’operazione era finalizzata alla realizzazione di un centro commerciale. Ma il contratto prevedeva anche l’obbligo di copertura dal rischio di possibile un rialzo del tasso variabile previsto dal finanziamento. Così un’altra azienda, riconducibile al medesimo gruppo, aveva sottoscritto con Bnl un contratto derivato swap con dichiarata finalità di copertura.
“La finalità del contratto doveva essere la copertura del rischio derivante dalla fluttuazione dei tassi di interesse applicati al finanziamento”, spiega la sentenza. Tuttavia secondo quanto riferisce il Consulente tecnico d’ufficio, Gino Gandolfi, “benché la negoziazione del contratto derivato non deve ritenersi, in linea di principio inopportuna” (…) lo strumento sottoscritto dalla parte attrice non può considerarsi di pura copertura e, per tale ragione, debba intendersi (prevalentemente) speculativo”. In altre parole, alla società il derivato non serviva affatto. Ma c’è di più.
Secondo l’avvocato Franco Fabiani che cura gli interessi della società, l’aspetto più rilevante della sentenza sta nelle motivazioni del giudice Margherita Monte. “Il tribunale ha riscontrato inadempienze comportamentali in termini di diligenza e correttezza da parte della banca”, spiega Fabiani che, nella causa, è stato affiancato dall’avvocato Marco Dalla Zanna. Fra queste la mancanza della funzione di piena copertura del rischio, la presenza di commissioni occulte per 500mila euro, l’assenza dell’indicazione del mark to market (il valore di un derivato in un dato istante) e del suo metodo di calcolo. Secondo la sentenza, queste inadempienze non hanno causato la nullità del contratto, ma hanno fatto scattare la responsabilità dell’istituto di credito e il conseguente diritto al risarcimento del cliente. Anche a dispetto del fatto che l’azienda in questione sia stata ritenuta dai giudici un “operatore qualificato”, cioè in grado di comprendere la tipologia di contratto sottoscritta. E che nel contratto fosse prevista l’applicazione della legge inglese nella risoluzione delle controversie.
Per queste ragioni “la sentenza rappresenta un importante passo avanti nella consacrazione degli obblighi comportamentali cui la banca è normativamente tenuta, a prescindere dalla classificazione del cliente”, conclude Fabiani. “E’ un importante segno di consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale sul tema della criticità e impugnabilità dei contratti finanziari derivati interest rate swap”, un tipo di prodotto proposto dalle banche alle imprese per la copertura dei rischi legati alla fluttuazione dei tassi d’interesse. Naturalmente si tratta di un giudizio di primo grado e, viste le cifre in ballo, c’è da scommettere che Bnl non si darà per vinta. Il ricorso in appello è insomma dietro l’angolo.