Decine di miliardi in ballo, governi che scendono apertamente in campo per difendere le aziende di casa propria, velate minacce di conseguenze negative per gli investimenti sull’altra sponda dell’Oceano. Mentre i negoziati sul trattato di libero scambio tra Usa e Unione europea (Ttip) rischiano di fallire, i fronti di scontro tra Washington e Bruxelles si moltiplicano. A due settimane dalla decisione dell’Antitrust europeo su Apple, che (al netto degli annunciati ricorsi) dovrà restituire all’Irlanda 13 miliardi di euro di illeciti vantaggi fiscali, il dipartimento di Giustizia statunitense ha chiesto a Deutsche Bank di pagare 14 miliardi di dollari per uscire senza ulteriori contestazioni da un’inchiesta sulla vendita di obbligazioni garantite da mutui subprime. Nello stesso giorno, e non sembra un caso, il Financial Times ha pubblicato la lettera di 185 amministratori delegati statunitensi che si sono schierati con Cupertino nel pressing perché la decisione della Commissione europea sulle imposte arretrate venga ribaltata. Sullo sfondo c’è poi il caso Volkswagen: l’ultima notizia è che un drappello di grandi investitori istituzionali Usa tra cui il fondo Blackrock ha avviato un’azione legale chiedendo alla casa tedesca un risarcimento di 2 miliardi di euro alla casa tedesca per il modo con cui ha gestito il Dieselgate, ossia lo scandalo emissioni.

La stangata Usa a Deutsche Bank anticipata dal Wall Street Journal – A gettare benzina sul fuoco è arrivata, venerdì mattina, la pubblicazione da parte del Wall Street Journal che le autorità americane hanno proposto alla prima banca tedesca un patteggiamento record – 14 miliardi di dollari appunto – per archiviare le accuse relative alla vendita di titoli con sottostanti mutui immobiliari. Una doccia gelata per l’istituto di credito, che naviga già in pessime acque: ha chiuso il 2015 con un rosso di quasi 7 miliardi di euro dovuto soprattutto a spese legali e multe per un altro scandalo, quello della manipolazione del Libor, ha in pancia 32 miliardi di derivati ad alto rischio e a giugno è stato definito in un report del Fondo monetario internazionale di Washington “la principale fonte di rischi per la stabilità finanziaria mondiale”.

La banca: “Nessuna intenzione di pagare quella cifra” – La banca ha risposto a muso duro di “non aver intenzione di patteggiare su cifre nemmeno lontanamente vicine a quelle citate”, precisando che “le negoziazioni sono solo all’inizio” e si attende “un esito simile a quello delle altre banche che si sono accordate (con il Dipartimento di giustizia, ndr) su importi più bassi”. Vero solo in parte: se Citigroup nel 2014 ha concordato un pagamento di 7 miliardi e Goldman Sachs ne ha versati 5,1, a Jp Morgan è stata inflitta nel 2013 una multa da 13 miliardi di dollari e Bank America nel 2014 ha accettato di versare 9,65 miliardi in contanti e 7 di rimborsi ai clienti. Il problema è più che altro la fuga di notizie sul quotidiano Usa, arrivata mentre i negoziati con il Dipartimento di Giustizia sono “solo all’inizio”, con il risultato di affossare il titolo Deutsche Bank sul listino di Francoforte: venerdì la banca ha chiuso in calo dell’8,5%. Inevitabile, visto che 14 miliardi sono più del doppio di quanto accantonato dall’istituto (al 30 giugno 5,5 miliardi di euro, pari a 6,2 miliardi di dollari) per far fronte alle controversie legali e corrispondono a tre quarti della sua capitalizzazione.

185 top manager Usa scrivono alla Merkel: “Ribaltare la decisione su Apple” – Non è passato inosservato il fatto che proprio venerdì il Financial Times abbia pubblicato la lettera in cui 185 top manager, rivolgendosi ai 28 leader dei 28 Paesi membri della Ue, contestano la decisione su Apple. Il tono della missiva, inviata anche alla cancelliera tedesca Angela Merkel, è tutt’altro che diplomatico: il pronunciamento della commissaria Ue Margrethe Vestager viene definito una “ferita auto-inflitta grave per l’Unione europea e i suoi cittadini”. I manager paventano la creazione di un precedente che “mina la certezza legale” necessaria alle aziende per decidere di avviare grandi investimenti. Per questo chiedono a Merkel di “lavorare con i tuoi colleghi per ribaltare la decisione e mettere fine all’uso delle inchieste sugli aiuti di Stato che scavalcano la capacità di un Paese e di altri membri Ue di determinare e interpretare le loro leggi fiscali”.

Lunedì faccia a faccia tra il commissario Ue Vestager e il segretario al Tesoro Usa – Una posizione perfettamente in linea, del resto, con quella espressa dal segretario al Tesoro americano Jack Lew, che pur affermando di voler affrontare il nodo dell’elusione fiscale delle multinazionali ha più volte lamentato un presunto “accanimento” di Bruxelles contro i gruppi Usa e paventato conseguenze negative sugli investimenti statunitensi nel Vecchio Continente. Lunedì il commissario Vestager sarà a Washington per discutere del caso Apple con lo stesso Lew e il presidente della commissione federale per il Commercio, Edith Ramirez. Si attendono scintille.

Negli Usa nuova causa miliardaria contro Volkswagen – Nel frattempo, come se non bastasse, a peggiorare il clima tra le due sponde dell’Oceano è arrivata la decisione del fondo di investimenti Blackrock di scendere in campo contro Volkswagen insieme ad altri azionisti istituzionali della casa automobilistica tedesca: tra gli altri State Street, Nordea Asset Management, il California State Teachers’ Retirement System e il Greater Manchester Pension Fund. Uno studio legale ha già presentato l’atto di citazione in un tribunale della Bassa Sassonia, regione in cui ha sede la casa automobilistica, riferisce il Financial Times. La richiesta di risarcimento nasce dal fatto che l’installazione su 11 milioni di veicoli di dispositivi in grado di manipolare i test sulle emissioni di gas nocivi ha fatto crollare il valore del titolo in borsa, danneggiando i soci. Rischia dunque di appesantirsi ulteriormente il conto pagato dal costruttore di Wolfsburg negli Stati Uniti: a luglio Volkswagen ha messo sul piatto 14,7 miliardi, di cui 10 destinati al riacquisto di auto al loro valore calcolato prima dello scandalo e il resto per risarcire i proprietari. E non è ancora finita, perché secondo il Wall Street Journal il dipartimento di giustizia americano ha raccolto prove sufficienti di un “comportamento criminale” passibile di conseguenze penali. Tutt’altra musica in Europa: i consumatori europei non verranno risarciti perché “un rimborso danni di questo tipo schiaccerebbe Volkswagen”, si è giustificato l’amministratore delegato Matthias Mueller.

In Germania decine di migliaia in piazza contro gli accordi commerciali – In questo clima, sabato decine di migliaia di manifestanti sono scese in strada a Berlino e in altre sei città della Germania per protestare contro gli accordi di libero scambio dell’Unione europea con Stati Uniti (Ttip) e Canada (Ceta). Secondo il bilancio fornito dagli organizzatori hanno partecipato quasi 350mila persone tra Berlino, Francoforte, Colonia, Amburgo, Lipsia, Monaco e Stoccarda. Secondo la polizia a Berlino c’erano 70mila dimostranti e a Francoforte 25mila. La giornata di mobilitazione era stata convocata da sindacati, organizzazioni ambientaliste e collettivi religiosi, secondo cui provocherebbero danni ecologici e abbasserebbero gli standard sociali e qualitativi europei. Bruxelles poche settimane fa ha smentito il fallimento dei negoziati sul Ttip e il 15 settembre 12 Paesi tra cui l’Italia – ma non Francia e Germania – hanno chiesto ufficialmente alla Commissione di continuare le trattative. Ma a due mesi dalle presidenziali Usa e con Donald Trump apertamente contrario e Hillary Clinton tiepida sugli accordi commerciali con l’altra sponda dell’Atlantico arrivare alla firma appare sempre più difficile.

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