La Procura della Repubblica di Bologna ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta su Bilal Erdoğan. Il fascicolo, che vedeva indagato il figlio del presidente turco per riciclaggio, era stato aperto nel dicembre 2015 dopo un esposto presentato da Murat Hakan Uzan, oppositore politico di lunga data del leader turco e oggi rifugiato politico in Francia. Secondo l’esposto, redatto a ottobre 2015, il giovane Erdoğan era arrivato in Italia a fine settembre “con importanti somme di denaro” nell’ambito di un presunto “progetto di fuga” in vista del voto anticipato del primo novembre di un anno fa. A dire la verità le elezioni erano poi andate bene per il partito di governo di Recep Erdoğan, mentre Bilal aveva chiarito in un’intervista di essere arrivato in Italia solo per studiare alla Johns Hopkins University di Bologna, dove da anni aveva attivo un dottorato.
Le pm Manuela Cavallo e Antonella Scandellari avevano comunque iniziato a scavare per verificare la denuncia, scandagliando i conti correnti del figlio del presidente che nel frattempo, a marzo 2016, aveva lasciato Bologna, pare per motivi di sicurezza, dopo che in città erano apparse scritte sui muri contro di lui. L’esposto di Uzan ricordava come Bilal nel 2013 fosse stato coinvolto in una vicenda giudiziaria, ribattezzata “tangentopoli sul Bosforo”. Una vicenda che fece vacillare la carriera politica di suo padre. Erdoğan figlio fu protagonista allora di alcune intercettazioni telefoniche con il padre. In sostanza, stando al contenuto di quelle registrazioni (che Recep Erdogan definì false e montate per danneggiare il suo governo), il padre avrebbe chiesto a Bilal di nascondere una grossa somma di denaro. L’inchiesta in patria fu poi archiviata e le telefonate dichiarate false. E anche di questa archiviazione Uzan aveva parlato nel suo esposto alla Procura di Bologna: “Il governo turco è intervenuto con vigore sollevando dalle funzioni i magistrati dell’accusa che avevano indagato. Sostituiti questi, si è giunti prontamente all’archiviazione”.
Sul fronte dell’indagine bolognese a giugno 2016 le due pm bolognesi avevano anche chiesto e ottenuto una proroga delle indagini. Ma alla fine non hanno trovato prove di riciclaggio e le accuse di Uzan sono troppo generiche per andare avanti nel procedimento. Allo stesso Uzan (assistito dall’avvocato Massimiliano Annetta) è stato chiesto recentemente dalle pm di essere sentito per circostanziare le sue accuse, ma il rifugiato si è reso indisponibile a parlare.
La notizia dell’esposto, a inizio dicembre 2015, si intrecciò con la polemica muscolare tra Turchia e Russia, nel momento di massima tensione tra i due stati. Il Cremlino arrivò ad accusare Ankara di contrabbandare petrolio con l’Isis e gli oppositori interni a Erdoğan accusarono dei traffici anche una ditta che farebbe capo proprio a Bilal. La Procura di Bologna tuttavia ha chiarito di non essere entrata nel merito di questa questione per incompetenza territoriale. Si tratterebbe inoltre, ammesso che fossero verificati, di fatti accaduti all’estero e per i quali sarebbe impossibile acquisire elementi di prova. Da qui la decisione di archiviare per infondatezza della notizia di reato, sottoscritta in prima persona dal nuovo procuratore Giuseppe Amato. “C’è grande soddisfazione per questa richiesta, che ci dà ragione: abbiamo sempre sostenuto l’estraneità all’ipotesi di riciclaggio e che non c’erano elementi di riscontro rispetto alla denuncia dell’oppositore politico” ha commentato l’avvocato Giovanni Trombini, difensore di Erdoğan.
L’inchiesta di Bologna nelle scorse settimane aveva avuto anche dei risvolti diplomatici. A inizio agosto, poche settimane dopo il tentato golpe di luglio, lo stesso presidente Erdoğan in un’intervista a Rainews 24 aveva criticato l’indagine bolognese su Bilal: “Se mio figlio tornasse in Italia potrebbe essere arrestato perché c’è un’inchiesta su di lui a Bologna e non si sa perché. Questa vicenda potrebbe mettere in difficoltà le nostre relazioni con l’Italia, che dovrebbe occuparsi della mafia, non di mio figlio”. Alle parole del leader turco aveva replicato Matteo Renzi: “In questo Paese i giudici rispondono alle leggi e alla Costituzione italiana, non al presidente turco, si chiama stato di diritto”.
Giustizia & Impunità
Bilal Erdogan indagato, la procura di Bologna ha chiesto l’archiviazione: “Accuse generiche e non riscontrabili”
Il fascicolo, che vedeva indagato il figlio del presidente turco per riciclaggio, era stato aperto nel dicembre 2015 dopo un esposto presentato da Murat Hakan Uzan, oppositore politico di lunga data del leader turco e oggi rifugiato politico in Francia
La Procura della Repubblica di Bologna ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta su Bilal Erdoğan. Il fascicolo, che vedeva indagato il figlio del presidente turco per riciclaggio, era stato aperto nel dicembre 2015 dopo un esposto presentato da Murat Hakan Uzan, oppositore politico di lunga data del leader turco e oggi rifugiato politico in Francia. Secondo l’esposto, redatto a ottobre 2015, il giovane Erdoğan era arrivato in Italia a fine settembre “con importanti somme di denaro” nell’ambito di un presunto “progetto di fuga” in vista del voto anticipato del primo novembre di un anno fa. A dire la verità le elezioni erano poi andate bene per il partito di governo di Recep Erdoğan, mentre Bilal aveva chiarito in un’intervista di essere arrivato in Italia solo per studiare alla Johns Hopkins University di Bologna, dove da anni aveva attivo un dottorato.
Le pm Manuela Cavallo e Antonella Scandellari avevano comunque iniziato a scavare per verificare la denuncia, scandagliando i conti correnti del figlio del presidente che nel frattempo, a marzo 2016, aveva lasciato Bologna, pare per motivi di sicurezza, dopo che in città erano apparse scritte sui muri contro di lui. L’esposto di Uzan ricordava come Bilal nel 2013 fosse stato coinvolto in una vicenda giudiziaria, ribattezzata “tangentopoli sul Bosforo”. Una vicenda che fece vacillare la carriera politica di suo padre. Erdoğan figlio fu protagonista allora di alcune intercettazioni telefoniche con il padre. In sostanza, stando al contenuto di quelle registrazioni (che Recep Erdogan definì false e montate per danneggiare il suo governo), il padre avrebbe chiesto a Bilal di nascondere una grossa somma di denaro. L’inchiesta in patria fu poi archiviata e le telefonate dichiarate false. E anche di questa archiviazione Uzan aveva parlato nel suo esposto alla Procura di Bologna: “Il governo turco è intervenuto con vigore sollevando dalle funzioni i magistrati dell’accusa che avevano indagato. Sostituiti questi, si è giunti prontamente all’archiviazione”.
Sul fronte dell’indagine bolognese a giugno 2016 le due pm bolognesi avevano anche chiesto e ottenuto una proroga delle indagini. Ma alla fine non hanno trovato prove di riciclaggio e le accuse di Uzan sono troppo generiche per andare avanti nel procedimento. Allo stesso Uzan (assistito dall’avvocato Massimiliano Annetta) è stato chiesto recentemente dalle pm di essere sentito per circostanziare le sue accuse, ma il rifugiato si è reso indisponibile a parlare.
La notizia dell’esposto, a inizio dicembre 2015, si intrecciò con la polemica muscolare tra Turchia e Russia, nel momento di massima tensione tra i due stati. Il Cremlino arrivò ad accusare Ankara di contrabbandare petrolio con l’Isis e gli oppositori interni a Erdoğan accusarono dei traffici anche una ditta che farebbe capo proprio a Bilal. La Procura di Bologna tuttavia ha chiarito di non essere entrata nel merito di questa questione per incompetenza territoriale. Si tratterebbe inoltre, ammesso che fossero verificati, di fatti accaduti all’estero e per i quali sarebbe impossibile acquisire elementi di prova. Da qui la decisione di archiviare per infondatezza della notizia di reato, sottoscritta in prima persona dal nuovo procuratore Giuseppe Amato. “C’è grande soddisfazione per questa richiesta, che ci dà ragione: abbiamo sempre sostenuto l’estraneità all’ipotesi di riciclaggio e che non c’erano elementi di riscontro rispetto alla denuncia dell’oppositore politico” ha commentato l’avvocato Giovanni Trombini, difensore di Erdoğan.
L’inchiesta di Bologna nelle scorse settimane aveva avuto anche dei risvolti diplomatici. A inizio agosto, poche settimane dopo il tentato golpe di luglio, lo stesso presidente Erdoğan in un’intervista a Rainews 24 aveva criticato l’indagine bolognese su Bilal: “Se mio figlio tornasse in Italia potrebbe essere arrestato perché c’è un’inchiesta su di lui a Bologna e non si sa perché. Questa vicenda potrebbe mettere in difficoltà le nostre relazioni con l’Italia, che dovrebbe occuparsi della mafia, non di mio figlio”. Alle parole del leader turco aveva replicato Matteo Renzi: “In questo Paese i giudici rispondono alle leggi e alla Costituzione italiana, non al presidente turco, si chiama stato di diritto”.
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‘In Ucraina è guerra per procura’: a dirlo è il segretario di Stato Usa Marco Rubio. E il Cremlino plaude
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "La politica estera cambia la vita delle famiglie, aiuta la gente a capire e anche gli errori fatti. In Italia il casino sui consumi lo ha fatto Salvini: ha fatto una norma sul codice della strada per ridurre gli incidenti e va bene ma non è giusto fare una campagna terroristica sul vino. E poi c'è Trump che fa i dazi ma la roba nostra piace nel mondo e se ci mettono i dazi, ci fregano. I sovranisti di casa nostra dicono 'viva Trump' ma Trump ci distrugge l'economia". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4. "E poi c'è anche l'Europa che è un po' troppo burocratica".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - “La sicurezza delle telecomunicazioni è fondamentale, nell’interesse italiano sarebbe singolare scegliere un soggetto francese (con partecipazione azionaria anche cinese?) anziché un sistema tecnologicamente più sviluppato ed all’avanguardia come quello americano. Peraltro notiamo con stupore che, come già avvenuto per alcune case farmaceutiche durante il Covid, un titolo francese abbia guadagnato in Borsa più del 500% in pochi giorni. Siamo certi che, in una fase delicata come questa, ogni scelta vada ponderata esclusivamente nel nome dell’interesse nazionale italiano, senza pregiudizi ideologici, ritenendo gli Usa un partner imprescindibile per la sicurezza e la crescita del nostro Paese”. Così in una nota Paolo Borchia, capo delegazione Lega al Parlamento europeo, e Paolo Formentini, deputato Lega, responsabile dipartimento Esteri della Lega.