Sei volte senza numero legale, un braccio di ferro lungo ore con un occhio alla discussione sulla mozione per cambiare l’Italicum a Montecitorio e alla fine una prima vittoria di Area popolare: il testo di riforma del processo penale, che contiene fra l’altro i temi caldi della prescrizione e della delega dal governo sulla pubblicazione delle intercettazioni, è blindato. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando si è impegnato a non modificare il provvedimento in Aula e a far ritirare gli emendamenti più “critici” a firma dei senatori Pd Beppe Lumia e Felice Casson. Il Movimento 5 stelle ha fatto sapere che farà sue quelle stesse richieste di modifica, ma ancora non è chiaro, a questo punto, se il governo porrà comunque la questione di fiducia sul testo facendo decadere tutti gli emendamenti.
“Accordo sulla pelle dei lavoratori”
Tra gli emendamenti ritirati ce ne è uno, a prima firma Lumia, che avrebbe allungato i tempi di prescrizione in caso di vittime sul lavoro.
Si è deciso di ritirare la proposta di modifica al ddl ora all’esame di Palazzo Madama che prevedeva come termine di decorrenza della prescrizione, per le norme che riguardano prevenzione, sicurezza e igiene del lavoro, dal giorno in cui la notizia di reato viene acquisita o perviene al magistrato. Ora invece la prescrizione decorre dal momento della commissione del reato. Severo il giudizio dell’opposizione che parla di “accordo sulla pelle dei lavoratori“. Lumia ha però sminuito: “Siamo alla soglia di un importante risultato. È quindi giusto il ritiro di due emendamenti che non incidono su questo importante risultato, ma riguardano le notifiche elettroniche che servono a ridurre i tempi del processo penale. Tanto questo tema non mancherà molto che questo tema venga affrontato all’interno del processo telematico al quale nessuno potrà porre resistenza”.
Un’altra giornata di palude per la giustizia
A Palazzo Madama è stata un’altra lunga giornata di palude, dove per l’ennesima volta il provvedimento ha rischiato di restare incagliato. Per quattro volte in aula è mancato il numero legale. La presidente di turno, Valeria Fedeli, ha sospeso la seduta. Alla riapertura dei lavori nel pomeriggio è successo di nuovo: per altre due volte è mancato il numero legale e l’Aula è stata di nuovo sospesa. Solo alla settima verifica delle presenze, Palazzo Madama ha potuto continuare i lavori. L’identica situazione si era creata la settimana scorsa, cosa che aveva provocato il rinvio alla seduta e l’irritazione del presidente Piero Grasso (“Un brutto segnale”). Seduta nella quale erano previste le prime votazioni del testo faticosamente uscito dalla Commissione giustizia dopo l’approvazione alla Camera (accompagnata dalle promesse di battaglia al palazzo Madama da parte di Angelino Alfano e dei centristi della coalizione di governo), ma poi gli interventi sono andati per le lunghe e neppure un articolo della riforma penale è stato messa in votazione.
Braccio di ferro all’interno della maggioranza
Come ricostruisce l’agenzia Ansa, c’è un braccio di ferro all’interno della maggioranza. Da un lato ci sono i senatori di Ap che vorrebbero mantenere il testo così come uscito dalla commissione Giustizia del Senato e chiedono che il governo ponga la fiducia. Sul fronte opposto, una parte del Pd che punta ad andare avanti con il lavoro d’Aula. Parallelamente, il braccio di ferro si riflette all’interno dell’esecutivo tra chi vorrebbe, come chiede Ap, mettere la fiducia e chi, invece, ritiene che un’ulteriore forzatura dell’esecutivo sul Parlamento potrebbe esacerbare ulteriormente gli animi in un momento politicamente delicato per la maggioranza, in un clima di scontro aperto sulle modifiche all’Italicum e il voto sul referendum.
Casson (Pd): “Mancanza numero legale è messaggio politico”
C’è stata l’ennesima falsa partenza, con il Pd che accusa gli alleati di governo: “L’unico gruppo a garantire il numero legale è stato quello del Partito democratico”, afferma la senatrice Giuseppina Maturani, vicepresidente del gruppo a Palazzo Madama. Ancora più diretto il senatore della minoranza dem Felice Casson, secondo il quale i centristi di Ap erano in aula, ma non hanno premuto il pulsante di presenza quando l’M5s ha chiesto la verifica del numero legale. Una quindicina di senatori Pd non erano presenti, mentre Cinquestelle e opposizioni, pur fisicamente in aula, non hanno partecipato al voto. Proprio come i senatori di Area Popolare, che però appartengono alla maggioranza di governo. “La mancanza ripetuta del numero legale è un messaggio politico di più ampio respiro che Ap vuole inviare e ha a che fare anche con l’Italicum“, afferma Casson all’agenzia LaPresse. “Il ddl penale è una scusa”.
Gaetti (M5s): “Maggioranza è in tilt”
L’opposizione, naturalmente, insorge. Per Luigi Gaetti, capogruppo M5S , “la maggioranza è in tilt”, perché “il Pd di Renzi non riesce a trovare un accordo con Ncd sui temi della prescrizione e intercettazioni e già per tre volte (poi è successo altre tre volte, ndr) questa mattina è mancato il numero legale in Senato. Ecco il senso della legalità e dello Stato di questa maggioranza”. Sulla stessa linea Corradino Mineo di Sinistra Italiana: “Clamoroso: seduta sospesa in Senato”, twitta. “Per 4 volte manca il numero legale. Il motivo? È guerra nella maggioranza su giustizia e prescrizione”. Mentre la Lega, per bocca del senatore Jonny Crosio, parla di una “debole maggioranza sistematicamente sotto scacco di Verdini“.
Ddl penale, prescrizione e intercettazioni i temi critici
Il ddl punta a riformare diversi articoli del codice penale e del codice di procedura penale. Il punto più delicato è quello della prescrizione. Il testo manda in soffitta la “ex Cirielli” di berlusconiana memoria, che tagliava drasticamente i tempi di estinzione del reato, soprattutto per i non recidivi, e introduce un meccanismo del tutto nuovo per l’ordinamento italiano: lo scorrere del tempo si ferma dopo una condanna di primo grado (per non più di due anni) e dopo una condanna in appello (per non più di un anno). E per corruzione e altri reati simili sono previsti tempi ancora più lunghi. Sul fronte delle intercettazioni, invece, il testo non indica norme precise ma rimanda al governo il compito di regolare la materia in modo da limitare la diffusione delle conversazioni captate durante le indagini, soprattutto riguardo alle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento. Fra gli altri nodi, l’utilizzo di software spia nelle indagini per “entrare” negli apparecchi informatici degli indagati.
A ripetizione, nei mesi scorsi, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha annunciato non meglio precisati “accordi in maggioranza”, specie sul fronte della prescrizione. Sullo sfondo, gli stop and go di Ala, il gruppo verdiniano non ufficialmente in maggioranza che più volte però si è fatto avanti nella partita. Nelle ultime settimane si era vista qualche schiarita. Ora ci si mette pure l’intreccio con l’Italicum. E la prova dell’aula continua a essere rimandata.
Politica
Ddl penale, Orlando media e fa ritirare gli emendamenti sgraditi su prescrizione ad Ap. “Accordo sulla pelle dei lavoratori”
Per sei volte manca il numero legale come era già successo la settimana scorsa, poi nella seduta di ieri non si sono svolte le votazioni previste causa lunghezza degli interventi. Così il testo che contiene fra l'altro la riforma della prescrizione e la delega sulle intercettazioni resta impantanato. Il senatore dem Casson: "Quelli di Ap erano in aula, ma non hanno premuto il pulsante di presenza"
Sei volte senza numero legale, un braccio di ferro lungo ore con un occhio alla discussione sulla mozione per cambiare l’Italicum a Montecitorio e alla fine una prima vittoria di Area popolare: il testo di riforma del processo penale, che contiene fra l’altro i temi caldi della prescrizione e della delega dal governo sulla pubblicazione delle intercettazioni, è blindato. Il ministro della Giustizia Andrea Orlando si è impegnato a non modificare il provvedimento in Aula e a far ritirare gli emendamenti più “critici” a firma dei senatori Pd Beppe Lumia e Felice Casson. Il Movimento 5 stelle ha fatto sapere che farà sue quelle stesse richieste di modifica, ma ancora non è chiaro, a questo punto, se il governo porrà comunque la questione di fiducia sul testo facendo decadere tutti gli emendamenti.
“Accordo sulla pelle dei lavoratori”
Tra gli emendamenti ritirati ce ne è uno, a prima firma Lumia, che avrebbe allungato i tempi di prescrizione in caso di vittime sul lavoro.
Si è deciso di ritirare la proposta di modifica al ddl ora all’esame di Palazzo Madama che prevedeva come termine di decorrenza della prescrizione, per le norme che riguardano prevenzione, sicurezza e igiene del lavoro, dal giorno in cui la notizia di reato viene acquisita o perviene al magistrato. Ora invece la prescrizione decorre dal momento della commissione del reato. Severo il giudizio dell’opposizione che parla di “accordo sulla pelle dei lavoratori“. Lumia ha però sminuito: “Siamo alla soglia di un importante risultato. È quindi giusto il ritiro di due emendamenti che non incidono su questo importante risultato, ma riguardano le notifiche elettroniche che servono a ridurre i tempi del processo penale. Tanto questo tema non mancherà molto che questo tema venga affrontato all’interno del processo telematico al quale nessuno potrà porre resistenza”.
Un’altra giornata di palude per la giustizia
A Palazzo Madama è stata un’altra lunga giornata di palude, dove per l’ennesima volta il provvedimento ha rischiato di restare incagliato. Per quattro volte in aula è mancato il numero legale. La presidente di turno, Valeria Fedeli, ha sospeso la seduta. Alla riapertura dei lavori nel pomeriggio è successo di nuovo: per altre due volte è mancato il numero legale e l’Aula è stata di nuovo sospesa. Solo alla settima verifica delle presenze, Palazzo Madama ha potuto continuare i lavori. L’identica situazione si era creata la settimana scorsa, cosa che aveva provocato il rinvio alla seduta e l’irritazione del presidente Piero Grasso (“Un brutto segnale”). Seduta nella quale erano previste le prime votazioni del testo faticosamente uscito dalla Commissione giustizia dopo l’approvazione alla Camera (accompagnata dalle promesse di battaglia al palazzo Madama da parte di Angelino Alfano e dei centristi della coalizione di governo), ma poi gli interventi sono andati per le lunghe e neppure un articolo della riforma penale è stato messa in votazione.
Braccio di ferro all’interno della maggioranza
Come ricostruisce l’agenzia Ansa, c’è un braccio di ferro all’interno della maggioranza. Da un lato ci sono i senatori di Ap che vorrebbero mantenere il testo così come uscito dalla commissione Giustizia del Senato e chiedono che il governo ponga la fiducia. Sul fronte opposto, una parte del Pd che punta ad andare avanti con il lavoro d’Aula. Parallelamente, il braccio di ferro si riflette all’interno dell’esecutivo tra chi vorrebbe, come chiede Ap, mettere la fiducia e chi, invece, ritiene che un’ulteriore forzatura dell’esecutivo sul Parlamento potrebbe esacerbare ulteriormente gli animi in un momento politicamente delicato per la maggioranza, in un clima di scontro aperto sulle modifiche all’Italicum e il voto sul referendum.
Casson (Pd): “Mancanza numero legale è messaggio politico”
C’è stata l’ennesima falsa partenza, con il Pd che accusa gli alleati di governo: “L’unico gruppo a garantire il numero legale è stato quello del Partito democratico”, afferma la senatrice Giuseppina Maturani, vicepresidente del gruppo a Palazzo Madama. Ancora più diretto il senatore della minoranza dem Felice Casson, secondo il quale i centristi di Ap erano in aula, ma non hanno premuto il pulsante di presenza quando l’M5s ha chiesto la verifica del numero legale. Una quindicina di senatori Pd non erano presenti, mentre Cinquestelle e opposizioni, pur fisicamente in aula, non hanno partecipato al voto. Proprio come i senatori di Area Popolare, che però appartengono alla maggioranza di governo. “La mancanza ripetuta del numero legale è un messaggio politico di più ampio respiro che Ap vuole inviare e ha a che fare anche con l’Italicum“, afferma Casson all’agenzia LaPresse. “Il ddl penale è una scusa”.
Gaetti (M5s): “Maggioranza è in tilt”
L’opposizione, naturalmente, insorge. Per Luigi Gaetti, capogruppo M5S , “la maggioranza è in tilt”, perché “il Pd di Renzi non riesce a trovare un accordo con Ncd sui temi della prescrizione e intercettazioni e già per tre volte (poi è successo altre tre volte, ndr) questa mattina è mancato il numero legale in Senato. Ecco il senso della legalità e dello Stato di questa maggioranza”. Sulla stessa linea Corradino Mineo di Sinistra Italiana: “Clamoroso: seduta sospesa in Senato”, twitta. “Per 4 volte manca il numero legale. Il motivo? È guerra nella maggioranza su giustizia e prescrizione”. Mentre la Lega, per bocca del senatore Jonny Crosio, parla di una “debole maggioranza sistematicamente sotto scacco di Verdini“.
Ddl penale, prescrizione e intercettazioni i temi critici
Il ddl punta a riformare diversi articoli del codice penale e del codice di procedura penale. Il punto più delicato è quello della prescrizione. Il testo manda in soffitta la “ex Cirielli” di berlusconiana memoria, che tagliava drasticamente i tempi di estinzione del reato, soprattutto per i non recidivi, e introduce un meccanismo del tutto nuovo per l’ordinamento italiano: lo scorrere del tempo si ferma dopo una condanna di primo grado (per non più di due anni) e dopo una condanna in appello (per non più di un anno). E per corruzione e altri reati simili sono previsti tempi ancora più lunghi. Sul fronte delle intercettazioni, invece, il testo non indica norme precise ma rimanda al governo il compito di regolare la materia in modo da limitare la diffusione delle conversazioni captate durante le indagini, soprattutto riguardo alle persone occasionalmente coinvolte nel procedimento. Fra gli altri nodi, l’utilizzo di software spia nelle indagini per “entrare” negli apparecchi informatici degli indagati.
A ripetizione, nei mesi scorsi, il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha annunciato non meglio precisati “accordi in maggioranza”, specie sul fronte della prescrizione. Sullo sfondo, gli stop and go di Ala, il gruppo verdiniano non ufficialmente in maggioranza che più volte però si è fatto avanti nella partita. Nelle ultime settimane si era vista qualche schiarita. Ora ci si mette pure l’intreccio con l’Italicum. E la prova dell’aula continua a essere rimandata.
Il potere dei segreti
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Italicum, sì alla mozione del governo su modifiche: ma non si dice quali. Minoranza Pd non vota: “Presa in giro”
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Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
Roma, 7 mar. (Adnkronos) - Esperti e stakeholder del settore energetico si sono riuniti ieri mattina a Key, in occasione del convegno 'Accelerating Sustainable Electrification: Key to Economic and Social Development on the African Continent' curato da Res4Africa Foundation, per parlare del ruolo fondamentale dell'elettrificazione nella trasformazione socioeconomica dell'Africa. Con una popolazione prevista di 2,5 miliardi entro il 2050, il continente deve prepararsi per affrontare una crescente domanda di energia, che richiede soluzioni urgenti e sostenibili.
La conferenza, organizzata in due panel, ha evidenziato la necessità di uno sviluppo di energia rinnovabile su larga scala, di modernizzazione delle reti elettriche e di investimenti in soluzioni per l’accumulo di energia, in modo da garantire l'accesso universale a un'elettricità affidabile, sicura e conveniente.
Oltre alle discussioni, le delegazioni africane presenti hanno avuto l'opportunità di esplorare le soluzioni innovative presenti a Key, rafforzando ulteriormente le collaborazioni pubblico-private volte all'elettrificazione sostenibile.
“I porti e le infrastrutture costiere rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile offshore, poiché rappresentano il punto di partenza e di supporto logistico per la costruzione, l'installazione e la manutenzione degli impianti”. È quanto ha dichiarato ieri mattina Fulvio Mamone Capria, presidente di Aero, Associazione delle Energie Rinnovabili Offshore, al termine del convegno 'Portualità, logistica, trasporti e filiera industriale per l’eolico offshore in Italia'.
I porti sono destinati a diventare sempre di più hub dell’energia, capaci di garantire l'efficienza e la sostenibilità delle operazioni, ma anche di favorire l'innovazione tecnologica e il coordinamento delle attività tra i diversi attori del settore. “L'adeguamento e il potenziamento delle infrastrutture portuali sono determinanti per ridurre i costi e migliorare la competitività delle energie rinnovabili marine, rendendo i progetti più scalabili e accessibili”, ha continuato Mamone.
Il decreto ministeriale sui porti permetterà di semplificare gli investimenti e incentivare la creazione di un'infrastruttura solida e ben collegata.
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
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Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.