“Oggi sto come l’Europa: zoppico, perché ho la sciatica”. Parte da se stesso per parlare dell’Unione Europea, il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker alla plenaria del Comitato economico e sociale europeo. Un’Ue alle prese con una “policrisi” fatto di mancanza di investimenti, disoccupazione, razzismo.

Il discorso di fronte al Cese è la naturale continuazione di quello tenuto il 14 settembre alla plenaria di Strasburgo sullo Stato dell’Unione: “Per l’Europa possiamo parlare di crisi esistenziale“, aveva detto Juncker. “Non parlo del Discorso sullo Stato dell’Unione, perché l’Unione va molto male – esordisce oggi il capo dell’esecutivo di Bruxelles – un anno fa dicevo che non c’era abbastanza Unione e dopo un anno non posso che ripeterlo. Le rotture e le fessure sono numerose e sono pericolose”. Nel merito, prosegue Juncker, “c’è ancora troppa disoccupazione, anche se l’Europa ha creato 8 milioni di posti di lavoro” ed “il tasso di occupazione è vicino a quello degli Usa” quando alcuni anni fa era “più basso di 5 punti”.

Ma l’Unione è anche “alle prese con le crisi dei rifugiati, la Brexit e la mancanza di investimenti” oltre alle situazione “in Ucraina e Siria e si dimentica che la Siria è un vicino dell’Europa, perché è molto vicina a Cipro”. La Ue, è il sunto che fa il presidente della Commissione, è “davanti ad una policrisi”.

In particolare “la crisi dei rifugiati è importante perché è il motivo per cui la Ue si divide” e la Ue “non deve lasciare sole l’Italia, la Grecia o Malta” ovvero “i paesi in prima linea che la Ue deve assistere”, il monito di Juncker, che aggiunge: “Ammiro l’Italia, fa meglio della Grecia perché ogni giorno salva migliaia di vite” e “le navi di tutta Europa portano tutti in Sicilia e lasciano all’Italia il compito di nutrirli e ospitarli”.

Una volta salvata la vita a coloro che fuggono dalle guerre, deve scattare la solidarietà nella ripartizione dei rifugiati: “Alcuni Paesi lo fanno, altri dicono di no perché sono cattolici e non vogliono musulmani. Questo è inaccettabile” perché non si tratta di musulmani ma di esseri umani. In ogni caso, se quei paesi “non possono fare la ripartizione, allora devono partecipare di più al rafforzamento della protezione delle frontiere esterne che va fatta entro fine ottobre”. Nel frattempo però l’Europa deve impegnarsi a combattere le cause delle migrazioni di massa nei Paesi di provenienza: “Abbiamo lanciato un piano di investimenti per l’Africa” perché “se non investiamo in Africa, l’Africa viene in Europa”.

E’ critico, Juncker, anche sulla mancata ratifica dell’accordo di Parigi sul clima: “Siamo ridicoli. Siamo stati i promotori” dell’accordo “ma ora gli Stati Uniti, la Cina, l’India e il Giappone ratificano e l’Europa? Così perdiamo la faccia sul piano internazionale. Ne va dell’influenza e della credibilità Ue nel mondo”.

Dopo la carota, per l’Italia arriva anche il bastone. Il terreno è quello dei vincoli di bilancio: “Il patto di stabilità non è stupido, come diceva un mio predecessore”, prosegue Juncker, perché “le cifre lo dimostrano: nel 2009 il deficit medio era del 6,3%, ora la media è dell’1,9%. E’ la prova che il consolidamento progredisce”. Quindi una sferzata a quei governi, come quello italiano, che spingono in direzione della flessibilità: “Nel Patto di stabilità, che non deve essere un patto di flessibilità, abbiamo già introdotto molti elementi di flessibilità combattendo contro chi sapete” e senza i quali elementi “l’Italia quest’anno avrebbe dovuto spendere 19 miliardi di meno”, dice il presidente della Commissione Ue, ricordando anche che “abbiamo introdotto la clausola degli investimenti e l’Italia è l’unica che ne beneficia”.

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