“L’Italia non avrebbe mai accettato di essere compartecipe di un disegno al ribasso, di vivacchiare, l’Italia non potrà mai accettare che la Ue sia solo un luogo di burocrazia“. All’indomani della notizia dell’esclusione di Roma dal vertice franco-tedesco della prossima settimana e nelle more degli esiti della trattativa con Bruxelles per avere nuova flessibilità sui conti, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha colto la prima occasione pubblica per attaccare l’Europa. Dal palco di un comizio di Prato per il Sì al referendum costituzionale, l’ex sindaco di Firenze ha detto che “le regole le devono rispettare tutti anche chi come la Germania ha un surplus, che se investito avrebbe dato una mano. E’ finita l’epoca degli egoismi, tutti. Se pensano di intimorire me, hanno sbagliato persona e se pensano di intimorire l’Italia non sanno cosa sia l’Italia“. “Dobbiamo dimostrare ai fratelli di sventura che l’Italia non è il passato ma il futuro. Senza l’Italia, l’Europa perde slancio, spessore e l’anima”, ha poi aggiunto una volta passato alla cerimonia di inaugurazione della nuova sede della Scuola Marescialli e Brigadieri dei Carabinieri a Firenze.
Lo strappo di Bratislava, cui nel corso della settimana si sono aggiunti la dichiarazione bruciante di Juncker sulla flessibilità di 19 miliardi già accordata all’Italia che in queste ore punta ad averne altri 10 (sarebbe a un passo dal goal, secondo La Stampa) e la convocazione del vertice di Berlino che esclude l’Italia, insomma, stanno pesando parecchio. Del resto, riferisce il Corriere della Sera, a proposito del caso berlinese il capo del governo avrebbe detto ai suo che “è ovvio che facciano un vertice senza di me. Si è registrata una rottura e fare finta di niente non ha nessun senso”. E ancora: “Dopo Brexit c’è stata una rottura profonda e non so quando e come sarà sanabile”. Repubblica, aggiunge che secondo il premier “fanno finta che sia un meeting sull’agenda tecnologica, ma il vero obiettivo è blindare un percorso che porta dritto al vertice di Roma 2017” sui 60 anni della firma dei Trattati. “Vogliono arrivare a quella data con una specie di nulla di fatto. Come a Bratislava dove è finita come tutti sappiamo, con un documento vuoto e del tutto inutile”, avrebbe detto ancora ironizzando poi sulle scelte politiche del cancelliere tedesco a ridosso delle elezioni, ma trascurando l’approssimarsi del voto referendario italiano.
E, ancora prima, l’aggiornamento del Documento di economia e finanza, attesa lunedì in Consiglio dei ministri, con il nuovo quadro macroeconomico su cui impostare la legge di Bilancio di ottobre. Con una crescita inferiore alle attese, probabilmente allo 0,8%-0,9% del Pil nel 2016 contro l’1,2% previsto ad aprile, il margine di manovra del governo si è ristretto. Il deficit 2016 dovrebbe chiudersi nella migliore delle ipotesi al 2,4% del Pil e il governo punta a mantenerlo su questo livello anche nel 2017 (contro l’1,8% promesso), quindi sospendendo il percorso di rientro concordato con Bruxelles. Ad occhio e croce Roma chiederebbe dunque uno sconto di 9-10 miliardi sull’obiettivo del disavanzo e non è scontato che lo ottenga tutto o solo una parte. Tra le risorse “proprie”, l’esecutivo potrebbe contare su 3 miliardi di risparmi in arrivo dalla revisione della spesa (tagli enti locali, sanità e i minor costi legati alla maxi-riduzione delle centrali di acquisto); quasi 4 miliardi arriverebbero dalla voluntary bis, più le entrate per il calo del pagamento degli interessi sul debito. Risorse queste che in parte verranno destinate a disattivare la tagliola delle clausole di salvaguardia: 15 miliardi di rialzi fiscali, Iva e accise, che scatterebbero automaticamente dal primo gennaio se non si rispettano gli obiettivi di bilancio.